Lux Santa: recensione del documentario di Matteo Russo
Tra realismo crudo e magico, Matteo Russo osserva il folklore, l’abbandono giovanile e la necessità della speranza, che al pari delle fiamme di Santa Lucia, non dovrebbe spegnersi mai, animandosi ancora e per sempre. Al cinema da mercoledì 22 gennaio
Presentato in anteprima mondiale alla 76esima edizione del Festival di Cannes e poco più tardi alla 41esima edizione del Torino Film Festival, diretta da Giulio Base, nella sezione Concorso Documentari Italiani, Lux Santa, esordio al lungometraggio di Matteo Russo è in uscita nelle sale cinematografiche italiane a partire da giovedì 23 gennaio, distribuzione a cura di Cattive Produzioni.
Lux Santa o sul fuoco che arde nella volontà dei giovani di Fondo Gesù
C’è un passaggio particolarmente significativo di questo esordio documentaristico di Matteo Russo. Ha a che fare con una famiglia seduta attorno al tavolo. C’è chi deve tornare a scuola, chi intimamente riflette sulle persone che quella tavola ancora non l’hanno raggiunta e chi invece non può pensare ad altro che alla pira per la festa di Santa Lucia. Antica tradizione che annualmente anima la comunità crotonese, dando vita a vere e proprie sfide – tanto ambiziose, quanto specchio di una feroce fame d’apparire – tra i diversi Rioni del capoluogo calabrese, che nei giorni precedenti al 13 dicembre, fanno tutto il possibile per costruire la piramide di legno, successivamente data alle fiamme, più grande e maestosa delle altre.
Nel caso di Lux Santa, Matteo Russo si concentra su Fondo Gesù, che è luogo dell’anima per i giovani che il film mostra e racconta e così di perdizione e abbandono. Le terre di Fondo Gesù sono infatti di tutti e nessuno. Un Far West moderno in cui a regnare non è la violenza – che Russo confina all’off screen, suscitandone inevitabili suggestioni, seppur rare -, ma la solidarietà, il desiderio di gridare al mondo o ancor meno, alla Calabria o all’Italia, il proprio nome, la propria vittoria. La costruzione collettiva della Pira per la festa di Santa Lucia, non è infatti questione da poco. I giovani si perdono e al tempo stesso ritrovano tra loro – e con loro -, nel corso di estenuanti, eppure instancabili e riflessive peregrinazioni sul territorio alla ricerca della legna. O altrimenti dinanzi alla Pira, che man mano cresce, destinata ad una vita molto più breve dei giovani che con le loro uniche forze l’hanno resa tale.
Sulla forza spirituale della collettività, che rappresenta una fede a tutti gli effetti, seppur retta da istinti unicamente pratici, amicali e di speranza. Matteo Russo ha molto da dire e così i suoi ragazzi, che nonostante gli abbandoni e la dolorosa consapevolezza d’essere cresciuti in un luogo problematico e conflittuale, non perdono mai di vista la bontà d’animo e il valore del gruppo e del sostegno. Estremamente commovente e di grande esempio, la capacità di confessarsi reciprocamente i propri desideri e volontà, rispetto a quelle famiglie spezzate, proprio da quel retaggio culturale, che Russo richiama inevitabilmente, per poi farlo a pezzi, scomponendolo sempre più. Soprattutto con la messa in luce della bontà e di ciò che il degrado urbano e sociale, talvolta può generare, oltre la violenza, il male e la caduta.
Lux Santa: valutazione e conclusione
Tra il Jonas Carpignano di A Ciambra e il Roberto Minervini di Louisiana (The Other Side), Lux Santa di Matteo Russo passando per i linguaggi e le estetiche di un certo realismo talvolta magico – il folklore ci ricorda lo splendido Sacro Moderno di Lorenzo Pallotta – e talvolta crudo, riscopre nella fotografia lucida, spietata e sincera di un’umanità, ancor più nello specifico, gioventù abbandonata a sé stessa, la forza irriducibile e sensazionale della comunità, dell’unione e dell’ascolto.
I giovani protagonisti di Lux Santa, pur abbandonati dalla società e in qualche caso perfino dalla famiglia, non possono far altro che continuare a sopravvivere, facendosi via via più forti, nella speranza che le cose cambino e che i destini possano virare verso qualcosa di maggiormente fortunato, concreto e perché no, perfino ambizioso. Che grande esempio la costruzione della Pira, opera dai tempi lunghi, ma dalla vita breve, che solo una grande forza di volontà può portare a compimento. Nonostante il senso di solitudine, nonostante la fame di riscatto.
Splendida la colonna sonora di Ginevra Nervi, tanto che vorremmo sentirla più spesso ed è ora che il nostro cinema prossimo e così i suoi autori, se ne accorgano. Andate in sala a vedere Lux Santa, Matteo Russo è un esordiente da non perdere di vista e i suoi giovani di Rione Fondo Gesù sono tutt’altro che dimenticabili, tra fumi, fiamme, speranze perdute e silenzi, entrano nel cuore di ognuno di noi, nonostante il dolore e la consapevolezza che niente cambierà mai facilmente ed una rivoluzione è ormai necessaria. Ecco perché il desiderio d’apparire, ecco perché la sete di riscatto.
Lux Santa, prodotto da Naffintusi, in collaborazione con Rai Cinema, è in sala a partire da mercoledì 22 gennaio. Distribuzione a cura di Cattive Produzioni.