Michele Di Mauro e i Delitti del Barlume: “faccio un lavoro bellissimo”
Sono disponibili su Sky i nuovi tre episodi della dodicesima stagione de I Delitti Del Barlume. Nella serie, a farla da padrone – come ormai da diversi anni a questa parte – sono le sottotrame o meglio le trame orizzontali, quelle che legano un episodio all’altro e una stagione all’altra: ovviamente, portate avanti dai comprimari.
Il Barlume è forse quasi un unicum nella serialità italiana, in quanto il protagonista (Filippo Timi, nella storia Massimo Viviani) è stato lentamente messo da parte per fare spazio ad un cast corale fino all’estremo, dove a rubare la scena sono i personaggi “collaterali” solo sulla carta.
Non è un mistero infatti che tra quelli più amati dal pubblico ci sia il vicequestore (ex ministro) Gianluigi Maria Tassone, interpretato dal camaleontico e bravissimo Michele Di Mauro.
Raffinato attore di teatro, Michele è arrivato sul piccolo schermo “tardi” ma si è mangiato tutto, e subito: dopo aver fatto impazzire tutti con Tassone, il siciliano prestato alla Toscana, personaggio che amiamo odiare per i suoi irresistibili difetti, ha stravolto le sue caratteristiche e si è calato nei panni di Vittorio Baronciani nell’altrettanto bellissima Call My Agent – Italia. Prove d’attore magistrali.
Dal 13 gennaio è tornata la dodicesima stagione, sorprendente e appassionante come sempre, de I Delitti del Barlume: e il tuo personaggio è come al solito uno dei personaggi più esplosivi e anarchici della storia. Che poi è arrivato verso la quinta stagione, e doveva restare poco come quello di Corrado Guzzanti (il sindaco di Pineta Paolo Pasquali). Eppure è stato un dirompente, è uno dei più caratteristici, dei più simpatici. Ci parli un po’ di come lo hai costruito, di cosa hai messo di tuo?
“Dunque… intanto è nato da un provino che io feci, quell’anno lì, a Roma. E feci un personaggio normale, senza accenti regionali eccetera, ma pare che interessassi io agli autori, non Tassone (ride). Dopodiché, quando abbiamo iniziato a lavorarci con Roan (Jhonson, regista e showrunner della serie, ndr), abbiamo studiato questo vice-questore di Pisa.
Volevamo dare un’impronta personale, ma ovviamente la toscanità nel Barlume è ampiamente rappresentata! E allora Roan mi ha chiesto “tu cosa puoi fare?”, e io va bene, più o meno come tutti gli attori che fanno un po’ il teatro, con i dialetti, me la cavo, anche. E anche molto bene, dicono… per questo, quando abbiamo poi provato a farlo in siciliano, ho comunque un “para-siciliano”, erano tutti molto soddisfatti, compresi i siciliani!“
“Per cui ci hanno dato il via libera proprio loro,” – continua l’attore – “che quando sentivano mi chiedevano se ero davvero siciliano… devo dire però che io ho lavorato con il Teatro Biondo a Palermo, ho fatto una produzione loro, e quindi in qualche modo c’era in me qualche cosa di quella terra.
Poi, con Tassone partendo dalla Sicilia, e partendo dal fatto che nella prima puntata c’erano delle occasioni narrative che riguardavano il cibo, (perché lui mi pare che si presentava alla Fusco portando un piccolo omaggio ed erano, non so, delle cassatine…) capimmo che in qualche modo quello poteva continuare ad essere un discorso caratteristico.
Devo dire che, considerando che il personaggio non esiste e non esisteva nei libri, quando l’anno dopo mi chiamarono perché era stato confermato fui il primo a essere sorpreso. Credo sia piaciuta da subito la sua cialtroneria, forse anche un tipo di umorismo leggermente diverso da quello che vediamo in giro: infatti l’anno dopo ancora arrivò anche Corrado, la rivoluzione anarchica era fatta.”
È abbastanza incredibile l’affetto – e la memoria della gente che anno dopo anno ricorda quello che è successo nelle vecchie puntate! Ma è il sintomo che il pubblico ama i vostri personaggi: e allora ci si riflette, e si fa mente locale che quasi tutti voi del Barlume siete grandi attori di teatro.
A partire ovviamente da te e Guzzanti, ma anche Timi, Mascino, Fresi, Benvenuti… Siete riusciti a personalizzare così tanto i vostri personaggi al punto da avere questo successo forse anche inaspettato. Allora mi chiedevo, hai una gloriosa carriera teatrale, fai tv di successo, di radio, hai fatto cinema: come prendi questa identificazione estrema del pubblico con Tassone? Senti il peso di un personaggio così amato?
“No, no! Assolutamente nessun peso, no: mi rendo conto che la gente si affeziona, come dici, ai personaggi, a prescindere poi dagli attori. Si affeziona proprio ai personaggi, a quello che esprimono, a quello che rappresentano.”
“Certo, un personaggio come Tassone che fa cose abominevoli qualche modo, il suo non avere confini nel bene e nel male: ma in qualche modo oltre a divertire rappresenta anche un modello di un possibile modello di esistenza anarchica.
Certo nessuno potrebbe immaginare che veramente esiste uno come Tassone, ma invece in qualche modo rappresenta anche in una certa parte dell’esistenza e degli esseri umani. Poi all’interno del mondo della politica di ministri come lui abbiamo esempi purtroppo attuali, quasi come se volesse strizzare gli occhi a qualcosa di esistente.
È molto intrigante allora questa affezione del pubblico, è molto divertente vedere ad esempio che i ragazzini – che normalmente sono più distaccati da questa tipo di visione – si presentano là dove giriamo normalmente, ogni estate a Marciana Marina o là intorno… e si presentano con i loro genitori. È una cosa che mi ha colpito molto.
Perché poi è strano notare che se Tassone ha delle similitudini con la vita, se però esistesse nella realtà sarebbe un personaggio incredibilmente odioso, e invece è uno dei personaggi più simpatici. Sulla carta l’abbiamo costruito pian piano, abbiamo capito di volta in volta su cosa poter mettere il piede sull’acceleratore.”
Parliamo anche di Call My Agent – Italia: era una sfida, in qualche modo, perché c’era il paragone inevitabile con l’originale francese (Dix Pour Cent, ndr), serie molto caratterizzante. Invece sei riuscito a dare un’impronta molto personale anche a Vittorio Baroncino, totalmente differente dal Tassone del Barlume. A partire proprio da una fisicità totalmente cambiata.
“Beh sì, per fortuna, noi attori abbiamo queste possibilità: di avere modo di confrontarci con personaggi totalmente diversi il problema è di volta in volta a mettersi in gioco da zero. Cominciamo a lavorare su quelli che sono dei personaggi estranei e dobbiamo capire poco alla volta cosa serva.
Però è veramente la bellezza del nostro lavoro, sono contento di avere avuto la possibilità di fare Vittorio in Call My Agent. Anche lì, dopo diversi provini, abbiamo dovuto capire come doveva essere “preso”, ma credo che l’abbiamo centrato, visto che a marzo iniziamo a girare la terza stagione.
Probabilmente, questa capacità di passare incredibilmente ad un ruolo all’altro viene anche dall’esperienza del teatro, perché sul palco scenico si lavora molto sulla fisicità del personaggio dei ruoli.”
Adesso se non sbaglio sei in turneè con Natalino Balasso.
“Sì, sono in turneè con La Grande Magia, di Eduardo De Filippo. Abbiamo deciso di prendere non la solita commedia ma una favola nera del grande Eduardo, stiamo in giro da mesi, arrivati alla sessantaseiesima replica, ma abbiamo ancora due mesi davanti. Il teatro in pratica non ho mai smesso di farlo, anche quando è successo che sono arrivate le cose della tv, che sono un pò più recenti, diciamo. Il teatro è un tipo di lavoro che dà una dipendenza maggiore rispetto a lavorare sul set televisivo cinematografico.”
“Al cinema o in tv è come se tu fai un lavoro e poi lo abbandoni completamente nelle mani di qualcun altro, lo metti a disposizione di tutti e scompari, magari vedi il risultato dopo mesi e mesi.
A teatro invece questo non esiste, il teatro vuol dire esserci continuamente, sei sempre tu al centro del tuo progetto”.