Strange Darling: recensione del film di JT Mollner

La bravissima Willa Fitzgerald è la protagonista di Strange Darling, il thriller-horror rivelazione negli Stati Uniti scritto e diretto da JT Mollner. Da noi arriva il 13 febbraio 2025.

Non è facile parlare di Strange Darling. È facile parlare di Strange Darling. Il fluido, perversamente divertente, formalmente curato e ottimamente recitato thriller-horror scritto e diretto da JT Mollner – nelle sale italiane dal 13 febbraio 2025 per Vertice 360 – si mantiene in provvidenziale equilibrio tra riconoscibilità e innovazione, tra pulsazioni di genere e riflessione. Arriva da noi che negli Stati Uniti è uscito già da un po’ e, a scommettere il proverbiale nichelino su quello che riserverà il destino, la parola giusta sembra essere cult. Non ha fatto il colpo grosso al botteghino, in patria, ma l’approvazione critica è stata pressoché unanime e ci si è messa pure l’incoronazione di sua maestà Stephen King – lo ha definito un film geniale – e dovrebbe bastare, a stuzzicare la curiosità di chi legge. In effetti, c’è molto di sorprendente e di riuscito, nella storia e nel modo in cui è raccontata. Ora il cast: Willa Fitzgerald, Kyle Gallner, Barbara Hershey e Ed Begley Jr.

Strange Darling: come il gatto e il topo, un killer e la sua vittima si rincorrono furiosamente

Strange Darling; cinematographe.it

La data scelta dalla distribuzione italiana per l’uscita – il 13 febbraio, a un giorno di distanza da San Valentino – è maliziosamente azzeccata. Strange Darling parla d’amore, di sesso, di uomini e donne che si rincorrono, e lo fa in un modo molto spiazzante. L’amore, se di amore si può parlare, è tossico e filtrato da una patina di nerissima ironia. Il sesso è perverso, e decisamente non per tutti. La dialettica uomo-donna è risolta in una maniera incredibilmente tesa e sanguinolenta, sopra le righe e dolorosamente realistica. JT Mollner sa cosa il pubblico si aspetta da una storia del genere: sesso, sangue e shock. Sotto questa luce, Strange Darling ha in sé qualcosa di diabolicamente obliquo, perché poggia su un’impalcatura di genere perfettamente riconoscibile e allo stesso tempo la destruttura, per saggiarne le potenzialità inespresse e rinfrescare le pareti. La struttura è ambiziosa: sei capitoli e un epilogo, presentati trasgredendo la normale progressione cronologica degli eventi, una scelta che può sembrare pretenziosa ma ha la sua ragion d’essere considerando quanto importante sia, all’interno dell’architettura tematica e narrativa del film, il concetto di plot twist.

Strange Darling comincia con l’orgoglioso annuncio che la storia è filmata in 35 mm – esordio alla direzione della fotografia dell’attore Giovanni Ribisi – perché quello che serve è il calore, la carnalità, la visceralità della pellicola. C’è una didascalia che ci informa che il film è il resoconto, piuttosto rigoroso e aderente al vero (l’escamotage della finta storia vera sulla falsariga di Fargo – 1996), degli ultimi giorni di un pericoloso serial killer, il più temibile del XXI secolo americano. Primo piano in bianco e nero di un uomo che fuma una sigaretta, il Demone (Kyle Gallner); così ce lo presenta il film, e dobbiamo fidarci. Una voce di donna fuori campo, la voce della Signora (Willa Fitzgerald), interroga il Demone e gli chiede se sia un serial killer. Lui non risponde, ma lo sguardo è eloquente. Ralenti della Signora, volto sfigurato dalla tensione e corpo appesantito dalla stanchezza e dalla paura, che cerca di sottrarsi alla furia omicida del Demone. La canzone in sottofondo è “Love Hurts” dei Nazareth. Il Demone e la Signora si sono incontrati casualmente per passare una notte insieme. Su suggerimento di lei, la notte avrebbe dovuto essere sessualmente “creativa”. Le cose non vanno come dovrebbero. Ora, la ragione per cui questa, come praticamente ogni altra recensione, è così scrupolosa nel descrivere l’incipit del film, è doppia.

Da un lato, è importante celebrare l’asciuttezza e la brillantezza espositiva di JT Mollner. Con poche ma calibrate scelte di messa in scena, e un montaggio serratissimo, definisce brutalmente le coordinate del film: lui contro lei, killer e vittima, il gatto e il topo che si rincorrono al punto d’intersezione tra amore, sesso, violenza e morte. Ma c’è anche un’altra ragione per cui è meglio concentrarsi sull’inizio e scordare il resto: perché il resto è troppo esplosivo per essere raccontato. A un livello di superficie, Strange Darling non fa niente di diverso dalla maggior parte dei thriller-horror degli ultimi cinquant’anni di cinema americano (e non solo): è la storia di una preda e del carnefice. La forza del film è di non fermarsi all’abc del genere, ma di usarne la riconoscibilità per saggiare la complessità del rapporto tra i due protagonisti. Sarebbe a dire, i sotterranei giochi di potere e la suprema ambivalenza che caratterizzano la relazione tra un serial killer e la sua vittima.

Un film classico e moderno nello stesso tempo

Strange Darling; cinematographe.it

Il plot twist, il colpo di scena, non è l’arma spuntata nelle mani di un autore in difetto di idee che cerca di forzare la superfice del film, irrobustendola, per nascondere la mancanza di spessore a un livello più sotterraneo. Anche se alcune soluzioni formali e narrative di Strange Darling possono suggerire l’impressione di un film troppo innamorato delle sue ambizioni, JT Mollner sa cosa vuole e come ottenerlo. Strange Darling è una risposta – non quella definitiva, certo, ma solida e intrigante – agli interrogativi angosciati sul futuro dello storytelling cinematografico, non solo horror. La domanda è vecchia come il mondo: è già stato detto, raccontato, sviscerato tutto? Non c’è più spazio per la novità? Il film affronta la questione rispondendo in maniera pragmatica.

Esteriormente, replica in maniera disciplinata convenzioni e suggestioni di un cinema di genere amatissimo dal pubblico, il format killer-insegue-vittima: sound editing aggressivo, sangue, umorismo nero, colpi di scena. La forza del film è il modo con cui, più in profondità, l’intelligente script usa le nostre aspettative sul genere e sui personaggi per presentarci qualcosa di nuovo, senza mai tradire lo spirito del cinema di riferimento. Strange Darling è un film in bilico, consapevolmente, tra status quo e originalità. Fotografa la violenza connaturata a ogni espressione dell’emotività umana e la confittualità latente in ogni rapporto uomo donna. Prende di petto i pregiudizi che condizionano lo sguardo maschile e quello femminile in un modo non così in sintonia con l’odierna sensibilità in materia, a confermarci, quasi senza volerlo, l’integrità dell’operazione. Parla d’amore, esplorandone la tossicità. Racconta il sesso, nei suoi aspetti più disturbanti e perversi.

Oppone specularmente due coppie e due tipi di rapporto. Quello tossico e disfunzionale, la vittima e il carnefice, tra Willa Fitzgerald e Kyle Gallner – entrambi bravissimi a restituire la tridimensionalità dei personaggi affiancando, al carisma fisico, un’emotività incredibilmente complessa – e l’amore innocente, dolce e per questo totalmente vulnerabile di Barbara Hershey e Ed Begley Jr.. L’ambivalenza di Strange Darling, resa esteriormente – un colpo di scena dopo l’altro – dalla sistematica demolizione delle aspettative del pubblico, a un livello più intimo è spiegata dalla dualità della storia. Il film replica le convenzioni dell’horror mentre le riscrive, e il risultato è una fantasia di sangue e morte che è molto più di quel che appare. Un po’ come la notevole fotografia di Giovanni Ribisi, calda e raggelante, elegante, sobria ma anche audace e nervosa, Strange Darling cerca la sua forza nella contraddizione. Una vecchia storia, raccontata in maniera molto moderna.

Strange Darling: valutazione e conclusione

Strange Darling; cinematographe.it

Sesso, amore e morte. Violenza. Maschi contro femmine, politica dello sguardo. E ancora: digitale vs. pellicola, colpi di scena, narrazione fluida, thriller-horror. Di parole chiave, di etichette, per circoscrivere il bel lavoro di JT Mollner e la complessità di Strange Darling, ce ne sono molte. Per capire fino in fondo il film bisognerà spingersi a fare un altro nome e un altro cognome: Willa Fitzgerald. La brava attrice americana fino a qui era conosciuta soprattutto per il suo lavoro seriale (Reacher, La caduta della casa degli Usher), ma non è irragionevole che il suo lavoro nel disegnare la complessa emotività del personaggio della Signora, e il complicatissimo rapporto con il Demone (l’ottimo Kyle Gallner), siano un trampolino di lancio per un futuro di rilievo anche al cinema. Strange Darling è un tutt’uno con la sua protagonista: una storia vecchia come il mondo, espansa e rielaborata senza smarrire la via, in bilico tra classicità e approccio iconoclasta. Da vedere.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 4

4