Invincible – stagione 3: recensione della serie TV
Torna l'eroe creato da Robert Kirkman con l'imprevedibile serie animata, dal 6 febbraio 2025 su Prime Video
Invincible è una serie d’animazione ispirata al fumetto omonimo, creato da Robert Kirkman e Cory Walker (mentre Ryan Ottley è stato il disegnatore titolare dal n.8 in poi, dopo Walker), e pubblicato dalla Image Comics su 144 albi mensili. La serie è invece distribuita da Prime Video: le tre stagioni prodotte finora contano 8 episodi ciascuna, più uno speciale del 2023, ed è stata rinnovata per una quarta.
Invincible: ricapitoliamo cosa è successo prima della stagione 3

Mike Grayson è un adolescente come tanti altri, tranne per il fatto che suo padre Nolan è il più famoso e potente supereroe della Terra, Omni-Man, capo dei Guardiani del Globo e della razza dei Vitrumiti. A diciassette anni, Mike inizia a sviluppare i poteri che ha ricevuto dal padre, che lui è convinto viaggi per la galassia in missioni di pace. Mark scoprirà però che in realtà Omni-Man è inviato dalla sua razza per conquistarla: il ragazzo è allora costretto ad affrontare il cattivissimo Nolan in uno scontro sanguinoso.
Alla fine, l’uomo fugge e Mark rimane solo a dover riflettere su sé stesso, continuando a difendere la Terra e insieme a fare scoperte sconvolgenti sul suo passato e, forse, sul suo ineluttabile destino. Ha scoperto infatti che il padre ha avuto un figlio da un’aliena, Oliver; e che proprio Nolan ora è stato catturato dai suoi vecchi compatrioti dopo una durissima battaglia, lasciando al figlio adolescente il compito di prendersi cura del secondogenito, la cui crescita oltretutto si scopre essere di gran lunga più veloce di quella degli esseri umani.
Tutto questo mentre Mark non sa se restare all’ombra di Cecil, cinico e sempre più misterioso, e mentre il super-villain multidimensionale conosciuto nella seconda stagione, Angstrom Levy, si prepara a sferrare il suo attacco.
Invincible: dalla carta allo schermo passando per l’età adulta

Invincible fa parte di quelle serie a fumetti pensati per un pubblico di ogni età ma con diverse tracce rivolte agli adulti, come ad esempio The Boys (altro prodotto di qualità targato Prime Video).
La serie animata è sostanzialmente fedele alla traccia narrativa del fumetto – circostanza inevitabile visto che Kirkman è anche autore del soggetto e della sceneggiatura -, con cambi che riguardano superficialmente lo svolgimento degli eventi: come ad esempio il cruento combattimento tra Omni-Man e i Guardiani, che sul fumetto arriva solo sul n.7 mentre nella serie animata è la scioccante scena post-credit del pilota della prima stagione.
Anche l’introduzione del personaggio di Cecil Stedman (che sostanzialmente è il Nick Fury dell’universo di Invincible) è stata anticipata nella serie, ma per favorire un ritmo che negli episodi non viene mai meno; così come migliorativi sono i cambiamenti apportati su alcuni personaggi, sempre per dare più spessore allo svolgimento narrativo.
Invincible 3 e la struttura dell’eroe moderno
La creazione di Kirkman versione serie animata è una delle trasposizioni più importanti e fedeli di un fumetto americano: perché non ha i limiti visivi di messa in scena di live-action, perché la narrazione seriale è strutturalmente più vicina alle ongoing statunitensi (in questo caso, Invincible non è proprio una ongoing ma una sorta di maxi-maxi-serie di 144 numeri, dal 2003 al 2018, tutti scritti e disegnati dai suoi due autori), ma soprattutto perché è una delle più intelligenti decostruzioni del supereroe moderno.
Invincible viene da quel genere una volta nuovo ma che ormai sembra essere diventato parte dell’intrattenimento di base di qualunque suggestione di largo consumo, dal cinema alla tv ai videogiochi, ovvero l’epica superomistica. Kirkman però contamina Nietzsche con Stan Lee, affiancando a quell’epos moderno che sono i supereroi una acuta narrazione soap-operistica che guarda da vicino agli adolescenti e i loro problemi quotidiani.

Nonostante a prima vista Invincible sia distante da Watchmen e nipoti vari, capisaldi della destrutturazione dell’eroe moderno sotto le spinte della psicanalisi, è invece molto più vicino a quell’area di studio di quanto si possa pensare, addirittura portando il discorso ancora più avanti: non tanto per un ribaltamento concettuale o morale, quanto perché sa unire indissolubilmente umano e superumano grazie al collante dei vizi e delle virtù.
In questo senso, ecco che l’approccio al Multiverso (ormai diventato di pubblico dominio dopo l’exploit della Marvel Comics al cinema con il suo MCU, a dimostrazione di quanto le intuizioni di Stan Lee siano ancora oggi incredibilmente moderne e contemporanee) diventa non solo funzionale ma anche perfettamente in linea con l’espansione teorica dell’universo culturale della serie.
La terza stagione di Invincible è puro caos controllato, nelle quali le tantissime storyline accumulate in due anni trovano la loro giusta collocazione in quest’universo narrativo.
Invincible – stagione 3: valutazione e conclusione

Rispetto al più violento The Boys, Invincible ha probabilmente l’indubbio merito di sapere unire con raro equilibrio le diverse componenti semantiche di un preciso genere letterario: perché c’è meno decostruzione dei codici, meno politica, mentre tutto è incentrato sui rapporti interpersonali secondo diverse declinazioni -affettive, parentali, professionali, morali- e sulla domanda di marvelliana memoria “che cos’è davvero un eroe?”.
Gli episodi della terza stagione mantengono un livello altissimo sia per quanto riguarda la veste grafica, sia per la scrittura di grande impatto e intelligenza, girando intorno alla disgregazione definitiva della distinzione manichea tra Bene e Male, Giusto e Sbagliato, concetti sgretolati in mille dubbi.