Becoming Led Zeppellin: recensione del documentario

1968, Peter Grant, contratto con Atlantic Records; il primo tour negli Stati Uniti ( forse da considerarsi il secondo rispetto al tour in Scandinavia con il nome di The New Yardbirds) seguito dalla registrazione del primo disco ‘ Led Zeppelin’; la svolta Hard rock; ‘Whole Lotta Love’;  l’attenzione di James Brown; il concerto del ’71 a Milano; la rivalità con The Rolling Stones; la droga; ‘Fantasy’; i problemi con il fisco; la morte del figlio di Plant; la svolta Dance e poi Punk rock; la collaborazione con Paul McCartney; la morte di Bonham e il post vita. In Becoming Led Zeppelin non esiste nulla di tutto questo! Bernard MacMahon è soprattutto un regista di musical; il suo esordio è legato ad una serie, più volte acclamata, American Epic che ripercorre le prime registrazioni di musica roots negli Stati Uniti negli anni ’20. Il suo cinema si distingue per una cifra narrativa abile e diretta.

Led Zeppellin, documentario in prima persona

I Led Zeppelin pionieri dell’Hard rock, tra i 100 migliori artisti di tutti i tempi per Rolling Stone, hanno rappresentato la coscienza sonora e innovativa del secolo scorso, schiacciando le convenzionalità, alternando il rigore per la dissolutezza di una vita privata effettivamente eccessiva e trasgressiva molto più di quanto possa esser utile per un contenitore cinematografico.

L’assolo, il concept e il live; la capacità di reinventarsi, di sperimentare tecnicismi acustici, testi “maledetti” (è nota la passione di Page per l’esoterismo), tali da diventare obiettivi di dubbie e misteriose interpretazioni. Robert Plant, frontman tra i più grandi, non taglia i suoi ricci ma li scioglie nella libertà di parola; una parola veloce, per nulla inibita, che assapora, il ricordo, la nostalgia di quegli anni ’70 e i precedenti. Troppo.

Il documentario usa la prima persona e la formula da intervista in TV in un elogio al protagonismo amplificato di ogni singolo membro. Bernard MacMahon crea piena corrispondenza tra l’aspetto estetico e il contenuto linguistico. Il documentario non esplicita la storia scritta, biografica del gruppo, già analizzata da una critica non sempre fedele; il regista vuole piuttosto “normalizzare” – è questa la grande intuizione – il percorso, inconsapevole inizialmente, di chi ha dato al rock una configurazione esclusiva, popolarità e qualità, una nuova anima.

*Becoming Led Zeppelin

I Led Zeppelin sono stati “lo studente fuorisede”, i “lavori casuali” e i divieti da parte dei genitori; sono stati il cambiamento, sono stati avanguardia, compresi e incompresi! Page, Plant, Jones e Bonham hanno avuto poi un’altra vita, altre direzioni, caotiche rivalità, compromessi e fallimenti, ritorni e abbandoni. E Becoming Led Zeppelin è l’attesa, è quel momento impaziente prima di gustare il piatto che è stato scelto per comprendere se la scelta è stata quella giusta! Per poi accorgersi che tutto è dentro una forma “confezionata”, esaminata e vagliata in ogni passaggio, controllata eccessivamente senza aperture verso ridefinizioni critiche o a nuove letture interpretative; vi è la musica, quella che da sempre conosciamo, gli inediti tecnicismi, le scelte d’avanguardia. Una storia “fatta”, quasi a ripetere che non c’è più nulla da capire o scoprire.  

Becoming Led Zeppellin: valutazione e conclusione

I Led Zeppelin hanno poco a che vedere con la formula cinematografica indiretta, loro non sono gli esteti del videoclip, sono i precursori storici, acclamati, riconosciuti di cifre acustiche che hanno predefinito il genere. Una volta che Bernard MacMahon termina la sua ricerca da archivista, tutto si riconduce a una fama troppo nota; in un flusso narrativo in cui è evidente la presenza degli stessi protagonisti. Tutto come in un cinema da TV nel quale la realtà risulta “ben vestita” e la sceneggiatura compromessa da ciò che già si sa perché non possibile non sapere chi loro siano.  
Becoming Led Zeppelin, presentato a Venezia78 e distribuito da Nexo Studios, è al cinema dal 27 febbraio al 5 marzo 2025.