Ritorno in pista: recensione del film Netflix
La recensione della dramedy norvegese diretta da Hallvar Witzøe ambientata nel mondo dello sci di fondo. Dal 27 febbraio 2027 su Netflix.
Tra gli sport invernali, lo sci di fondo non è fra quelli che godono di maggiore attenzione da parte dell’audiovisivo. Altre discipline paticate sulla neve in tal senso sono state protagoniste o hanno fatto da cornice a film o serie televisive. Eppure qualche opera qua e là la si può rintracciare, compresa l’ultima arrivata in casa Netflix, ossia Ritorno in pista, rilasciato dalla piattaforma a stelle e strisce il 27 febbraio 2025. La stessa che nel novembre del 2022 aveva distribuito un’altra pellicola ambientata nello stesso mondo, anch’essa dramedy e di provenienza scandinava, dal titolo Due fuori pista.
Ritorno in pista mescola dramedy e sport-movie per affrontare tematiche universali come la resilienza, la riconciliazione familiare, la maternità, la scoperta di sé e la voglia di riscatto
Quella diretta da Hallvar Witzøe, già noto per i successi Pørni e Alle hater Johan, racconta la storia di Emilie, una madre single disorganizzata che, toccato il fondo, chiede aiuto al fratello per rimettere in sesto la propria vita. Questa prende una piega inaspettata quando lui propone di partecipare a una maratona di sci di fondo di 54 km che si snoda tra Rena e Lillehammer, la leggendaria Birkebeinerrennet. Un piano bizzarro ma che potrebbe cambiare tutto. Tuttavia, mentre i due affrontano le dure salite e le discese insidiose del percorso, emergono anche tensioni irrisolte e dinamiche familiari complesse, rendendo il viaggio sugli sci una metafora perfetta per la ricerca di una nuova direzione esistenziale. Il titolo del film del regista norvegese in tal senso è già di per sé un biglietto da visita che chiama in causa i piani sui quali si muove il racconto, con “il ritorno in pista” che sta a indicare il rimettersi in gioco sia nella vita che nello sport dei personaggi principali. Piani, questi, che servono al team di sceneggiatori formato da Lars Gudmestad, Maria Karlsson e Vilde Klohs ad affrontare tematiche universali come la resilienza, la riconciliazione familiare, la maternità, la scoperta di sé e la voglia di riscatto.
In Ritorno in pista non c’è nulla di particolarmente originale da registrare nel plot, nelle sue dinamiche e nel disegno di coloro che lo animano
Ritorno in pista tratta il tutto con un tocco di leggerezza, mescolando umorismo e introspezione, commedia, dramma e sport-movie. Ciò di fatto strappa qualche sorriso e spunto di riflessione, come tutti quei film che hanno il sapore inconfondibile di guilty pleasure. Non c’è nulla di particolarmente originale da registrare nel plot, nelle sue dinamiche e nel disegno di coloro che lo animano, in quanto piuttosto comuni e già visti. Ecco perché lo prendiamo per quello che è: un prodotto di intrattenimento adatto solo a tenerci compagnia sul divano quando non c’è di meglio da vedere. Qualcosa però di buono dalla visione ce lo possiamo portare dietro e sono gli scenari mozzafiato che fanno da cornice alla vicenda e quei sorrisi di cui sopra, ottenuti grazie a qualche battuta e scena divertente piazzata sulla timeline, alle quali contribuiscono le buone performance di Ada Eide e Trond Fausa Aurvåg.
Ritorno in pista: valutazione e conclusione
Dalla Norvegia uno sport-movie in modalità dramedy che ha il sapore inconfondibile del guilty pleasure. Non mancano momenti divertenti e spunti di riflessione legati alle tematiche universali affrontate, ma il plot, le sue dinamiche e il disegno di coloro che lo animano non brillano di certo per originalità. Ciò che resta sono i panorami mozzafiato che fanno da cornice alla vicenda e le performance di Ada Eide e Trond Fausa Aurvåg nei ruoli principali.