Onigoroshi – Demon City: recensione del film Netflix

La recensione dell’adattamento live-action che Seiji Tanaka ha realizzato dal celebre manga omonimo di Masamichi Kawabe. Dal 27 febbraio 2025 su Netflix.

Nella ricca e variegata lista di manga più o meno celebri che negli anni sono passati dalla carta allo schermo non poteva di certo mancare Oni Goroshi di Masamichi Kawabe, il cui adattamento in live-action diretto da Seiji Tanaka è approdato su Netflix lo scorso 27 febbraio 2025 con il titolo Onigoroshi – Demon City. Inutile dire quanto febbrile potesse essere l’attesa nei confronti del lungometraggio da parte dei moltissimi cultori della materia, addetti ai lavori o semplici appassionati che già ai tempi della pubblicazione lo avevano eletto allo status di cult. Attesa mista a curiosità verso il film che si è trasformata ben presto in un piazzamento nella top ten dei titoli più visti sulla piattaforma a stelle e strisce nella settimana d’uscita. Peccato che l’entusiasmo sia destinato a scemare non appena inizierà a serpeggiare il malcontento, compreso il nostro, per il risultato poco soddisfacente raggiunto da una pellicola che lascia, oltre alla delusione, anche l’amaro in bocca per ciò che sarebbe potuto essere e non è stato se si pensa all’enorme potenziale a disposizione: dalla complessità della matrice alla presenza dietro la macchina da presa del cineasta giapponese e del direttore della fotografia Kohei Kato, oltre alle musiche originali firmate dal leggendario chitarrista Tomoyasu Hotei, famoso per il suo contributo alla colonna sonora di Kill Bill.

In Onigoroshi – Demon City, Toma Ikuta si cala nei panni di un ex sicario in cerca di vendetta

Onigoroshi - Demon City cinematographe.it

Nel manga e nella sua trasposizione si racconta la storia di Shuhei Sakata (interpretato da Toma Ikuta), un leggendario sicario che ha appena completato il suo ultimo incarico per conto di Fujita, sterminando una branca della Yakuza di Shinjo. Pronto a iniziare una nuova vita con sua moglie Aoi e la figlia Ryo, il suo sogno di pace viene brutalmente spezzato quando un clan mascherato, noto come Kimen-gumi, irrompe nella sua casa, proclamando il dominio sulla città e massacrando la sua famiglia. Ferito mortalmente, l’uomo sopravvive miracolosamente, risvegliandosi dopo dodici anni di coma con un solo scopo: distruggere chi gli ha portato via tutto. La sua crociata lo porterà a confrontarsi con una verità ancora più scioccante, che metterà in discussione non solo il suo passato ma anche il suo futuro.

Onigoroshi – Demon City mescola revenge e yakuza-movie in un autentico bagno di sangue

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Quello che parte come il più classico dei revenge-movie con protagonista una figura che per caratteristiche, destino e poteri sembra un giustiziere dalla notte a metà tra l’Eric Draven de Il corvo e il Frank Castle di The Punisher che miete vittime tra le strade, gli edifici e i palazzi di una  Shinjo che voleva essere con molta probabilità nella mente del creatore la versione nipponica di Gotham City, assume strada facendo le sembianze di uno yakuza-movie iper-cinetico, ultra-violento e grondante sangue in stile Takashi Miike. Da questa maionese impazzita di reference che vanno mescolandosi senza soluzione di continuità con gli elementi narrativi, drammaturgici e visivi della matrice, ha preso forma sullo schermo un film che suo e nostro malgrado, pur abbracciando la propria natura fumettistica, non va oltre il godibile action in salsa marziale che offre uno spettacolo adrenalinico grazie a scene e coreografie efficaci e visivamente impattanti: una su tutte quella del piano sequenza nella rampa delle scale del grattacielo che ricorda quello visto in The Protector di Prachya Pinkaew. In tal senso, Onigoroshi – Demon City è un prodotto assolutamente godibile, zeppo di sequenze d’azione degne di nota che sul piano della resa tecnica valgono la visione e il prezzo mensile dell’abbonamento, come ad esempio l’irruzione nella villa del boss a colpi di macete dell’incipit, l’uno contro tutti nella fabbrica di smaltimento dei rifiuti e la sanguinosa resa dei conti finale che ricorda quella di City of Violence di Ryoo Seung-wan.

L’equilibrio tra dramma e azione del manga nella trasposizione viene meno per fare ampio spazio a scene e coreografie marziali di forte impatto

Onigoroshi - Demon City cinematographe.it

Insomma, quello offerto da Tanaka, regista di innegabile talento del quale ricordiamo con grandissimo piacere Melancholic (vincitore tra gli altri del White Mulberry Award al Far East Film Festival di Udine), è un’opera per chi è alla semplice ricerca di intrattenimento a buon mercato e di una trama non particolarmente impegnativa che segue una linea orizzontale lineare e schematica, con il protagonista di turno, l’ennesimo assassino ritiratosi che torna alla violenza per una giusta causa, che elimina avversari sempre più forti fino ad arrivare al vertice. In poche parole un cliché narrativo piuttosto abusato che serve all’autore per  trascinare gli spettatori di turno nel solito vortice di violenza, vendetta e segreti oscuri. Chi invece come noi era in cerca di un equilibrio maggiore tra dramma e azione potrebbe rimanere deluso, specialmente se si ripensa a tutto ciò che nella matrice rappresentava la propria forza intrinseca. Equilibrio che in Onigoroshi – Demon City viene meno. Al contempo, il creatore del manga aveva saputo, attraverso le sue tavole, restituire al lettore la complessità psicologica del personaggio di Sakata e dell’universo corrotto e malato che lo circondava, ma anche intrecciare l’azione con temi esistenziali, esplorando la disperazione e la resilienza umana in una narrazione brutale ma profondamente emotiva. In tal senso, la fonte non si limitava a raccontare una storia di vendetta, ma offriva una riflessione sulla natura ciclica della violenza e sul prezzo della giustizia personale. In questo l’adattamento non è stato in grado, nonostante la presenza in fase di riscrittura di Kawabe, di rimanere fedele all’originale. Ed è questo il suo più grande limite. O coloro che sono stati incaricati non sono stati capaci di tradurlo, oppure il formato scelto non era adatto ad accogliere l’universo di Oni Goroshi. Forse l’animazione al posto del live-action, magari spalmata in un progetto seriale, avrebbe dato maggiori garanzie. Chissà che non si decida in futuro, nel caso si volesse dare una seconda chance audiovisiva al manga, di optare per la suddetta soluzione. Nel frattempo bisogna farsene una ragione e accontentarsi.

Onigoroshi – Demon City: valutazione e conclusione    

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Seiji Tanaka porta sullo schermo un deludente adattamento in live-action dell’omonimo manga cult di Masamichi Kawabe. Il cineasta nipponico non ne sfrutta l’enorme potenziale narrativo messo a disposizione, in cui dramma e azione si reggevano su un perfetto equilibrio e dove si esploravano ancora più in profondità temi esistenziali come la disperazione e la resilienza umana. Il tutto in una narrazione brutale ma profondamente emotiva. Ciò viene meno a favore della componente action e del ludico intrattenimento a buon mercato, consegnando allo spettatore uno spettacolo marziale e balistico adrenalinico e tecnicamente di prim’ordine, ma emotivamente piatto. Resta un incrocio tra revenge e yakuza-movie per chi si accontenta di scene d’azione di buona fattura, ma fini a se stesse.    

Regia - 4
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3.5
Recitazione - 2.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 3

3.1

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