Delicious: recensione del film Netflix

Delicious è il film culinario disponibile su Netflix, una commedia con qualche falla ma un cuore d'oro.

Negli ultimi anni, il cinema ha spesso esplorato la tensione tra classi sociali attraverso il linguaggio del thriller psicologico, come dimostrano film di successo quali Parasite o The Menu. Delicious, disponibile su Netflix, tenta di inserirsi in questo filone con una narrazione che mescola dramma familiare e suspense, ponendo al centro una figura enigmatica che sconvolge l’equilibrio di una famiglia benestante.

Delicious: il thriller psicologico come critica Sociale

Diretto dalla regista tedesca Nele Mueller-Stöfen, al suo esordio dietro la macchina da presa, il film è ambientato nella suggestiva Provenza, dove una famiglia facoltosa trascorre l’estate nella loro lussuosa villa. La loro tranquillità viene interrotta dall’arrivo di Teodora (Carla Díaz), una giovane misteriosa che si offre come domestica dopo un incidente. Un gesto all’apparenza innocuo si trasforma ben presto in un gioco di tensioni, sospetti e segreti, che metteranno a nudo le fragilità dei protagonisti.

Quello che inizia come un classico dramma familiare si trasforma progressivamente in un thriller carico di inquietudine. Mueller-Stöfen dosa sapientemente le ombre e i silenzi, lasciando che siano i dettagli – uno sguardo trattenuto, una porta socchiusa, una frase ambigua – a costruire il senso di minaccia. Tuttavia, se l’atmosfera funziona, la sceneggiatura non sempre regge il peso delle ambizioni tematiche, lasciando irrisolte molte delle questioni sollevate.

Un’estetica raffinata, ma una sceneggiatura debole

Dal punto di vista visivo, Delicious è un film esteticamente impeccabile. La fotografia, curata da Felix Novo de Oliveira, esalta la bellezza della Provenza con colori caldi e luce naturale, creando un contrasto netto con il senso crescente di claustrofobia che si insinua all’interno della villa. Gli interni, dominati da toni neutri e soffuse ombre, diventano parte integrante della tensione narrativa, facendo emergere l’instabilità emotiva dei personaggi.

Tuttavia, se la messa in scena è curata, la sceneggiatura fatica a trovare un equilibrio tra le sue molteplici ambizioni. Il film introduce tematiche interessanti, come la disuguaglianza sociale, il senso di colpa della classe privilegiata e il potere della manipolazione, ma non le approfondisce mai fino in fondo. I conflitti si sviluppano in modo prevedibile, e le rivelazioni chiave appaiono spesso telefonate, smorzando l’impatto emotivo delle svolte narrative.

Un altro punto debole è rappresentato dai dialoghi, che risultano a tratti forzati e innaturali. Se da un lato il film cerca di mantenere un tono raffinato e sottilmente minaccioso, dall’altro le conversazioni tra i personaggi mancano di incisività, rendendo difficile l’immedesimazione dello spettatore. Questo problema diventa evidente soprattutto nella seconda metà del film, quando la tensione dovrebbe raggiungere il suo apice, ma invece si disperde in soluzioni narrative poco convincenti.

Un cast convincente, ma personaggi stereotipati

Uno degli aspetti più riusciti di Delicious è sicuramente la performance del cast, in particolare di Carla Díaz, che interpreta Teodora con un mix di fragilità e ambiguità, rendendo il suo personaggio affascinante e inquietante allo stesso tempo. La sua presenza scenica è indiscutibile: con pochi sguardi riesce a trasmettere un senso di inquietudine crescente, facendo percepire allo spettatore che sotto la sua apparente innocenza si cela qualcosa di più oscuro.

Il resto del cast offre interpretazioni solide, ma i personaggi risultano troppo stereotipati. La madre depressa e insoddisfatta, il padre distante e anaffettivo, i figli viziati e tormentati: archetipi già visti che non riescono a sorprendere. Questo limite si riflette nel coinvolgimento emotivo della storia, che avrebbe potuto osare di più nella caratterizzazione dei protagonisti per rendere la loro discesa nella paranoia più credibile e avvincente.

Il terzo atto del film introduce un cambio di tono che vira inaspettatamente verso l’horror psicologico, con un finale che punta su un effetto shock, ma che non appare pienamente giustificato dalla narrazione precedente. Se l’intenzione era quella di sorprendere il pubblico, il risultato è una sensazione di incoerenza, che lascia più domande che risposte.

Valutazione e conclusione: un film che punta alto ma non convince fino in fondo

In definitiva, Delicious è un film che prova a raccontare il disagio sociale e le ipocrisie della borghesia attraverso una lente thriller, ma non riesce a distinguersi nel panorama cinematografico attuale. Visivamente affascinante e ben recitato, il film soffre di una sceneggiatura che non sviluppa pienamente le sue idee e che si affida troppo a situazioni già viste, senza riuscire a portare un elemento di vera originalità.

Per chi ama le atmosfere inquietanti, i thriller psicologici con una costruzione lenta, e le storie che si giocano sulla tensione psicologica più che sull’azione diretta, Delicious può essere un’esperienza interessante, ma non memorabile. Chi invece cerca una riflessione più profonda sulla disuguaglianza sociale e sul potere della manipolazione, rimarrà probabilmente deluso dalla superficialità con cui questi temi vengono trattati.

Il risultato finale è un’opera che punta in alto, ma che non riesce a mantenere le promesse, lasciando lo spettatore con la sensazione di qualcosa di incompiuto. Un film che si guarda con piacere per la sua estetica e per la bravura del cast, ma che non lascia il segno come avrebbe potuto.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 2.5
Emozione - 2.5

2.8

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