The Last of Us 2, Pedro Pascal svela cosa ha trovato più difficile: “Non è molto salutare”
Il legame tra attore e personaggio potrebbe aver creato qualche grattacapo a Pedro Pascal...
Non so voi, ma io conto già i minuti che ci separano dal 14 aprile, giorno in cui The Last of Us tornerà sui nostri schermi con l’attesissimo adattamento della seconda parte del capolavoro di Naughty Dog. Il videogioco originale è senza dubbio una delle esperienze più intense (e traumatiche) che abbia mai vissuto con un controller in mano, e l’idea di riviverla sotto forma di serie TV promette emozioni forti.
Se c’è qualcosa che mi fa credere che Neil Druckmann e Craig Mazin riusciranno ancora una volta a straziarci il cuore, è il modo in cui Pedro Pascal ha parlato del legame tra gli attori e i loro personaggi. L’interprete di Joel ha raccontato di come questo ruolo gli abbia regalato una delle esperienze più profonde della sua carriera, sia dal punto di vista professionale che personale.

Durante una conferenza stampa organizzata da Variety, Pascal ha discusso del salto temporale di cinque anni che separa la fine della prima stagione dall’inizio della seconda e di come gli showrunner abbiano deciso di affrontarlo. Per creare subito una connessione tra lui e Bella Ramsey, il primo giorno di riprese è stato dedicato a una scena molto intima tra i loro personaggi.
“Penso che sia emozionante poter dare al pubblico una nuova stagione di uno show che ha amato e in cui abbiamo messo tanto di noi stessi. Craig e Neil hanno fatto un lavoro straordinario, e la prima cosa che ho girato è stata con Bella, in un ambiente intimo. Tra Joel ed Ellie c’è una distanza incredibilmente dolorosa, e questo traspare nella scena, ma fuori dal set scherzavamo, ridevamo, ci divertivamo. È stato come tornare a casa.”
Lavorare a The Last of Us è stato un processo catartico per Pascal, che ha confessato di avere difficoltà a separare le emozioni dei suoi personaggi dalle proprie:
“Ero grato di essere tornato, ma questa esperienza, più di ogni altra, mi ha reso difficile distinguere ciò che i personaggi provano da quello che sento io. In un certo senso, soffro con loro. C’è qualcosa di profondamente catartico – a volte in modo sano, altre meno – nell’affrontare il dolore e le relazioni umane in crisi, creando al tempo stesso un’allegoria politica e sociale ancorata alla nostra realtà.”
Ora non resta che attendere: tra meno di tre settimane scopriremo come Mazin e Druckmann hanno affrontato la struttura complessa di The Last of Us: Part II, un’impresa tutt’altro che semplice da adattare per il piccolo schermo. L’attesa è alle stelle.
Leggi anche The Last of Us: Bella Ramsey pensa che la sua neurodivergenza abbia “aiutato” la recitazione