Senza sangue: recensione del film di Angelina Jolie
Una storia di dolore, vendetta e redenzione.
Senza sangue è il film drammatico diretto da Angelina Jolie, basato sull’omonimo romanzo di Alessandro Baricco, scrittore italiano noto per il suo stile contemplativo. La pellicola, presentata in anteprima al Festival di Cannes 2023, nelle sale italiane dal 10 aprile 2025 con Vision Distribution e Fremantle, è una riflessione profonda sulla sofferenza, la vendetta e il perdono. Ambientato in un paesaggio selvaggio e desolato, il film esplora la complessità del dolore e della psiche umana attraverso una storia intensa.
In un Paese dilaniato dalla guerra, una bambina è testimone degli atroci omicidi del padre e del fratello. Tale crudeltà segna un punto di non ritorno nella sua vita. La pellicola segue il suo percorso di crescita e vendetta e il modo in cui, con il passare degli anni, la memoria dell’evento continua a tormentarla in età adulta (ruolo magistralmente interpretato da Salma Hayek). La trama esplora non solo l’aspetto della violenza, ma anche quello della redenzione e del confronto con il proprio passato, mentre la protagonista, ormai donna, affronta e dialoga con l’uomo che le ha distrutto la vita, interpretato da Demian Bichir.
La regia efficace di Angelina Jolie e l’interpretazione impeccabile di Salma Hayek in Senza sangue

Angelina Jolie, regista del film, si avventura in un terreno che le permette di esplorare una narrazione visiva di tipo evocativo. L’estetica del film è caratterizzata da paesaggi spesso spogli e desolati, che riflettono lo stato interiore dei personaggi. La sua regia è poco originale ma efficace. Sebbene il ritmo sia a tratti lento, l’uso di primi piani e le sequenze silenziose creano una giusta intimità, dove le emozioni dei protagonisti vengono trasmesse attraverso il linguaggio del corpo, le espressioni facciali e il silenzio più che attraverso il dialogo.
La performance dell’attrice protagonista è sicuramente uno degli aspetti più forti ed interessanti del film. Salma Hayek riesce a portare sullo schermo un personaggio complesso, segnato da una ferita profonda, ma anche la forza di una donna che cerca di ricostruire la propria esistenza. Demian Bichir offre una performance non sempre convincente, nel ruolo dell’uomo che rappresenta sia la colpa che la possibilità di una redenzione.
La pellicola affronta temi collettivi come il trauma, la vendetta, il perdono e il conflitto interiore. La guerra, seppur mai esplicitamente contestualizzata, è il motore che scatena la tragedia dei protagonisti. La Storia si intreccia con la storia intima e personalissima dei vinti, dei succubi e delle vittime. La scelta di rappresentare un “mondo senza nome” con ambiguità storiche e spazio-temporali è funzionale a potenziare l’universalità dei temi affrontati. Il film, infatti, pone l’attenzione più sulle cicatrici psicologiche lasciate dalla violenza e sulle scelte morali dei personaggi, piuttosto che sulle cause politiche o sociali della guerra stessa.

Senza sangue racconta della necessità di trovare una forma di guarigione, ma anche dei limiti e dei pericoli di una vendetta che, se non affrontata, può logorare l’anima. Il film esplora come il trauma non solo lasci cicatrici fisiche, ma anche psicologiche. La memoria dell’evento traumatico diventa un peso insostenibile che si ripresenta costantemente, impedendo alla protagonista di vivere a pieno la sua vita. L’impossibilità di superare il dolore e la paura la costringe a rimanere bloccata nel passato, incapace di andare avanti o di trovare pace. Così, la vendetta, che inizialmente appare come una risposta naturale e quasi giustificata al torto subito, è il tema psicologico centrale. Nina cerca giustizia, ma la vendetta si trasforma presto in un ulteriore strato di dolore, portando con sé la distruzione e il vuoto.
Uno degli aspetti più complessi e profondi del film è il concetto di perdono. La protagonista deve affrontare il suo passato, non solo per guarire dalle ferite, ma anche per liberarsi dal peso della vendetta. Il perdono, in questo caso, non è tanto un atto verso l’altro, ma verso se stessa. Si tratta di un processo interiore di liberazione che richiede la capacità di accettare la propria sofferenza senza permettere che essa definisca la propria identità.
Senza sangue: valutazione e conclusione

Infine, il film esplora anche la psicologia della colpa, non solo dal punto di vista della vittima, ma anche da quello del carnefice. L’uomo che ha causato il trauma è altrettanto segnato dalla sua azione, sebbene la sua sofferenza e la sua consapevolezza della colpa vengano indagate in modo meno diretto e forse troppo superficiale. Ogni persona è segnata dalle proprie scelte, e il film suggerisce che la riconciliazione con il passato richiede una comprensione reciproca del dolore e della sofferenza, anche quando sembrano inconciliabili.
In sintesi, Senza sangue è un’opera che, sebbene non eccella stilisticamente, è in grado affrontare in modo psicologicamente sfumato il viaggio interiore di una persona che deve fare i conti con un trauma devastante. La pellicola esplora la difficoltà di superare il dolore, il conflitto tra vendetta e perdono, e la lotta per trovare una via verso la guarigione di cicatrici emotive.