Eden: recensione del film di Ron Howard
La recensione del film che Ron Howard ha tratto dal mistero dell’imperatrice di Floreana. Ad aiutarlo nell’impresa un cast di all stars capitanato da Jude Law. Nei cinema dal 10 aprile 2025.
Dopo l’anteprima mondiale al Toronto International Film Festival 2024 e quella italiana come apertura della 42esima edizione del Torino Film Festival, per Eden di Ron Howard è tempo di affacciarsi anche nelle sale nostrane con 01 Distribution a partire dal 10 aprile 2025. Si tratta del ventottesimo lungometraggio di finzione per il regista premio Oscar, entrato però nell’immaginario comune quando come interprete indossava i panni dell’ormai celeberrimo Richie di Happy Days. Mestiere, quello dell’attore, che non hai mai abbandonato completamente, concedendosi di tanto in tanto sortite davanti la macchina da presa come quella nel quarto episodio della serie Hulu, Only Murders in the Building. Ma è indubbio che la regia sia diventata già ai tempi dell’esordio con Attenti a quella pazza Rolls Royce molto di più che un’esperienza da riproporre di tanto in tanto, ma una priorità e un’attività a tempo pieno. Da quel 1977 di anni ne sono trascorsi, con il cineasta statunitense che ha realizzato moltissimi film, che gli hanno permesso di frequentare generi diversi, ma non tutti evidenti, poiché la sua ultima fatica lo ha di fatto condotto in zone non ancora esplorate, quelle del survival soft thriller.
Eden è tratto da un’incredibile storia vera ambientata negli anni Trenta su un’isola disabitata dell’arcipelago delle Galápagos

Si potrebbe sintetizzare con questo mix, tenuto insieme con un tono singolare a metà strada tra il dramma e la commedia nera per alcuni risvolti e pieghe in cui ci si imbatte nel corso della timeline, il nuovo film di Howard. Un mix che ha preso forma e sostanza grazie a una storia realmente accaduta, alla quale però per l’assurdità degli eventi narrati e delle azioni compiute da coloro che l’hanno vissuta sulla propria pelle si fa fatica a credere sia vera. Eppure è così. Del resto si sa che la realtà supera spesso l’immaginazione, basta ritornare con la mente al mistero della cosiddetta imperatrice di Floreana e alla storia realmente accaduta di alcuni coloni europei che giunsero ad abitare sull’isola omonima dell’arcipelago delle Galápagos, un paradiso terrestre, per fortuna ancora oggi parzialmente incontaminato, sito nell’Oceano Pacifico a largo dell’Ecuador. Qui si trasferì nel 1929 il biologo e filosofo tedesco Friedrich Ritter con la compagna e discepola, l’artista Dora Strauch, che volevano fuggire da un mondo a loro parere destinato alla catastrofe, vivendo in totale solitudine. Una pace però destinata a finire presto, perché a rovinare i piani della coppia ci pensarono prima i coniugi Margaret e Heinz Wittmer con figlio, quindi la baronessa Eloise Bosquet de Wagner Wehrhorn con amanti, un servitore ecuadoriano e il progetto di aprire un hotel di lusso in quel paradiso al seguito. La convivenza come risaputo non portò a nulla se non a sempre più feroci scontri, con il racconto di quell’utopia finita in tragedia che ha affascinato Howard al punto tale da volerne fare un film.
La sceneggiatura di Eden nasce dai libri e dalle testimonianze di due sopravvissute alla vicenda

E pensare che della vicenda in questione si era infatuato trent’anni prima Nicholas Roeg, ma il progetto di farne un’opera per il grande schermo, tanto per restare in tema, naufragò suo e nostro malgrado. E viene da chiedersi cosa avrebbe partorito il genio del compianto cineasta londinese se quel tentativo fosse andato a buon fine. Purtroppo non lo sapremo mai. Ma ora sappiamo cosa invece avrebbe fatto un regista titolato, collaudato ed eclettico come Howard, ossia un film ambizioso ma con qualche fragilità qua e là dal punto di vista strutturale e narrativo, certo migliore del melvilliano Heart of the Sea, che a memoria rappresenta il tallone d’Achille di una filmografia altrimenti variegata e di valore nella quale hanno trovato posto pellicole come Apollo 13 o Nixon/Frost. Alla base della sceneggiatura, firmata a quattro mani dal regista con Noah Pink, c’è la vicenda reale raccontata da due punti di vista diversi, nei libri delle sopravvissute: Satan Came to Eden: A Survivor’s Account of the “Galapagos Affair” della Strauch da una parte e Floreana: A Woman’s Pilgrimage to the Galapagos della Wittmer dall’altra. Non volendosi schierare e non sapendo a quale delle due campane credere, la scrittura è dovuta scendere a compromessi e prendere un po’ di là e un po’ di qua. Il ché a conti fatti non ha giovato.
Eden è un gioco al massacro che punta il dito sulla becera mediocrità piccolo borghese

Le incertezze di quest’opera che alterna momenti di grande lucidità a passaggi a vuoto, ridondanze e scelte non sempre chiare come quella di non spiegare con antefatti le motivazioni reali e profonde che hanno spinto un gruppo di persone a recarsi in un luogo disabitato della Galapagos negli anni Trenta, con tutte le sfide fisiche e mentali richieste dal quotidiano di un luogo tanto paradisiaco quanto ostile. Dicotomia tra l’altra restituita perfettamente dalla fotografia di Mathias Herndl che ha creato dei paesaggi tutt’altro che esotici, ma inospitali, appiccicosi, anemici nella luce pallida e ocra. Un’assenza di motivazioni che rende i personaggi meno tridimensionali e il racconto meno stratificato, con quest’ultimo che si materializza sullo schermo come un gioco al massacro che punta il dito sulla becera mediocrità piccolo borghese, che non raggiunge però la goliardia e la ferocia del cantore dell’ipocrisia borghese per eccellenza, ossia Ruben Östlund. La mente in tal senso non può non tornare alle lotte sull’isola deserta di Triangle of Sadness.
Il cast a disposizione di Ron Howard è il punto di forza del film

Più che un attacco diretto, Eden è un racconto di adattamento darwiano, non solo e non tanto all’ambiente, ma alla convivenza tra esseri umani con stili di vita e codici morali diversi. Ecco perché forse pensando al confronto tra le personalità chiamate in causa destinate ad entrare in rotta di collisione sino alle più fatali delle conseguenze sarebbe più consono andare a scomodare Il dio del massacro della drammaturga e scrittrice francese Yasmina Reza. Anche in questo caso sono i duelli dialettici tra i contendenti a dettare le regole d’ingaggio e a innescare il conflitto. Stavolta però è toccato a un gruppo di naufraghi volontari su un’isola disabitata dirsele di santa ragione, non delle coppie di genitori tra le quattro mura di un appartamento. La sostanza però non cambia. E per sostenere un così accesso confronto ci volevano interpreti capaci e credibili, motivo per cui quella vecchia volpe di Ron si è affidato a un bel parterre de roi formato da interpreti del calibro di Jude Law, Ana de Armas, Vanessa Kirby, Daniel Brühl e Sydney Sweeney, che ha ricambiato la fiducia con delle prove efficacissime (vedi la scena corale del pranzo) che rappresentano il punto di forza del film. Un concentrato di esperienza, talento e presenza, che il regista dell’Oklahoma ha saputo gestire e sfruttare al meglio.
Eden: valutazione e conclusione

Per il suo ventottesimo lungometraggio di finzione, Ron Howard ha voluto esplorare un genere non ancora frequentato, ossia il survivor-thriller. Lo fa attingendo alla storia realmente accaduta negli anni Trenta sull’isola disabitata e inospitale di Floreana, che in Eden da location paradisiaca si trasforma in terra di feroci scontri tra borghesi e intellettuali. Una storia realmente accaduta, poi romanzata attingendo a fonti e testimonianze divergenti dei sopravvissuti. Il risultato è un compromesso che almeno drammaturgicamente e narrativamente alla fine pesa. Fortunatamente per il cineasta statunitense premio Oscar c’era un gruppo straordinario di attori e attrici a supportarlo e a rendere gli scontri fisici e dialettici che animano il film davvero potenti ed efficaci. Al resto ci pensano le musiche di Hans Zimmer e la fotografia di Mathias Herndl.
Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 4.5
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 3.5
3.8
Regia – 3.5 Sceneggiatura - 3 Fotografia - 4.5 Recitazione - 4 Sonoro - 4 Emozione – 3.5