Edoardo Leo su 30 Notti con il mio ex:” Stare insieme significa trovare il giusto equilibrio”

Edoardo Leo, Micaela Ramazzotti, Gloria Harvey e il regista Guido Chiesa ci raccontanto 30 Notti con il mio ex, nelle sale italiane dal 17 aprile 2025.

Guido Chiesa, che il film l’ha diretto e sceneggiato con Nicoletta Micheli, sa che è importante parlarne con senso della misura, perché c’è tanto da dire a proposito di 30 Notti con il mio ex – uscita il 17 aprile 2025 per PiperFilm in almeno 350 cinema – e il rischio è di andare fuori strada. Commedia? Commedia sentimentale? Dramma? Dramedy? Film sulla salute mentale? Sui sentimenti? A Roma per parlarne alla stampa con i protagonisti Micaela Ramazzotti, Edoardo Leo e Gloria Harvey, Guido Chiesa comincia partendo dal quadro generale, più che dall’analisi dei particolari. “Il film parla di una coppia distrutta da due forze, dal disagio mentale di lei e dalla rigidità e dalla paura di lui. Il tema è universale, la difficoltà a relazionarci con l’altro, sia esso un figlio, un partner o un datore di lavoro. Vorremmo che gli altri fossero come noi, ma non può accadere. Non volevamo girare un film negativo perché pensavamo di poterne parlare con leggerezza, nella tradizione della commedia all’italiana”.

30 notti con il mio ex; cinematographe.it

30 Notti con il mio ex è la storia di Terry (Micaela Ramazzotti), che dopo anni trascorsi in una comunità psichiatrica si ricongiunge all’ex marito Bruno (Edoardo Leo) e alla figlia sedicenne Emma (Gloria Harvey) per una convivenza di prova di trenta giorni che risulterà esplosiva per tutti e tre, ma anche necessaria e bellissima. I suoi attori, Guido Chiesa li ha trovati così. “Volevo lavorare con Edoardo da anni. Con Micaela avevo fatto Ti presento Sofia (2018) e pensavo che fosse un ruolo giusto per lei. Ha interpretato spesso il disagio mentale, ma sempre in una chiave depressiva. Terry, al contrario, è piena di vita. La vedevo come una sorta di Marilyn, che soffre ma dice sempre la verità, e Micaela questo lo sa fare bene. Gloria l’abbiamo trovata con i provini, ha la cazzimma giusta con suo padre; l’ho vissuto sulla mia pelle, avendo due figlie che mi hanno giustamente massacrato, per anni! È stato molto interessante il lavoro nel centro diurno: alcuni dei presenti erano attori, altri figurazioni, e abbiamo scoperto solo alla fine che la metà erano pazienti psichiatrici”.

30 Notti con il mio ex è la storia di una famiglia e la sua premessa è una possibilità che si verifica anche nella vita reale

La rappresentazione del disagio mentale non è una novità nella carriera di Micaela Ramazzotti, ma Terry le è piaciuta anche e soprattutto per una grossa novità: un’atmosfera diversa dal solito. “Di pazzerelle ne ho fatte tante, in carriera, di solito molto chiuse nella loro interiorità, depresse. Qui mi piaceva esplorare un personaggio attivo, affamato di vita, desideroso di stare al mondo come se fosse la prima volta. Terry ha la fortuna di avere accanto a sé una rete di persone che la sostengono: l’ex marito, una figlia che le vuole bene, una brava psicologa (Anna Bonaiuto, ndr) e a un centro diurno, una comunità terapeutica. Per la guarigione servono tanti elementi, non bisogna avere paura dello stigma della malattia mentale. Ci sono peculiarità, pensieracci, cose che vanno affrontate in posti dove ti accolgono, dove puoi migliorare. Terry ha fatto coming out e dei suoi problemi ne parla anche troppo, imbarazzando Bruno. Tutti noi, nella nostra vita, abbiamo avuto un matto intorno, in famiglia, nel palazzo. Bisogna accettare il fatto che la mente umana è fatta così; ma si riesce comunque a guarire e a stare al mondo. È chi sta fuori da questo percorso, che a me fa paura”.

Edoardo Leo è Bruno, il marito di Terry. Per amore della figlia, e per affrontare al meglio la delicata situazione della moglie, vive una vita all’insegna dell’ordine e della stabilità. Un ordine e una stabilità eccessive, ma va così in molti ambiti, spiega, “è un po’ come succede tra fratelli, magari ne hai uno che è un mattacchione e devi fare l’equilibrato per bilanciare. Anche nella vita di coppia ti prendi il ruolo che ti lasciano. Bruno l’ha fatto per un senso di equilibrio e di ordine, e perché la moglie aveva il ruolo più esuberante. Il punto dello stare insieme è trovare il giusto equilibrio: Terry dovrebbe seguire maggiormente le regole, e Bruno dovrebbe disattenderle. Il film, a un livello più generale, ha anche un altro tema di fondo e lo spiega meravigliosamente: tutti abbiamo amato o siamo stati amati da qualcuno con cui era difficile convivere. Anche quelli che non hanno avuto a che fare con il disagio mentale lo capiranno”.

Il primo ruolo importante è una grossa emozione per Gloria Harvey. I colleghi di set e il suo personaggio, Emma, l’hanno aiutata. “Ovviamente è stata un’emozione grandissima, e in un certo senso (Micaela Ramazzotti e Edoardo Leo, ndr) me l’hanno resa facile. Non mi hanno fatto sentire la pressione, mi sono trovata bene a livello umano con entrambi. Un’esperienza ansiosa, ma piacevole. Mi sono ritrovata in Emma, nella sua funzione di anello che cerca di rilegare una famiglia e riportare il nido; una figlia che va oltre il disagio della mamma. La ama, non la giudica e non ha paura di starle accanto nella sofferenza e nella difficoltà. Questo mi ha fatto sentire più vicina al personaggio e alla situazione famigliare dei tre. È il mondo che deve imparare lingua di Terry, non il contrario”.

Che la paziente di una comunità psichiatrica torni a casa dai suoi per una convivenza test di 30 giorni può sembrare il classico espediente cinematografico, una trovata di sceneggiatura valida sul grande schermo e fuori posto nella realtà. Non è così, spiega Guido Chiesa. Il suo 30 Notti con il mio ex è un film molto rigoroso nel costruire la premessa. “La situazione del film può essere chiesta davvero. Nell’ambito di chi si prende cura del disagio c’è un ampio spettro di approcci, dall’elettroshock ai farmaci al dialogo alle altre terapie (animali etc.). Vi faccio un esempio: gli uditori di voci un tempo erano considerati dagli specialisti degli schizofrenici. Oggi si pensa che il problema sia irreversibile, ma gestibile. C’è una terapeuta, si chiama Cristina Contini, che tiene seminari sull’argomento e fa delle presentazioni. Ogni incontro si conclude con la grande rivelazione: anch’io sono un’uditrice di voce. La pratica mostrata nel film in genere si verifica con minori che rientrano nella famiglia da cui erano allontanati”.

La libertà nella malattia mentale e il coraggio di ascoltare gli altri

Nel modo di stare al mondo di Terry, spiega Edoardo Leo, c’è dell’altro. Una grossa fetta di libertà, la libertà di dire e fare ciò che si vuole, con tutti i rischi del caso. Non si può non invidiarla per questo. “Invidiamo, o meglio aneliamo, la libertà di chi fa e dice quello che gli pare. Stiamo a Piazza Barberini a fare la conferenza; beh, da queste parti c’era il famoso matto. Vedevamo questo tipo con i gingilli e lo prendevamo in giro, ma poi mi capitava di pensare: quest’uomo passa le giornate così, senza pensieri, e non gli frega niente del resto. C’è una cosa meravigliosa nel mondo di Terry: lei non infrange la legge, ma solo regole non scritte che ci siamo dati, regole di convivenza e di non disturbo dell’altro con cui poi devi fare i conti, perché corri il rischio che ti mettano in gabbia. Il mio personaggio, a causa di queste regole, diventa triste, cioè molto diverso da com’è realmente. Terry e Bruno hanno molto da imparare, reciprocamente”.

Non si impara l’uno dall’altro se non si trova il tempo e il coraggio di ascoltarsi. L’ascolto è fondamentale, per Micaela Ramazzotti. “L’ascolto è fondamentale per capire con chi si sta interagendo. Oggi siamo molto concentrati su di noi e guardiamo poco gli altri, e lo se facciamo magari è tramite lo schermo di un telefono. Bisogna guardare chi hai davanti, guardargli gli occhi, perché gli occhi raccontano molto, se si tiene o non si tiene lo sguardo, per esempio. Terry ascolta, sente le voci, e non è uno scherzo. Le sente dall’esterno e dall’interno e vive un grande caos, ma ascolta e intuisce. Come tutti i mattarelli ha la sua genialità, è intuitiva. Capisce subito il problema di Bruno sul lavoro”.

Uno dei veicoli di umorismo della storia, un umorismo sempre venato di malinconia, è il personaggio di Bruno. Tutti, a partire dalla moglie Terry e dalla figlia Emma, trovano il modo di strapazzarlo. Edoardo Leo incassa colpi per l’intera durata di 30 Notti con il mio ex e la cosa sembra averlo divertito e fatto riflettere. “Bruno si ingabbia in una presunta normalità. Se dall’esterno arriva qualcuno a scombinarne i piani, il pubblico ha empatia naturale verso chi subisce la vessazione. Lo script, tra le altre cose, è pensato per un meccanismo particolare: a un certo punto Terry e Bruno si scambiano i ruoli, una cosa che, oltre a essere divertente, è anche utile. Forse in una coppia può servire dire all’altro/ a: imitami. Ti fa scoprire cose di te che il partner non avrebbe il coraggio di dirti, normalmente, cose che danno fastidio o non si sopportano proprio. Potrebbe essere divertente da fare a casa. In quel gioco c’è una parte molto profonda. Se imparassimo a metterci dalla parte degli altri avremmo molti meno problemi come società”.

La verità è che, per quanto Bruno debba faticare per aiutare Terry, il messaggio obliquo del film è che anche sua moglie deve dare da fare sul serio per tirarlo fuori dalla secche di una vita normale – dal punto di vista della salute mentale – ma anche molto statica e infelice. Ce lo spiega in chiusura Micaela Ramazzotti. “Terry va un po’ a riaprire il passato di Bruno, cosa che lui non vuole, dal momento che lo ha messo in una scatola e vive nella completa rimozione. Il punto è che noi siamo la nostra storia, il nostro dietro. Di Terry mi piace il fatto che la sua storia ce la sbatte in faccia. A Bruno dice: ti piaceva giocare, eri pieno di energie, e invece ora sei triste. Bisogna sempre ricordarsi da dove arriviamo, chi siamo, come diventiamo, quanto apparteniamo a quello che eravamo, quanta luce ci portiamo dietro. Terry la luce l’ha mantenuta. Riesce a dare grande valore a questa storia, perché ha più sensibilità altre persone”.