The Last of Us 2 non è solo una storia di vendetta
La seconda stagione di The Last of Us non è "solo" una storia di vendetta, e il suo showrunner ha imparato questa lezione da Quentin Tarantino.
L’attesa è stata lunga, ma The Last of Us è finalmente tornato con la seconda stagione, riportando sullo schermo Joel ed Ellie per un nuovo, intenso capitolo. Chi ha già vissuto la storia attraverso il videogioco sa bene quanto siano forti le emozioni in arrivo – e lo showrunner Craig Mazin non è stato certo sereno nel condividere questa nuova fase con il pubblico.
Adattare un sequel così controverso, che ha diviso i fan con il suo intreccio di vendetta e sopravvivenza, è una sfida tutt’altro che semplice. Mazin stesso ha ammesso di aver incontrato delle difficoltà nel portare questa complessa trama sulla HBO, ma uno dei suoi punti di forza è stato proprio il non ridurre The Last of Us Parte II a una semplice storia di vendetta.

“Anche i racconti che sembrano parlare di vendetta, in realtà, toccano corde molto più profonde”, ha spiegato Mazin a IndieWire. “Prendiamo ad esempio Kill Bill Vol. 1 e Vol. 2: alla fine non si tratta solo di vendetta, ma del dolore che proviamo quando veniamo feriti, quando perdiamo qualcosa o qualcuno. Parla di ciò che scopriamo su noi stessi e sulle persone che amiamo – o che pensavamo di amare.”
Mazin ha poi sottolineato come proprio Kill Bill e l’approccio narrativo di Quentin Tarantino abbiano influenzato il tono di questa stagione. In particolare, ha riconosciuto quanto il percorso creativo di Tarantino lo abbia ispirato nella sua evoluzione come autore. “Adoro i film di Tarantino. Ci sono momenti in cui penso: ‘È stato strano, davvero strano’. Ma poi mi rendo conto che, per quanto bizzarro, era coerente con il suo stile”, ha detto Mazin. “Anche quando non ero d’accordo con lui, sentivo che era autentico. Era Quentin.”
La lezione che Mazin ha tratto da questa esperienza – e che ha voluto applicare alla serie – è chiara: se sbagli, fallo restando fedele a te stesso. “Se fallisco, non sarà perché non ci ho messo impegno, o perché l’ho fatto per soldi o per cinismo. Se fallisco, è perché ci tenevo davvero”, ha concluso.
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