François Ozon: 7 film del regista da recuperare assolutamente
Un regista che riesce a trasmettere un senso di inquietudine e fascino come pochi. Se non conoscete il cineasta vi consigliamo alcuni titoli di grande interesse.
François Ozon, nato a Parigi nel 1967, è una delle voci più significative e originali del cinema europeo contemporaneo, che si è imposta fin dai suoi primi cortometraggi per uno sguardo tagliente, ironico e a tratti spietato sulla società borghese, sul desiderio e sull’identità. Dopo aver studiato alla prestigiosa scuola di cinema La Fémis, ha sviluppato una poetica personale che unisce eleganza formale, tensione narrativa e un’attenzione costante ai temi dell’ambiguità sessuale, del doppio e della finzione. Capace di rinnovarsi continuamente, ha diretto oltre venti lungometraggi, spaziando dal musical al dramma psicologico, dal noir al romanzo di formazione, senza mai perdere il suo stile riconoscibile. I suoi film sono spesso abitati da personaggi femminili forti e sfaccettati, e raccontano storie in cui la realtà è spesso sfuggente, filtrata attraverso la lente del desiderio, della memoria o della narrazione stessa. Curiosamente, è anche uno dei pochi registi contemporanei ad aver lavorato regolarmente con alcune icone del cinema francese come Charlotte Rampling, Catherine Deneuve e Fabrice Luchini, instaurando con loro una sorta di dialogo intergenerazionale che arricchisce le sue opere. Tra le sue abitudini più note c’è quella di scrivere personalmente le sceneggiature dei suoi film, spesso ispirate da romanzi, pièce teatrali o fatti di cronaca, che rielabora con grande libertà e originalità. La sua estetica curata e la regia fluida si accompagnano sempre a una sottile provocazione intellettuale e morale. Per chi ancora non lo conoscesse — o per chi volesse riscoprirlo — ecco sette film fondamentali di François Ozon, da vedere o rivedere per comprendere l’universo inquieto e affascinante di questo maestro del cinema contemporaneo.
1. Sotto la sabbia (2000)

Con Sotto la sabbia, François Ozon firma il suo primo capolavoro maturo, un dramma esistenziale sospeso tra sogno e realtà. Protagonista è una donna, interpretata magistralmente da Charlotte Rampling, il cui marito scompare misteriosamente durante una vacanza al mare. Da quel momento, la protagonista si rifugia in una negazione costante, continuando a comportarsi come se l’uomo fosse ancora presente. Il film è una riflessione profondissima sul lutto, sull’assenza e sulla difficoltà di accettare la perdita. Il realismo apparente della messa in scena è attraversato da sottili elementi di ambiguità che spingono lo spettatore a interrogarsi su ciò che è reale e ciò che è solo proiezione psicologica. Un’opera intensa e ipnotica, dove la regia si mette completamente al servizio del volto enigmatico di Rampling, musa ideale per questa discesa nel dolore e nell’illusione.
2. 8 donne e un mistero (2002)
Un omaggio coloratissimo e ironico al cinema classico, al teatro borghese e ai musical hollywoodiani. In 8 donne e un mistero, Ozon riunisce otto grandi attrici del cinema francese – da Catherine Deneuve a Isabelle Huppert, da Fanny Ardant a Emmanuelle Béart – in una casa isolata durante le vacanze di Natale, dove si consuma un delitto. Tra numeri musicali, confessioni a effetto e colpi di scena, il film si rivela una brillante riflessione sul ruolo della donna nella società e nei media. Ogni personaggio ha il suo segreto, la sua maschera, la sua ferita. Con una regia frizzante e teatrale, Ozon gioca con i generi, i cliché e la memoria cinefila, trasformando un giallo da salotto in un atto d’amore per il cinema stesso.
3. Il tempo che resta (2005)

Secondo capitolo della trilogia sul lutto iniziata con Sotto la sabbia, Il tempo che resta affronta la morte dal punto di vista di un giovane uomo, Romain, fotografo di moda, a cui viene diagnosticato un cancro terminale. Invece di cercare conforto o condivisione, decide di affrontare la fine da solo, rifiutando cure e confidandosi solo con la nonna (una toccante Jeanne Moreau). Il film è asciutto, spietato e poetico. François Ozon evita ogni retorica sul tema della malattia e racconta con sguardo sobrio la preparazione al distacco. Lo fa con un’intensità struggente, mostrando come anche nella fine possano esserci gesti di bellezza, riconciliazioni e piccoli atti d’amore. Uno dei suoi film più intimi e personali.
4. Ricky – Una storia d’amore e libertà (2009)
Uno dei film più sorprendenti e atipici della carriera di Ozon. Ricky racconta la storia di una famiglia ordinaria sconvolta da un evento straordinario: la nascita di un bambino che sviluppa… delle ali. In un primo momento, la madre (interpretata da Alexandra Lamy) vive la situazione con sgomento, ma poi inizia un viaggio di accettazione e libertà. Il film fonde realismo sociale e fantastico, in un equilibrio delicatissimo che ricorda il cinema di Ken Loach contaminato con la fiaba. Ozon mette in scena l’anomalia con dolcezza e intelligenza, interrogandosi su cosa significhi accettare l’alterità, la diversità, anche quando è biologicamente inspiegabile. Un’opera piccola e coraggiosa, spesso trascurata, ma piena di fascino.
5. Nella casa (2012)

Uno dei film più raffinati e metacinematografici di François Ozon. Nella casa racconta il rapporto ambiguo tra un insegnante di letteratura (Fabrice Luchini) e un suo studente, Claude, che inizia a scrivere racconti sempre più dettagliati – e inquietanti – sulla famiglia di un compagno di classe. La linea tra realtà e finzione si sfuma rapidamente, portando alla luce dinamiche di voyeurismo, manipolazione e desiderio. Ispirato a una pièce teatrale di Juan Mayorga, il film è un gioco di specchi tra autore e lettore, tra narratore e personaggi. È anche una riflessione potente sul ruolo dell’arte, sulla responsabilità del raccontare e sull’ossessione per la vita degli altri. Tra ironia e tensione, Nella casa è una delle prove più riuscite del regista sul potere – e il pericolo – della narrazione.
6. Frantz (2016)
Ambientato nel primo dopoguerra, Frantz racconta l’incontro tra una giovane tedesca in lutto per il fidanzato caduto al fronte e un misterioso francese, che afferma di essere stato amico del defunto. Girato quasi interamente in un elegante bianco e nero (con tocchi di colore nei momenti emotivi più intensi), il film è un raffinato melodramma che riflette sul senso di colpa, la riconciliazione e la menzogna come strumento di conforto. Liberamente ispirato a L’uomo che ho ucciso di Ernst Lubitsch, Ozon ne reinventa il punto di vista, privilegiando quello femminile. Frantz è uno dei film più lirici e classici del regista, un esercizio di stile che non sacrifica mai l’emozione, ma anzi la amplifica con un’eleganza struggente.
7. Estate ’85 (2020)

Un ritorno al cinema del desiderio adolescenziale e dell’estate che cambia la vita. Estate ’85 racconta l’amore intenso e tragico tra due ragazzi in una località balneare della Normandia. Il film, ispirato a un romanzo di Aidan Chambers, è un coming-of-age romantico e malinconico, che alterna sensualità e lutto, spensieratezza e morte. Ozon costruisce un racconto volutamente rétro, tra colori saturi, musica new wave e voci fuori campo, ma sotto l’apparente leggerezza si nasconde una riflessione profonda sul primo amore e sulla perdita dell’innocenza. Un’opera intima e personale, tra le più autobiografiche del regista.
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