Étoile: recensione della serie TV Prime Video
Étoile, dal 24 aprile 2025 su Prime Video, è stiloso e elegante, ma non decolla mai, lasciando il pubblico con l'amaro in bocca.
Con Étoile, Amy Sherman-Palladino firma la sua opera più ambiziosa e, allo stesso tempo, più fragile. Dopo aver incantato il pubblico con serie di culto come Una mamma per amica e La fantastica signora Maisel, la showrunner americana cambia completamente scenario e approda nel mondo raffinato ed esigente del balletto. Ambientata tra la vitalità di New York e il fascino austero di Parigi, la serie cerca di raccontare una doppia crisi: quella delle grandi compagnie di danza e quella di un’arte che lotta per sopravvivere nell’era della velocità.
Un’opera fragile con picchi di grazia

La trama si concentra su Jack McMillan, direttore del Metropolitan Ballet Theater, e Geneviève Lavigne, capo provvisorio del Ballet National francese. Entrambi si trovano a fronteggiare una crisi profonda: il pubblico diminuisce, i fondi scarseggiano, l’interesse culturale vacilla. L’idea, tanto rischiosa quanto brillante, è quella di effettuare uno scambio di étoile tra i due teatri per ravvivare l’interesse mediatico e artistico. Tuttavia, la realizzazione si rivela molto più complessa delle previsioni, sia dentro che fuori dal palcoscenico.
Amy Sherman-Palladino resta fedele al suo stile: dialoghi rapidi, battute fulminanti, una costruzione ironica del mondo e dei personaggi. Ma se altrove questa formula risultava irresistibile, qui fatica a trovare il giusto respiro. Il mondo del balletto, fatto di disciplina estrema, silenzi carichi di tensione e corpi che parlano più delle parole, si scontra con una scrittura che tende a sovraccaricare ogni scena, privandola di quella naturale leggerezza che la danza richiede.
Tra i personaggi, Charlotte Gainsbourg regala una Geneviève intensa e malinconica, capace di trasmettere con uno sguardo tutta la frustrazione e la passione di una donna che ha sacrificato tutto per il suo sogno. Lou de Laâge, nei panni della capricciosa Cheyenne, offre una performance vibrante, perfettamente in equilibrio tra arroganza e fragilità. La giovane étoile, celebrata come la miglior ballerina del mondo, incarna alla perfezione la contraddizione di chi possiede un talento smisurato ma non riesce a trovare una reale soddisfazione personale.
Accanto a loro, spicca il personaggio di Tobias Bell, interpretato da Gideon Glick, un coreografo geniale quanto disadattato, che trova nella danza il suo unico linguaggio possibile. Eppure, nonostante gli interpreti mettano anima e corpo nei rispettivi ruoli, la serie fatica a costruire un legame empatico forte con il pubblico. Molti dei conflitti sembrano abbozzati, alcune dinamiche si risolvono in modo troppo frettoloso o, al contrario, si dilungano senza trovare uno sbocco narrativo efficace.
Visivamente elegante, ma lo stile?

Dal punto di vista visivo, Étoile alterna momenti di grande eleganza a scelte registiche più convenzionali. Se da una parte l’ambientazione tra Lincoln Center e le vie di Parigi conferisce fascino e autenticità, dall’altra le scene di danza non riescono mai a diventare realmente cinematografiche. La regia si limita spesso a riprendere le coreografie da lontano, senza sfruttare appieno il linguaggio della macchina da presa per raccontare la fisicità, lo sforzo, la magia della danza. In una serie che avrebbe potuto far vibrare la pelle e il cuore dello spettatore, questa scelta finisce per risultare un’occasione mancata.
La colonna sonora, curatissima e ricca di sfumature, si rivela invece uno degli elementi più riusciti. Accanto ai classici del repertorio ballettistico, troviamo inserti moderni che riescono ad aggiornare il racconto senza mai stonare con il contesto. È proprio la musica, più delle parole, a trasmettere quella tensione emotiva che la sceneggiatura talvolta disperde.
Un altro elemento interessante, ma non pienamente sfruttato, è il personaggio di Crispin Shamblee, il controverso finanziatore delle compagnie. Presentato come un “cattivo necessario”, viene trattato con toni troppo caricaturali per rendere giustizia alla complessità morale che poteva emergere dal suo ruolo. Invece di interrogarsi sulle contraddizioni dell’arte che dipende da capitali discutibili, la serie sceglie una via più leggera, ma meno incisiva.
Étoile: valutazione e conclusione
In definitiva, Étoile è una serie che si muove tra luce e ombra, tra ambizione e incertezza. Nonostante il talento del cast e l’indubbia ricchezza della messa in scena, la narrazione si arena spesso su scelte poco coraggiose o su dialoghi troppo compiaciuti. È come un grande assolo danzato con tecnica impeccabile ma senza quell’anima che lo renderebbe davvero indimenticabile.
Amy Sherman-Palladino osa cambiare registro e contesto, e questo coraggio va riconosciuto. Tuttavia, il balletto richiede un diverso tipo di ascolto, una capacità di narrare con il corpo, con i silenzi, con gli sguardi. Étoile, purtroppo, resta imbrigliata nella parola, incapace di lasciarsi davvero trasportare dal movimento. Il risultato è una serie affascinante a tratti, ma troppo distante per lasciare un segno profondo.