2001: Odissea nello spazio – significato e spiegazione del film di Stanley Kubrick
Qual è il significato di 2001: Odissea nello spazio? In questo articolo cercheremo di spiegare l’opera di di Stanley Kubrick.
Siete liberi di speculare sul significato filosofico e allegorico di 2001: Odissea nello spazio. Io ho cercato di rappresentare un’esperienza visiva, che aggiri la comprensione per penetrare con il suo contenuto emotivo direttamente nell’inconscio.
Stanley Kubrick
Durante la visione di 2001: Odissea nello spazio ci sentiamo nudi, inermi, privi di punti di riferimento e al tempo stesso quasi coccolati da un’opera monumentale, che a quasi 50 anni dall’uscita continua a suscitare dibattiti e riflessioni e a ispirare nuove generazioni di registi e cinefili. Difficile, se non impossibile, trovare una chiave di interpretazione univoca e universale per un film così complesso e profondo, che fonda proprio sulla scelta di non dare risposte e spiegazioni gran parte del proprio irresistibile fascino. Cercheremo dunque di fornirvi la nostra personale interpretazione di questa inarrivabile opera di Stanley Kubrick, che prima di essere una pietra miliare della fantascienza e del cinema tutto è un’esperienza sensoriale che ogni spettatore deve godersi nel modo più intimo e personale, assaporando la bellezza e la magia di ogni singolo fotogramma.
2001: Odissea nello spazio – La genesi di un capolavoro
Doveroso aprire questa nostra riflessione su 2001: Odissea nello spazio con qualche parola sulla particolare genesi del progetto. Dopo il successo di Il dottor Stranamore – Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba e in piena corsa allo spazio fra USA e Unione Sovietica, Stanley Kubrick sentiva il bisogno di cimentarsi con un film di fantascienza che riuscisse a parlare contemporaneamente del passato, del presente e del futuro dell’umanità, ponendo interrogativi e riflessioni sulla vita al di fuori della Terra. Il cineasta americano si rivolge così a un formidabile scrittore di fantascienza come Arthur C. Clarke per trovare un soggetto adatto al suo ambizioso progetto. Dopo diverse conversazioni, i due trovano un’idea comune per quello che diventerà 2001: Odissea nello spazio e che verrà portato avanti parallelamente in pellicola e su carta.
Film e romanzo di 2001: Odissea nello spazio sono due facce della stessa medaglia. Dove la pellicola sintetizza, suggerisce e suggestiona, il libro sviscera, dichiara e razionalizza alcuni dei tanti misteri del film. La lettura del romanzo di Clarke è quindi un passo necessario per cercare di avvicinarsi al cuore del viaggio di Kubrick, mentre la visione del film integra uno straordinario racconto fantascientifico con un maestoso impianto visivo e sonoro e con il tocco magico di uno dei più grandi cineasti di tutti i tempi.
Passiamo ora a esaminare nel dettaglio le 4 parti che compongono il film.
L’alba dell’uomo
Dopo tre minuti di nero e i successivi folgoranti titoli di testa, Stanley Kubrick ci trasporta agli albori dell’umanità, presentandoci la vita quotidiana di un gruppo di ominidi. L’esistenza di questi esseri primitivi viene sconvolta dalla prima apparizione di quello che probabilmente è il più grande enigma del film: un inquietante monolito nero che si staglia apparentemente senza motivo sul terreno. Dopo questa misteriosa comparsa, il corso della storia dell’umanità cambia per sempre. Alcuni ominidi cominciano infatti a utilizzare le ossa di animali morti come un primitivo oggetto contundente, che porta al gruppo significativi vantaggi durante la caccia ma anche un’arma con cui i membri possono lottare e uccidersi a vicenda per la supremazia.
Nello stesso della sua nascita, la civiltà umana comincia ad autodistruggersi, mettendo al centro del suo percorso evolutivo la violenza e la prevaricazione del prossimo. Stanley Kubrick compie a questo punto uno dei salti temporali più audaci e spettacolari della storia del cinema, trasfigurando un osso scagliato in aria in una navicella che viaggia nello spazio milioni di anni dopo, che introdurrà la seconda parte della pellicola. Il monolito nero ha così accompagnato, condizionato e sorvegliato per la prima volta il cammino dell’umanità.
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La seconda parte di 2001: Odissea nello spazio ci mostra il livello di progresso raggiunto dall’umanità nel futuro 1999: le persone si muovono nello Spazio in maniera relativamente comoda, sopperendo in maniera accettabile alle limitazioni dovute all’assenza di gravità e di ossigeno, che il regista rende con una cura certosina. Kubrick mette in scena un’altra gemma registica, accompagnando i movimenti lenti e circolari delle astronavi con i valzer di Strauss e componendo così una sorta di danza spaziale che non ha eguali nella storia del cinema. Straordinaria la scelta da parte del regista di realizzare queste astronavi con una forma che ricorda quella degli spermatozoi, creando così un parallelismo fra la procreazione degli esseri umani e la progressiva colonizzazione spaziale.
L’assenza di dialoghi, indigesta a molti, termina dopo 25 minuti. Facciamo così la conoscenza del presidente del Comitato Nazionale per l’Astronautica Heywood R. Floyd, che si deve recare su una base lunare dove è stato rinvenuto un monolito nero del tutto simile a quello che abbiamo già visto in precedenza, con cui condivide anche la datazione storica. Dall’enigmatico oggetto scaturisce un forte segnale radio che punta dritto verso Giove. Un monolito nero ha così nuovamente indicato al genere umano il pianeta nel quale dovrà affrontare il suo prossimo salto evolutivo.
Missione Giove
La terza parte si svolge diciotto mesi dopo quella precedente, ovvero nel 2001 che dà il titolo al film. Conosciamo qui l’equipaggio dell’astronave Discovery One, composto da tre astronauti in ibernazione, due pienamente operativi (David Bowman e Frank Poole) e l’ultimo ritrovato in fatto di intelligenza artificiale HAL 900, un calcolatore delegato a gestire la missione scientifica e a fornire supporto tecnico e logistico agli esseri umani. L’elaboratore è l’indiscusso protagonista di questa frazione della pellicola: creato volutamente con modi di fare e toni della voce del tutto simili a quelli delle persone, ma condizionato dalla rigidità delle macchine e dalla superbia dei suoi creatori, incapaci di ammettere possibilità di errore.
A differenza dei membri dell’equipaggio, HAL 9000 è a conoscenza del reale scopo della missione, ovvero recarsi su Giove e indagare sull’origine del monolito e sulla possibile presenza di creature extraterrestri. Il conflitto fra uomini e macchine deflagra dopo la segnalazione da parte dell’elaboratore di un’avaria a bordo, che si rivela inesatta e mina alla radice la presunta incapacità di sbagliare di HAL. Bowman e Poole perdono progressivamente fiducia nel calcolatore e cominciano a pianificare una sua disattivazione. Pur essendo una semplice macchina, HAL 9000 è guidato dallo stesso istinto di conservazione degli umani, che lo porta a uccidere Poole e i tre astronauti ibernati, mancando per poco la soppressione di Bowman.
In quella che è la scena più straziante di 2001: Odissea nello spazio, HAL 9000 viene disattivato da Bowman e perde progressivamente le proprie capacità, terminando la sua esistenza virtuale con l’esecuzione di una frivola canzone, strozzata come lo sarebbe quella di una persona morente. Bowman apprende così il vero scopo della missione e si prepara all’arrivo su Giove.
Giove e oltre l’infinito
Nell’ultima strepitosa parte del film, le parole cedono il passo alle immagini e 2001: Odissea nello spazio diventa un viaggio cosmico e sensoriale, esaltato dalle immagini del celeberrimo trip. In un’orgia di colori, forme e suoni non meglio definiti, Bowman raggiunge a folle velocità Giove, nelle cui vicinanze è visibile un nuovo monolito nero. Il viaggio dell’astronauta è guidato da invisibili creature aliene, probabilmente talmente più avanzate dell’uomo da non aver bisogno di una propria manifestazione fisica, le cui azioni non possono completamente essere percepite e comprese dagli uomini. Gli extraterrestri guidano poi Bowman in una stanza dall’arredamento ottocentesco a lui familiare, dove hanno luogo gli ultimi criptici minuti della pellicola.
In questo posto, le regole a noi conosciute del tempo e dello spazio non hanno più valore. Bowman vede contemporaneamente se stesso giovane e anziano in un’ideale culla creata per lui dagli extraterrestri. Anche in un posto così ovattato e apparentemente impeccabile si annidano gli errori e le imperfezioni, simboleggiate da un bicchiere andato in frantumi dopo essere stato maldestramente fatto cadere da Bowman. L’astronauta si ritrova così morente in un letto, davanti a un nuovo monolito nero che lo guida nella sua prossima forma: un gigantesco feto cosmico, una sorta di bambino delle stelle che si avvicina alla Terra con una nuova consapevolezza.
2001: Odissea nello spazio – Interrogativi e riflessioni finali
Dirò che il concetto di Dio è al centro di 2001, ma non una tradizionale, antropomorfica immagine di Dio. Non credo in nessuna religione monoteistica della Terra, ma credo che qualcuno possa costruire un’intrigante definizione scientifica di Dio, una volta accettato il fatto che ci sono approssimativamente 100 miliardi di stelle solo nella nostra galassia, che ogni stella è un sole e che ci sono approssimativamente 100 miliardi di galassie solo nell’universo osservabile.
Dato un pianeta in un’orbita stabile, né troppo caldo né troppo freddo, e dati qualche miliardo di anni di possibilità di reazioni chimiche fra l’energia del sole e le sostanze chimiche del pianeta, è piuttosto certo che prima o poi, in una forma o in un’altra, ci sarà vita. È ragionevole ammettere che devono esserci, infatti, innumerevoli miliardi di tali pianeti dove è emersa la vita biologica, e le probabilità che tale vita abbia sviluppato un’intelligenza siano alte.
Ora, il Sole non è in alcun modo una stella vecchia, e i suoi pianeti sono bambini nell’età cosmica, quindi sembra probabile che ci siano miliardi di pianeti nell’universo in cui l’intelligenza è in una scala minore rispetto all’uomo, altri miliardi dove è approssimativamente uguale e altri ancora dove è centinaia di migliaia di milioni di anni avanti a noi. Quando pensi ai giganteschi passi tecnologici che un uomo ha fatto in pochi millenni — meno di un microsecondo nella cronologia dell’universo — puoi immaginare lo sviluppo evoluzionistico che hanno fatto delle forme di vita molto più vecchie? Potrebbero essere avanzate da specie biologiche, che nel migliore dei casi sono gusci fragili per la mente, in entità meccaniche immortali — poi, dopo innumerevoli eoni, potrebbero essere emerse dalle crisalidi di materia, trasformate in esseri di pura energia e spirito. Le loro potenzialità sarebbero illimitate e la loro intelligenza incomprensibile per gli umani.
Le parole di Stanley Kubrick rivelano molto sul significato di 2001: Odissea nello spazio
Quanto precisato da Kubrick nella sopra riportata intervista con Playboy ci aiuta ad addentrarci nel significato più profondo di 2001: Odissea nello spazio. Constatata l’impossibilità di rappresentare gli alieni con un sufficiente grado di verosimiglianza, il cineasta americano ha preso quella che è forse l’unica decisione possibile che rispetti il suo modo di vedere le cose: non rappresentarli affatto. Attraverso lo strategico posizionamento dei monoliti, guide e sentinelle cosmiche, degli esseri dai poteri assimilabili a quelli di un dio guidano l’uomo attraverso i confini del tempo e dello spazio, mettendolo di fronte ai propri limiti e alle proprie imperfezioni. Al termine di questa catarsi, gli extraterrestri restituiscono alla Terra e al genere umano un loro figlio purificato ed evoluto, una sorta di superuomo nietzschiano che avrà presumibilmente un ruolo attivo nel prossimo futuro del pianeta.
Sotto quest’ottica, gli interrogativi sulla funzione dei monoliti e sul posizionamento di essi sono chiariti, mentre rimane irrisolto il dilemma su quale siano le intenzioni degli alieni e del cosiddetto bambino delle stelle. Da un lato, il feto che si avvicina alla Terra nel finale del film sembra decisamente minaccioso, mentre dall’altro il seguito scritto da Clarke 2010: Odissea due (da cui è stato tratto l’ottimo sequel cinematografico 2010 – L’anno del contatto) propone una soluzione decisamente più ottimista, con un Bowman evolutosi a intelligenza superiore che guida il genere umano verso un’evoluzione più pacifica e aperta al resto dell’universo.
2001: Odissea nello spazio ci lascia così tante riflessioni e qualche dubbio, ma anche la certezza di trovarci di fronte a una delle opere più ambiziose e visionarie mai viste sul grande schermo.