LFFEC17 – Quando un padre: recensione del film con Gerard Butler e Willem Dafoe
Quando un padre, il film con protagonista Gerard Butler, si pone a metà fra cinismo del mondo del lavoro e forzato melò familiare.
Quando un padre è un film del 2016 di Mark Williams, al suo esordio alla regia. Il cast è composto da attori di primo piano come Gerard Butler, Willem Dafoe, Alfred Molina, Alison Brie e Gretchen Mol. Dopo la prima mondiale al Toronto International Film Festival, la pellicola è stata presentata in anteprima europea nel corso del Lucca Film Festival e Europa Cinema 2017.
Dane Jensen (Gerard Butler) è un padre di famiglia maniacalmente dedito al suo lavoro di cacciatore di teste (la selezione di risorse umane su specifiche commissioni delle aziende), che gli porta via gran parte del proprio tempo, sottraendolo a moglie (Gretchen Mol) e figli. Nel momento in cui il boss dell’azienda Ed Blackridge (Willem Dafoe) annuncia il suo prossimo pensionamento, scatta una gara all’ultima commissione fra Dane e la collega Lynn Vogel (Alison Brie) per prenderne l’ambito posto. Le cose per Dane si complicano quando il figlioletto Ryan si ammala gravemente. Il protagonista dovrà infatti mettere da parte la sua proverbiale devozione al lavoro per concentrarsi sulla sua difficile situazione familiare e recuperare il tempo perduto.
Quando un padre: Gerard Butler fra cinismo del mondo del lavoro e forzato melò familiare
Quando un padre è una pellicola che suscita reazioni contrastanti e fortemente contraddittorie, che gode di ottime performance in ambito attoriale ma è indebolita da grossi limiti in fase di sceneggiatura. L’opera prima di Mark Williams ruota principalmente su archetipi ed escamotage narrativi già ampiamente abusati, dal padre di famiglia workaholic al suo controverso rapporto con il figlio, passando per le altrettanto scontate figure della madre devota alla famiglia e della vecchia volpe che ricopre al tempo stesso il ruolo di autoritario boss aziendale e quello di mentore del protagonista nella sua ascesa lavorativa. La sceneggiatura di Bill Dubuque prende poi una piega inaspettatamente drammatica nella seconda parte di Quando un padre, cercando in modo ricattatorio e artificioso la lacrima facile, e sfiorando in alcuni passaggi la soglia del ridicolo involontario per come vengono maldestramente sdrammatizzate le sequenze più tristi e dolorose.
Gli spunti potenzialmente interessanti di Quando un padre, come la riflessione sull’ambiguo ruolo del cacciatore di teste, costretto a prendere decisioni che diano contemporaneamente beneficio all’azienda in cerca di personale, al disoccupato e a se stesso, vengono così smorzati da uno script ingenuo e sbrigativo, che manipola la storia a uso e consumo delle reazioni che va cercando nello spettatore, navigando a vista in perenne bilico fra il melò familiare e la rappresentazione della parte più cinica e malsana del mondo del lavoro statunitense. Nonostante la regia scolastica di Mark Williams, le mediocri musiche di Mark Isham e qualche lungaggine finale di troppo, Quando un padre riesce comunque a suscitare le lacrime e le emozioni cercate per buona parte del film, riuscendo anche a sviscerare degnamente la precarietà e le incertezze del mondo del lavoro a stelle e strisce, privo delle comunque calanti tutele che caratterizzano quello nostrano.
Ottimi interpreti tengono in piedi tengono in piedi una storia lacrimevole e mal gestita
A tenere a galla Quando un padre sono l’ottima prova di Willem Dafoe, sempre a suo agio nel rendere, anche con pochi minuti a disposizione, i lati più oscuri e inquietanti e al tempo stesso quelli più umani dei propri personaggi, e la sorprendente performance di Gerard Butler, che riesce per una volta a scrollarsi di dosso l’immagine da duro in favore della rappresentazione, scontata ma efficace, del progressivo riavvicinamento agli affetti familiari di un uomo ossessionato dal lavoro e dalla competizione da esso scaturita. La lodevole prova del comparto attoriale è completata dalle ragguardevoli prestazioni di Gretchen Mol e Alfred Molina, abili a fare da contrappunto morale e sentimentale al protagonista, mentre a non brillare è la comunque promettente star di Community Alison Brie, stretta in un ruolo poco approfondito e di scarso spessore.
Troppo poco per rendere Quando un padre un buon film, ma abbastanza per evitare di farlo scadere nella mediocrità e nella melensaggine tipiche dei più dozzinali prodotti televisivi.
Quando un padre è prima di tutto un’occasione persa per scavare a fondo sul controverso e incongruente mondo del lavoro americano, a sua volta indicatore delle fragilità e delle incertezze che si celano dietro alla patina di superpotenza e di trainante dell’economia mondiale. Fra le pieghe di una storia lacrimevole e mal gestita, emerge però un toccante rapporto fra padre e figlio, che, miscelato a emozioni e sentimenti di facile presa sul pubblico, rende Quando un padre una potenziale sorpresa al box office dei prossimi mesi.
Quando un padre arriverà in sala il 24 maggio, distribuito da Eagle Pictures.