Cannes 2017 – Oltre la Notte (In the Fade): recensione del film di Fatih Akin

Diane Kruger è la straordinaria protagonista di un dramma diretto e risoluto, che parla di terrorismo, (in)giustizia e le indesiderabili conseguenze della disperazione.

Oltre la Notte (In the Fade) – titolo originale Aus Dev Nichts – giunge a Cannes 2017 quasi alla fine del concorso, quando si pensa di essersi ormai fatti un’idea di chi potrebbe vincere cosa. E invece il film di Fatih Akin rimette tutto in gioco, facendo sì che a raccontare una storia di amore e vendetta (vista come unica giustizia possibile) sia una Diane Kruger completamente immersa in un personaggio duro e difficile, che lei rende in modo splendidamente misurato e intenso.

In the Fade è la storia di Katja, Nuri e il piccolo Rocco, una famiglia di Amburgo composta da madre tedesca e padre curdo, perfettamente integrati nel tessuto sociale della Germania. Nuri ha avuto problemi con la legge, in passato ma ora ha trovato una professione rispettabile.

In the fade

Un giorno Katja porta il piccolo Rocco in ufficio dal padre, per concedersi qualche ora di svago in un Hammam insieme alla sorella Birgit, incinta del suo primo figlio. Ma quando la donna torna a prenderli per tornare insieme a casa la scena che le si prospetta davanti è apocalittica: una bomba ha provocato l’esplosione dell’edificio, provocando la morte di un uomo e un bambino, che dopo una necessaria prova del DNA, si rivelano essere proprio Nuri e Rocco, ormai ridotti in brandelli di carne e ossa.

Katja si chiude in un lutto sordo, trovando la forza di sopravvivere solo per veder fatta giustizia e veder condannata la coppia neo-nazista responsabile della tragedia. Ma nonostante il sostegno dell’avvocato amico di famiglia Danilo (Denis Moschitto) e la testimonianza riportata, il processo si rivelerà un’ insostenibile gara a chi sa giocare meglio con le parole, manipolando i fatti fino a far sì che una verità quasi ovvia si trasformi in una possibilità priva di certezza.

Oltre la Notte (In the Fade): il perfetto equilibrio tra scrittura e messa in scena

In the fade

In the Fade parte con l’intenzione di sviluppare un tema preciso e lo fa egregiamente. Il desiderio di vendetta di Katja nasce dall’impossibilità di ricevere giustizia, ma Fatih Akin decide di non puntare il dito tanto sulla fallimentarietà delle istituzioni quanto su quell’insopportabile senso di impotenza che nasce al cospetto di un’umanità non degna di essere definita tale. Katja ha perso tutto, e il danno incommensurabile che la sua vita ha subito non può essere sintetizzato da nessuna perizia o arringa, in un contesto in cui l’assenza di sufficienti prove implica l’impossibilità di condannare anche chi ritenuto ragionevolmente colpevole.

L’unica via resta quindi quella di una giustizia privata che – per quanto disperata – riesca a porre fine ad un tormento ingiusto e inaccettabile. Una scelta ragionata in cui non ci può essere spazio per altra vigliaccheria o coinvolgimento di innocenti.

La regia di Akin segue con rispetto e discrezione l’Odissea privata di questa madre e moglie,  con estrema attenzione a non santificare nessuno, semplicemente mostrando il percorso personale di una donna che non può darsi pace e sottolineandolo per mezzo di una regia asciutta e diretta, in cui pochi e selezionati elementi simbolici ed evocativi aprono piccole brecce attraverso cui far defluire un’emotività che per tutto il film resta trattenuta, sospesa in attesa dell’epilogo.

In the fade

Un finale che non può e non deve esser frainteso, capace di sintetizzare – anche attraverso gli indizi che lo anticipano – gli effetti del completo esaurimento della speranza, il sentimento che prima di qualunque altro permette agli esseri umani di vivere e lasciar vivere e che non dovrebbe mai poter essere negato.

Regia - 4.5
Sceneggiatura - 4.5
Fotografia - 4
Recitazione - 4.5
Sonoro - 4
Emozione - 4

4.3