The Habit of Beauty: recensione del film di Mirko Pincelli con Francesca Neri
In "The Habit of Beauty" di Mirko Pincelli ascesa e discesa, città e natura si mescolano e sviluppano un film delicato e potente allo stesso tempo.
The Habit of Beauty è il film di Mirko Pincellli che arriverà il 22 Giugno nelle sale cinematografiche italiane. Il film segna il debutto del regista nel mondo dei lungometraggi con un prodotto delicato e potente. The Habit of Beauty racconta la storia di Elena, una gallerista, ed Ernesto, fotografo di successo, che, un tempo coppia innamorata, si separano dopo la perdita del loro unico figlio. Dopo la tragedia i due si aggrappano alla vita, conducendo esistenze separate e rimanendo costantemente legati al loro dolore.
Il terzo polo attorno a cui il film ruota è Ian, un ragazzo che Ernesto conosce in carcere, dove tiene un corso di fotografia. Il fotografo affermato riconosce il potenziale del ragazzo e, alla sua uscita di prigione decide di aiutarlo offrendogli un lavoro.
The Habit of Beauty, diretto da Mirko Pincelli, sarà in sala a partire dal 22 Giugno 2017
Il film costruito da Pincelli è un film maturo, senza eccessi, fatto di contrasti che risultano in costante equilibrio fra di loro. La povertà e la confusione delle periferie londinesi si confrontano con la natura pacifica del Trentino Alto-Adige. Le atmosfere sentimentalmente claustrofobiche dei quartieri poveri di Londra fanno da contrappeso alle inquadrature glaciali delle piscine e delle case della Londra più benestante. Il basso e l’alto si congiungono grazie ai movimenti lenti della cinepresa.
Dopotutto The Habit of Beauty è proprio questo: la storia di tre ascese, di tre scalate verso una nuova chance offerta dalla vita ai tre protagonisti. La fotografia è l’elemento salvifico che fa da fil rouge tra le possibilità di riscatto dei tre protagonisti. È la macchina fotografica che infatti permette di rimettere a fuoco la vita, di rivalutarla, di osservarla da punti di vista inaspettati che hanno il potere di rimettere tutto in discussione.
La fotografia, fil rouge che attraversa la trama del film, permette di mettere a fuoco, di vedere meglio la vita, di rimetterla in discussione
Il tre protagonisti di The Habit of Beauty completano egregiamente il lavoro del regista. Vincenzo Amato, Francesca Neri e Nico Mirallegro sono pezzi che si incastrano alla perfezione nel puzzle di questo film. Nelle loro performance, la recitazione non è mai sopra le righe. Le reazioni sono sommesse, represse e creano un velo sotto il quale giacciono le emozioni dei personaggi. Lo spettatore, attraverso questa tensione superficiale riesce ad intuire l’enormità del dolore senza mai vederlo direttamente. Mirko Pincelli riesce a lasciare il segno senza ricorrere ad eccessi stilistici o di sceneggiatura. Al contrario, le parole che si scambiano i protagonisti sono ben dosate, il non detto è il principale protagonista dei dialoghi, i quali soltanto in alcune scene si distendono e diventano più aperti. Attimi brevissimi di chiarore che fanno intuire la possibilità di una speranza.
The Habit of Beauty più che raccontare una storia, documenta una parte della vita di tre persone, quella parte in cui le loro storie si intrecciano. Esattamente come fa la fotografia, personaggio latente dell’intera opera, il film di Pincelli ci presenta dei fotogrammi del passato e del presente dei suoi personaggi, le cui storie non vengono mai giudicate. Luci e ombre scolpiscono l’anima di un film che non offre nessuna risposta all’osservatore. Gli avvenimenti rappresentati non fanno che da spunto per farsi qualche domanda. Ad aprire e chiudere la storia è silenzio terso della montagna. A parlare restano gli occhi, le architetture, gli scatti di una macchina fotografica.