Fino all’osso (To the Bone): recensione del film Netflix con Lily Collins e Keanu Reeves
Un dramma raccontato in punta di piedi, fedele nel riportare il modo in cui la malattia viene vissuta ma troppo sbrigativo nelle conclusioni
Fino all’osso (To the Bone) è il film originale Netflix scritto e diretto da Marti Noxon, al suo esordio in una regia cinematografica. La pellicola affronta il complesso tema dell’anoressia dalla prospettiva di una ragazza di vent’anni, Ellen (Lily Collins), ad uno stadio molto avanzato della malattia ma non ancora sufficientemente motivata ad affrontarla.
Ellen – dopo essere stata esclusa da varie cliniche a causa del suo comportamento ribelle e poco collaborativo – si lascia convincere dall’amorevole matrigna e dall’affezionata sorellastra a tentare un approccio diverso, presso una casa famiglia gestita dal Dr. William Beckham (Keanu Reeves). Un luogo in cui – per la prima volta – la ragazza non viene indirizzata forzatamente verso la guarigione ma lasciata libera di trovare il suo percorso e accettare se stessa attraverso il rapporto con gli altri ragazzi. Inizialmente tale approccio sembra non funzionare, dato l’ardente bisogno di Ellen di essere rassicurata ed indirizzata, ma lentamente la ragazza scopre il valore dell’instaurarsi di relazioni autentiche (in particolare con l’ex ballerino Luke) nell’affrontare qualunque sfida che la vita può riservare.
Fino all’osso: toccare il fondo per poter finalmente risalire
Fino all’osso racconta il dramma dell’anoressia rimanendo molto fedele sia alle manifestazioni cliniche della malattia sia alle dinamiche psicologiche di chi ne è affetto. Alla base del disturbo, la quasi ricorrente presenza di una famiglia disfunzionale che – nel caso della protagonista del film – vede la totale assenza della figura paterna e l’inefficienza di quella materna, con una madre lesbica che ha deciso di allontanarsi dalla figlia per il carico eccessivo che la sua malattia le imponeva.
Lily Collins, armata di sguardo profondo ed acuto, sostiene il suo ruolo con misurata intensità, appoggiata dalla complicità con il personaggio di Luke, interpretato da Alex Sharp. Ma l’accuratezza dei dati scientifici ed il talento degli attori non bastano a rendere la pellicola perfettamente compiuta, a causa di lacune nella sceneggiatura che non permettono né di comprendere a fondo le implicazioni psicodinamiche della malattia né di calarsi in profondità nelle relazioni tra i personaggi. Il risultato è un dramma significativo, sapientemente smorzato con l’ironia di molte battute (a tratti però forzate) ma eccessivamente appesantito da una scrittura che lascia poco spazio all’azione, limitandosi a suggerire l’introspezione, riducendo la complessità dell’origine dei disturbi alimentari a generiche carenze di affetto e attenzione.
Fino all’osso appare quindi come un film statico, a tratti sospeso, che mortifica il coinvolgimento dello spettatore cercando di catturarlo di colpo in alcune scene, soprattutto in un finale sbrigativo e ostentatamente simbolico. Una pellicola dalle ottime premesse ed intenzioni, che sembra tuttavia non riuscire a calare adeguatamente le carte che aveva preparato, risultando a tratti povera nella messa in atto dell’idea di partenza.
Nonostante le polemiche sollevate dall’ipotetica inopportunità di mostrare in un film per la televisione determinate caratteristiche esplicite del disturbo mentale (come già accaduto per Tredici) ciò che resta tuttavia ammirevole e che rende Fino all’osso un film che val la pena di esser visto è l’intenzione di raccontare un problema diffuso quanto ancora spesso sottovalutato dalla prospettiva interna di una ragazza affetta, mostrando come parlare del cibo in sé e delle conseguenze della sua carenza non sia quasi mai il mezzo giusto per relazionarsi alle persone affette, dominate da una mania di controllo dalla quale non sanno liberarsi, se non dopo aver attraversato un complesso percorso personale alla ricerca di un modo per accettare l’incertezza e l’imperfezione della vita.
Fino all’osso è disponibile su Netflix dal 14 luglio 2017; nel cast anche Carrie Preston, Lili Taylor, Ciara Bravo, Liana Liberato, Alanna Ubach, Brooke Smith e Kathryn Prescott.