Venezia 74 – La voce di Fantozzi: recensione del film di Mario Sesti
A poche settimane dalla morte di Paolo Villaggio, a Venezia 74 arriva la presentazione di La voce di Fantozzi, documentario di Mario Sesti che attraverso interviste, scene girate ex novo e contributi dello stesso defunto attore ripercorre la storia del celeberrimo personaggio di Fantozzi e analizza la controversa personalità del suo interprete.
La voce di Fantozzi: l’appassionato omaggio a una delle più grandi maschere del cinema italiano
Attraverso 78 appassionanti minuti, La voce di Fantozzi approfondisce l’importanza sociale e culturale del personaggio nato dalla penna di Paolo Villaggio e poi portato straordinariamente al cinema da lui stesso qualche anno dopo, sviscerando il processo di genesi di questa indimenticabile maschera del cinema italiano e la sua trasformazione con il trascorrere del tempo e dei vari episodi a lui dedicati. Sullo schermo si alternano i volti di artisti, intellettuali e giornalisti come Roberto Benigni, Dario Fo, Lino Banfi, Michele Mirabella, Rosario Fiorello, Renzo Arbore, Christian Raimo e Marco Travaglio, che con i loro contributi aiutano a comprendere e analizzare l’indelebile contributo portato al cinema e alla società da Fantozzi e dal suo autore.
Il quadro dipinto da La voce di Fantozzi è quello di un uomo profondamente calato nella realtà, ma al tempo stesso anche cinicamente distaccato da essa, in grado di sottolineare i vizi e le contraddizioni della nostra società con una risata fragorosa, ma non priva di un velo di amarezza e malinconia. A convincere maggiormente sono proprio gli interventi di altri due maestri della risata nostrana come Roberto Benigni e Lino Banfi, che in modi e stili diversi riescono a delineare sia la cifra artistica di un personaggio troppo spesso sdoganato a sproposito come cinema rozzo e di bassa lega, sia i pregi, i difetti e i vizi dell’uomo, tanto affascinante quanto difficilmente gestibile nella vita reale.
La voce di Fantozzi mette in risalto il potere salvifico e liberatorio delle disavventure umane e lavorative del Ragionier Fantozzi
La voce di Fantozzi racconta con lucida passione l’impatto sociale apportato da un personaggio grottesco nella sua goffaggine, abietto per il suo servilismo e la sua arrendevolezza sul posto di lavoro e spesso sgradevole sul piano umano, ma per il quale, nonostante tutto e tutti è impossibile non parteggiare, forse proprio perché mette in scena noi stessi e la realtà che ci circonda più di quanto siamo disposti ad ammettere. Le parole delle tante autorevoli personalità intervistate nel corso della pellicola conferiscono a Fantozzi e al suo cinico e disincanto umorismo il giusto tributo, mettendo in risalto il potere salvifico e liberatorio delle sue (dis)avventure umane e lavorative.
È proprio la voce dello stesso Villaggio, ormai anziano, stanco e ancora più disilluso del solito, a calare un ulteriore velo di malinconia sul lascito del suo personaggio, sottolineando come molte sue gag ricorrenti, come gli errori sui congiuntivi, siano ormai diventate un fenomeno fortemente radicato, per cui non si riesce neanche più a divertirsi o stupirsi.
Da profondo conoscitore e studioso di cinema, Mario Sesti concede giustamente il palcoscenico anche ad addetti ai lavori fondamentali per il successo di Fantozzi come il regista di diversi episodi Neri Parenti, la controfigura Clemente Ukmar e Luciano Salce (rappresentato dal figlio Emanuele), che forniscono un punto di vista alternativo da dietro le quinte dell’uomo e dell’artista Paolo Villaggio. Difficile poi non provare un misto di commozione e divertito davanti agli sgangherati ma emozionati omaggi di Milena Vukotic, Paolo Paoloni, e Piero Villaggio, che riprendono brevemente i loro storici ruoli del Mega Direttore Galattico, Pina Fantozzi e l’hooligan di Fantozzi alla riscossa per un ultimo grande saluto a un pezzo di storia della commedia italiana.
La voce di Fantozzi riesce a dipingere un coinvolgente ossequio a una delle più celebri maschere del cinema nostrano, impreziosito dalle profonde testimonianze di alcuni dei più grandi artisti degli ultimi decenni e dall’ultima performance su schermo dello scomparso Paolo Villaggio. Vederlo recitare per l’ultima volta truccato con la struggente maschera di Pierrot non fa che accrescere il rimpianto per aver perso troppo presto un artista scomodo e incontenibile, che siamo sicuri sarebbe stato il primo a sbeffeggiare e a burlarsi di questo toccante omaggio.