Buon compleanno Bill Murray: biografia e film di un asso della commedia
Celebriamo oggi i 67 anni del grande Bill Murray con un viaggio nella sua carriera e nelle sue più riuscite interpretazioni.
Negli ultimi decenni si sono susseguiti tanti ottimi attori comici, capaci di intrattenere e appassionare il pubblico per molti anni, ma pochissimi hanno avuto la continuità e la poliedricità di Bill Murray, sulla cresta dell’onda da 40 anni e ben lontano dal declino nonostante compia proprio oggi (21 settembre) 67 anni. Acchiappafantasmi, prigioniero del tempo, oceanografo, tenero innamorato, impenitente vizioso: Bill Murray ha saputo sfruttare ogni situazione e ogni occasione non solo per fare divertire, ma anche per mostrare i vizi e le contraddizioni dell’animo umano, con un sottile ma sempre percepibile, velo di malinconia a fare da collante alle sue memorabili performance. Noi di Cinematographe abbiamo deciso di omaggiare questo fenomenale attore con un excursus nella sua carriera e nelle sue più riuscite interpretazioni.
Bill Murray: la sua carriera attraverso i film che l’hanno reso un mito
Gli inizi e il successo di Bill Murray con Ghostbusters – Acchiappafantasmi
Cresciuto in una umile famiglia di origini irlandesi nell’Illinois, fin da giovanissimo Bill Murray alterna modesti lavoretti alle prime esperienze nel mondo dello spettacolo. Il salto di qualità per lui arriva con l’approdo al programma radiofonico newyorkese The National Lampoon Radio Hour, una sorta di spin-off del National Lampoon magazine e fondamentale fucina per comici come John Belushi, Chevy Chase e Harold Ramis. Dopo il successo in radio, arriva anche quello televisivo, con lo storico Saturday Night Live che lo sceglie come uno dei comici di punta di uno dei più fortunati periodi dello show.
Con un simile trampolino di lancio, non tarda ad arrivare la chiamata di Hollywood per un piccolissimo ruolo non accreditato in Stop a Greenwich Village (1976). In un susseguirsi di ruoli sempre più importanti in pellicole progressivamente più prestigiose, Bill Murray prende parte a gradevoli commedie come Polpette (1979) e Stripes – Un plotone di svitati (1981) di Ivan Reitman, Palla da golf (1980) dell’amico Harold Ramis e nella pietra miliare di Sydney Pollack Tootsie, in cui non sfigura accanto a un monumentale Dustin Hoffman.
Con la complicità della tragica scomparsa di John Belushi, ingaggiato in un primo momento per il progetto, nel 1984 arriva per Bill Murray l’occasione per la svolta della sua carriera, rappresentata dall’indimenticabile Ghostbusters – Acchiappafantasmi, diretto da Ivan Reitman. Il film sbanca letteralmente i botteghini di tutto il mondo, raccogliendo un totale di quasi 300 milioni di dollari dell’epoca, mentre Murray con il ruolo del simpatico guascone Peter Venkman entra definitivamente nel cuore del grande pubblico.
S.O.S. fantasmi (Richard Donner, 1988)
Dopo gli scarsi successi commerciali di Niente dura per sempre (1984) e del dramma bellico Il filo del rasoio (1984) e la partecipazione a La piccola bottega degli orrori (1986), Bill Murray torna nuovamente sulla cresta dell’onda con il riuscito S.O.S. fantasmi (1988) di Richard Donner, brillante rilettura in chiave comica e moderna dell’immortale Canto di Natale di Charles Dickens, che conquista 60 milioni di dollari di incasso nei soli Stati Uniti e una meritata nomination all’Oscar per il miglior trucco.
Ricomincio da capo (Harold Ramis, 1993)
Bill Murray è ormai un sinonimo di commedia di successo, e con la fama si susseguono anche le partecipazioni dell’attore a pellicole come il seguito del suo primo grande successo Ghostbusters II (1989), Scappiamo col malloppo (1990) e Tutte le manie di Bob (1991). Per scavare nuovamente un solco nel cuore del grande pubblico ci vogliono però l’amico Harold Ramis e un pizzico di tristezza e disperazione, che convergono nel cult Ricomincio da capo (1993). Bill Murray rende universalmente conosciuta la festa popolare chiamata Giorno della marmotta, che il protagonista del film è condannato a rivivere continuamente in quello che appare come un loop senza possibilità d’uscita. Una pellicola tanto intima quanto surreale, tanto divertente quanto sconsolata, accompagnata nell’Olimpo del cinema dalla vena tragicomica di Murray, qui ai suoi massimi livelli.
Rushmore (Wes Anderson, 1998)
Dopo le apprezzabili partecipazioni in ruoli di secondo piano a pellicole importanti come Lo sbirro, il boss e la bionda (1993), Ed Wood (1994) e Space Jam (1996) e la parte da protagonista del discreto L’uomo che sapeva troppo poco (1997), Bill Murray trova in Rushmore (1998) l’occasione perfetta per fare emergere la propria abilità nel tratteggiare personaggi complessi e non banali, dando inoltre vita al sodalizio artistico con il grande Wes Anderson. Nel ruolo del magnate depresso e solo Herman Blume e nel suo controverso rapporto con il giovane protagonista Max Fischer (Jason Schwartzman), Murray trova terreno fertile per la sua inimitabile espressività, sempre in bilico fra rassegnata tristezza e una timida ma incrollabile vitalità.
I Tenenbaum (Wes Anderson, 2001)
Dopo le divertite partecipazioni a Charlie’s Angels (2000) e Osmosis Jones (2001), Bill Murray si accontenta nuovamente di un ruolo di secondo piano, ma comunque importante, in un film di Wes Anderson, ovvero I Tenenbaum (2001). Nel ruolo del pedante studioso Raleigh St. Clair, coinvolto in un infelice e insoddisfacente matrimonio con la Margot Tenenbaum di Gwyneth Paltrow, il nostro si distingue nell’interpretazione di un personaggio stralunato, distaccato e contraddittorio, che trova la sua perfetta collocazione nella disfunzionale e stravagante famiglia messa in scena nel film.
La rinascita di Bill Murray: Lost in Translation – L’amore tradotto (Sofia Coppola, 2003)
Ormai passati i 50 e con una carriera apparentemente avviata verso un lento ma inesorabile declino, Bill Murray sorprende tutti e risorge in Lost in Translation – L’amore tradotto (2003) di Sofia Coppola, dando vita insieme a una giovanissima Scarlett Johansson a una delle più struggenti, toccanti e malinconiche storie d’amore viste al cinema negli ultimi anni. Una storia senza tempo e senza spazio, fatta di sensazioni e sguardi, di silenzi ed emozioni, a cui Murray trasmette un’impareggiabile delicatezza e una naturale sensibilità, conquistando meritatamente il suo primo Golden Globe e la sua prima nomination all’Oscar.
Le avventure acquatiche di Steve Zissou (Wes Anderson, 2004)
Il 2004 vede Bill Murray ricreare l’ormai affiatata coppia con Wes Anderson per Le avventure acquatiche di Steve Zissou, in cui il nostro fa al tempo stesso ossequio e parodia del celebre esploratore subacqueo Jacques Cousteau, scomparso pochi anni prima dell’uscita del film. In quella che comincia come un’allegra avventura marina e con il passare dei minuti diventa una profonda metafora esistenziale, Murray centra una nuova superba interpretazione, riuscendo a dipingere con il suo volto sia la dolorosa ricerca interiore del protagonista sia la sua imperterrita fiducia nella natura e nella vita.
Broken Flowers (Jim Jarmusch, 2005)
A completare un fenomenale trittico in tre anni consecutivi per Bill Murray è nel 2005 Broken Flowers di Jim Jarmusch, meritevole del Grand Prix Speciale della Giuria del Festival di Cannes. Una commedia dulcamara e disincantata, un road movie atipico e nostalgico, in cui la solitudine e i silenzi diventano per il nostro il mezzo espressivo della ricerca di se stesso del protagonista, perso fra ciò che è stato, ciò che avrebbe potuto essere e la pallida e appassita ombra di un Don Giovanni che è attualmente. Un film delicato e struggente, che con il tocco di uno strepitoso cineasta come Jim Jarmusch riesce a mostrare il vuoto, a fare comprendere l’impenetrabile e a fare parlare i silenzi.
Bill Murray interpreta se stesso: Benvenuti a Zombieland (Ruben Fleischer, 2009)
Dopo le alterne fortune in pellicole come Il treno per il Darjeeling (2007) di Wes Anderson, Agente Smart – Casino totale (2008) di Peter Segal, The Limits of Control (2009) di Jim Jarmusch e Get Low (2009) di Aaron Schneider, capitalizza il suo status di icona della cultura pop nello strepitoso Benvenuti a Zombieland (2009) di Ruben Fleischer, in cui il nostro interpreta una versione fortemente autoironica di se stesso durante un’apocalisse zombie. Un’apparizione breve ma particolarmente azzeccata, che ha contribuito al successo della pellicola e alla conseguente esplosione delle carriere dei giovani protagonisti Jesse Eisenberg ed Emma Stone.
St. Vincent (Theodore Melfi, 2014)
Dopo tre immancabili partecipazioni a film di Wes Anderson (Fantastic Mr. Fox, Moonrise Kingdom – Una fuga d’amore e Grand Budapest Hotel), il ruolo da protagonista in A Royal Weekend (2012) e il ruolo di secondo piano in Monuments Men (2014) di George Clooney, Bill Murray trova in St. Vincent dell’esordiente Theodore Melfi la possibilità di esprimersi in un ruolo da perfetto antieroe, a cui però il nostro dona la sua solita proverbiale umanità. In compagnia della prostituta Daka (una sorprendente Naomi Watts), della vicina Maggie (Melissa McCarthy) e del suo figlio Oliver (Jaeden Lieberher), con cui instaura un’improbabile quanto solida amicizia, lo scorbutico, misantropo e immorale Vincent scava alle radici di se stesso, compiendo un tardivo, ma riuscito, percorso di crescita interiore.
L’ennesima maestosa performance di un interprete più unico che raro, che con il suo perenne equilibrio fra riso, tristezza e nostalgia ha ancora tanto da dare al mondo della settima arte.