Blade Runner: la genesi del Final Cut voluto da Ridley Scott
Il percorso dal romanzo del padre del cyberpunk alla copia lavoro, passando per le versioni internazionali del film, fino all'arrivo del Final Cut di uno dei migliori film di fantascienza
Curare la trasposizione (o adattamento) di un romanzo non è mai compito facile per l’industria di Hollywood; se poi parliamo della trasposizione di un romanzo del precursore del cyberpunk, antesignano dell’avantpop e scrittore di culto Philip K. Dick i problemi si moltiplicano. Il cacciatore di Androidi (Ma gli androidi sognano pecore elettriche?) è un romanzo infarcito dei temi tipici dello scrittore statunitense: cos’è reale e cosa non lo è, cosa è umano e cosa no, le droghe, la repressione poliziesca, le difficili relazioni con le donne, i simulacri; tutti elementi che però non vedono sfogo (o solo in parte), nella trasposizione cinematografica diretta da Ridley Scott che non solo ha decretato il successo del libro (divenuto un best seller solo dopo l’uscita della pellicola) ma è anche uno dei migliori film di fantascienza di sempre: stiamo parlando di Blade Runner.
Blade Runner, oltre ad essere un film di culto, ha dalla sua anche una storia articolata legata alle varie versioni della pellicola, che troverà la sua versione definitiva solo nel 2007 con il Final Cut voluto e approvato da Scott. Ma quali sono sostanzialmente le differenze tra le 7 (sette!) versioni del film? La risposta parte dal romanzo originale e si forma, via via, negli anni.
Blade Runner: dal romanzo originale al Final Cut
Con Il cacciatore di Androidi (intitolato Blade Runner solo in una seconda stampa per il mercato editoriale italiano), Dick introduceva temi all’avanguardia per l’epoca (stiamo parlando del 1968): nel romanzo originale, così come nella trasposizione cinematografica, Los Angeles (nel libro San Francisco) è una città in sovrappopolazione, caotica ma allo stesso tempo cupa, fredda, talmente immensa da risultare una landa post apocalittica carica di solitudine.
Qui troviamo il primo cambiamento sostanziale nelle due opere: se il Rick Deckard di Harrison Ford in Blade Runner è sostanzialmente un poliziotto molto vicino alle atmosfere noir del cinema statunitense, freddo, solo, un uomo d’azione pronto a tutto pur di risolvere il caso che si muove con il suo impermeabile tra le uggiose vie della città, nel romanzo il personaggio è totalmente diverso.
Il Deckard del romanzo è molto più umano rispetto alla versione cinematografica, con problemi e debolezze reali e tangibili: è sposato e ha una moglie che soffre di depressione, la lotta di ogni giorno è per portare a casa il cibo e non ci sono dark lady pronte a farlo innamorare sebbene Rachael sia presente (come personaggio negativo, sostanzialmente) e, per debolezza, avrà con lei una squallida storia. Altro elemento importante presente nel romanzo di Dick e cambiato totalmente in Blade Runner è la natura degli Androidi: se nel film i fuggitivi hanno un barlume di umanità, provano emozioni e voglia di vivere, nel romanzo sono esseri freddi, dalla forza sovraumana, privi di qualsiasi emozione e calcolatori (come macchine, appunto).
Dalla copia lavoro al Final Cut di Blade Runner
Con determinate premesse, realizzare una trasposizione fedele di un romanzo con tematiche tanto complicate poteva risultare un suicidio commerciale: e in un certo senso andò esattamente così. La proiezione della copia lavoro in cinema selezionati fu un vero e proprio flop con critiche aspramente negative, legate sostanzialmente alla non coerenza con il romanzo originale e a una sceneggiatura non delineata e nebulosa, con passaggi poco chiari e troppo filosofici.
La questione venne sistemata con l’uscita nei cinema della versione americana e internazionale, che presentavano un montaggio più equilibrato e dinamico in entrambe le versioni ma che si differenziavano per alcune scene più forti (come l’uccisione del dottor Tyrell mediante pressione dei pollici sui bulbi oculari da parte di Roy Batty) inserite esclusivamente nella versione internazionale e non in quella distribuita in nord America. Altro elemento molto importante presente in entrambe le edizioni era l’aggiunta di una voce narrante su un finale, dipinto come positivo e speranzoso, cosa assente sia nelle tematiche che nel finale del romanzo originale e della presenza, in alcune sequenze iniziali, dalla voce fuoricampo di Deckard che accennava al suo passato di Blade Runner e a un matrimonio fallito.
Blade Runner e il finale misterioso: Rick Deckard (Harrison Ford) è un replicante?
Prima di arrivare al Final Cut, Blade Runner passò per le grinfie della censura televisiva, presentando una versione pesantemente tagliata e priva di logica per la messa in onda per poi arrivare a una versione Director’s Cut più fedele alla copia lavoro originale voluta da Scott. Venne quindi esclusa totalmente la voce narrante sul finale, così come la fuga/lieto fine di Deckard e Rachael e inserita (finalmente) la scena onirica in cui Deckard sogna un unicorno: il sogno dell’animale mitologico da parte del protagonista unito all’origami argentato di forma analoga viene colpito da Rachael con una scarpa insinuando, (cosa confermata poi dallo stesso Scott) con questi brevi ma significativi passaggi, che anche Deckard sia in tutto e per tutto un replicante (cosa non voluta da Dick e totalmente assente nel romanzo originale senza neppur farne minimo accenno).
Siamo quindi giunti al Final Cut di Blade Runner, la versione definitiva a cui Scott ha potuto mettere mano, sistemando alcune transizioni, effetti grafici, risincronizzando e rimasterizzando l’audio originale: rispetto alla Director’s Cut non presenta grandi differenze a livello di svolgimento e di tematiche, risultando sì una versione più cupa rispetto alla Domestic Cut, ma più in linea (seppur distante negli elementi già analizzati in precedenza) con la visione pessimista di Dick.
Operazione commerciale? Probabile, ma di sicuro impatto in quanto, dopo un calvario durato più di trent’anni, possiamo avere davanti a noi una versione al passo con i tempi anche a livello di tematiche, pur essendo ormai un film datato, a dimostrazione che, piccoli accorgimenti e piccoli cambiamenti tecnici, visivi e di montaggio possono trasformare realmente un film e renderlo attuale più che mai.
Blade Runner è uno degli esempi più significativi di come il cinema divenga oggetto di culto solo dopo diverso tempo e non dopo una facile evoluzione e gestione sia da parte del regista che dallo studio di produzione. Ora a distanza di più di trent’anni, Blade Runner è pronto a tornare al cinema con il sequel diretto del film originale, per la regia di Denis Villeneuve, che mira a mantenere intatti gli elementi che hanno decretato il successo negli anni della pellicola: Blade Runner 2049.