The Deuce: Recensione pilot della serie con James Franco e Maggie Gyllenhaal
The Deuce fotografa magistralmente il preciso momento in cui il sesso passa da attività clandestina a giro di affari plurimiliardario.
Di cosa parliamo esattamente quando parliamo di pornografia? David Simon ha già la risposta: un’industria innanzitutto, un business che macina milioni e milioni di dollari americani e che in qualche modo incide su qualsiasi prodotto in commercio, dalla birra, alle macchine, ai jeans, alla cultura in senso lato. È proprio questo il punto di partenza del pluripremiato showrunner di The Wire e Treme (serie ambientata tra le macerie di una New Orleans post uragano Katrina), che insieme, ancora una volta, allo scrittore George Pelecanos firma questa new entry HBO, The Deuce, distribuita in Italia da Sky Atlantic a partire dal 24 ottobre.
The Deuce fotografa magistralmente il preciso momento in cui il sesso passa da attività clandestina a giro di affari plurimiliardario
In una delle prime scene del pilot troviamo due uomini, Reggie e CC, chiaramente due papponi, che, seduti nell’atrio di una stazione degli autobus, in cerca di nuove giovani leve, ragazze di provincia appena arrivate in città, discutono di politica. Al centro di loro discorso c’è un presidente dalle manovre ambigue, specie in politica estera, nell’estremo est del mondo, sbandierando armi nucleari e minacciando chissà quale guerra. Il presidente americano in questione, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, è Richard Nixon e l’America in questione è quella degli anni ’70.
Sfruttando al meglio le potenzialità di un cast di tutto rispetto, a partire dai due protagonisti, James Franco a Maggie Gyllenhaal, The Deuce fotografa così, magistralmente e con dovizia di particolari, il preciso momento in cui il sesso passa da attività clandestina a giro di affari plurimiliardario, abbandonando la strada per farsi industria, e, in seguito, fenomeno talmente radicato nella società contemporanea da condizionare perfino il modo di guardare agli altri, culturalmente prima ancora che sessualmente. Al centro di questo cambiamento c’è un luogo ben preciso, l’isolato compreso tra la quarantaduesima e la settima strada di New York, un tempo noto come Forty-Deuce (da qui, il nome dello show).
The Deuce muove una critica al sistema capitalistico e ad un mercato del lavoro privo regole, senza timore di rischiare con scene fra le più esplicite
Qui, nel centro della Grande Mela, passano avanti e indietro, si scontrano per lasciarsi subito dopo, le vite di diversi personaggi, papponi, prostitute, avventurieri in cerca di un’opportunità, studenti annoiati e anche quei pionieri del porno inconsapevoli di stare gettando le basi di un’attività a tal punto redditizia: tra questi i gemelli Vincent e Frankie Martino, interpretati entrambi da James Franco e Eileen Candy Merrell, una bravissima Maggie Gyllenhaal nei panni di una prostituta con figlio a carico, fiera della propria indipendenza da qual si voglia protettore. Un personaggio più che riuscito che, tra l’altro, è ben ancorato alla realtà, in quanto disegnato su due donne realmente esistite: una ragazza che lavorava nel bar di Vincent, a sua volta modellato su di un uomo che ha poi intrapreso una carriera nel mondo del porno, e Candida Royalle, regista di film a luci rosse pensati soprattutto per un pubblico femminile.
Se negli ultimi anni un canale di punta nella produzione televisiva come HBO aveva seriamente dovuto fare i conti con la vastissima offerta, di qualità, di piattaforme on demand come Netflix, con The Deuce il canale via cavo americano si riappropria a buon diritto di un posto di prim’ordine nell’olimpo televisivo. Sarà merito della regia di Michelle MacLaren (Game of Thrones, Westworld) o di una sceneggiatura potente, capace di tracciare con pochi semplici tocchi, sparsi nell’arco di un’ora, personaggi complessi e tutt’altro che prevedibili, che come una calamita trascinano lo spettatore con sé nei vicoli di questa New York all’alba della rivoluzione sessuale.
The Deuce è una serie che, lungi dal proporre una visione scontata di un tema senz’altro scabroso, muove una critica direttamente al sistema capitalistico e ad un mercato del lavoro privo di una base collettiva, in cui il singolo lavoratore fatica nel far valere i propri diritti. E per fare tutto questo non ha timore di rischiare, mostrando scene di sesso probabilmente fra le più esplicite mai andate in onda in una serie tv, evitando però di scadere nel mero voyeurismo e nell’autocompiacimento fine a se stesso. Questo è uno degli aspetti che ne fa una serie complessa in tutti i sensi, che in più si avvale di un’intricata trama di rimandi e citazioni, come quelli nascosti nei grandi cartelloni al neon dei cinema di quegli anni, che annunciano la messa in scena del Conformista di Bertolucci o dei film di John Waters.
Tanti piccoli dettagli che, insieme ad una colonna sonora interamente dedicata a quel decennio, a partire dalla sigla di apertura, il soul psichedelico di Curtis Mayfield con (Don’t Worry) If There’s a Hell Below We’re All Going to Go, rendono a buon diritto The Deuce non semplicemente una serie sull’industria del porno ma una grande, perfetta ricostruzione di un’epoca, che continuerà a far (molto) parlare di sé.