RomaFF12 – Hostiles: recensione del film di Scott Cooper
Hostiles è il film di apertura della dodicesima edizione della Festa del Cinema di Roma, un western sul genere classico, ma dalla forte attualità
Il western apre i suoi paesaggi per accogliere lo spettatore alla dodicesima edizione della Festa del Cinema di Roma. Hostiles è il quarto film da regista dell’americano Scott Cooper, storia di soldati e indiani in cui va perdendosi lo spazio manicheo prestabilito andando così a mischiare buoni e cattivi, un viaggio della sofferenza che, abolendo i confini delle diversità, andrà svuotando il concetto di nemico, rendendolo sempre più labile e sfocato.
Joe Blocker (Christian Bale) è un capitano autoritario, ligio al dovere, consapevole della brutalità degli indiani e per questo impegnato da tutta una vita a imprigionarli, ucciderli, torturarli. Una personale visione della propria morale messa in crisi da un compito dal quale non può sottrarsi: su ordine del Presidente, dovrà condurre il capo guerriero Cheyenne (Wes Studi) dal New Mexico fino in Montana nella Valle degli Orsi, terra dell’indiano e della sua famiglia, in cui l’anziano potrà morire con rispetto e onore. Un’attraversata lungo cui Joe e i suoi uomini incontreranno pericoli, amici, morte, e che si incrocerà con la sventurata strada della disperata Rosalie (Rosamund Pike).
Hostiles – L’apertura verso l’altro che fa crescere senza timore
L’anima dell’America è uno specchio da sempre crudele, violento, assassino. Conquistatori che avanzano pretese su territori da tempo occupati, ritenendo loro diritto legiferare su altre popolazioni, sottomettendole e umiliandole. Paese di conflitti fin dalla sua nascita, il quale lungo tutta la sua sanguinosa storia non ha fatto altro che mietere innumerevoli vittime per paura di confrontarsi su di un campo più civile, più amano. Un suolo sul quale Scott Cooper decide di far incontrare i suoi protagonisti, valicando la distinzione netta tra ciò che è bianco e ciò che è nero, mostrando come la neutralità possa rivelarsi comune beneficio se si esclude il timore dell’intrusione.
Regista dei precedenti Crazy Heart, Il fuoco della vendetta – Out of the Furnace e Black Mass – L’ultimo gangster , Scott Cooper con il suo western Hostiles esprime tutta l’esigenza che oggi si respira nell’aprirsi con clemenza all’altro; una sospensione del giudizio il quale, non facendo santi né colpevoli, comprende in profondità l’uguaglianza di base degli esseri umani, soldati o indiani, armati o disarmati. Una sceneggiatura che si addentra dunque in un viaggio che si fa metafora della liberazione dei pregiudizi, in cui il dolore per le perdite assumerà senso nel compimento della comprensione dell’inutilità del provocare il gioco della guerra.
Hostiles – Mancanza di ritmo per un western pieno di significato
Il protagonista Christian Bale porta sulle spalle la pesantezza delle lotte passate, dei massacri, e ancor di più la consapevolezza – mista nel corso e nell’evoluzione della pellicola a una sincera ammissione di vergogna – del dolore ricevuto, ma ancor più procurato. Un attore capace di riempire l’atmosfera di pura tensione solo puntando con decisione il proprio sguardo, riempiendo di palpabile talento il grande schermo, capace di catturarne tutta la sua abile recitazione. Controparte del soldato tormentato, a esaltare l’empatia dell’opera, una Rosamund Pike distrutta dal supplizio, che con il suo sguardo perso mostra la vacuità della perdita. Eterea e femminile nello struggente destino di una madre sottratta dalla felicità di una famiglia.
L’intera operazione di apertura verso il differente va però appesantendosi nel giro delle due ore di visione, in cui la mancanza di ritmo e il continuo sopraggiungere di sfortunati eventi influiscono negativamente sulla riuscita del film Hostiles, che poco riesce a riportare della bellezza delle vastità dei classici western, arricchito solamente dal montaggio a dissolvenza di Tom Cross, il quale dona sovrapposizioni suggestive di volti, tramonti e immagini. Omaggi a John Ford volti a tramandare l’eredità di uno dei capisaldi del genere cinematografico, ma non all’altezza delle sue cariche di calvario e attrito, pur trasportando con sé un significato importante che giunge chiaro e distinto, purtroppo incrociato da tediosi contorni.