RomaFF12 – The Only Living Boy In New York: recensione
Gioventù e tumulto nel nuovo film di Marc Webb, in cui dominano atmosfere romanticamente letterarie.
La New York delle storie. La New York della poesia, quella che si può cogliere leggendo un libro sulle scale antincendio di un palazzo, sulla panchina di un parco in costante attesa, tra gli scaffali di una vecchia libreria dai mobili in legno. Una città che vive di connessioni, di passionali unioni, di interazioni complicate che cercano tutte di trovare la loro magia. In un’atmosfera che pretende di portare nella realtà il sogno, non quello dell’immaginario fantastico, ma un desiderio più concreto e tangibile, il film di Marc Webb, The Only Living Boy In New York, si posiziona come un foglio bianco pronto a essere riempito con le parole della macchina da scrivere, battendo sui tasti gli sconvolgimenti della giovinezza, raccontati con trasporto e fulgida emozione.
Thomas (Callum Turner) vive i tormenti di un età in bilico, di un futuro che non ha ancora una direzione e di un amore ambiguamente non ricambiato che riempie la sua testa e i suoi pensieri. L’infatuazione per la bella Mimi (Kiersey Clemons) andrà però ad assopirsi con l’entrata imprevista nella vita del ragazzo dell’amante del suo distaccato padre Ethan (Pierce Brosnan), la seducente Johanna (Kate Backinsale), con la quale intraprenderà una relazione in gran segreto, riempiendo la sua prevedibile e noiosa vita con una serie di eventi coinvolgenti e ardentemente sentimentali. Avvenimenti tutti riportati dal ragazzo al suo nuovo, strano vicino dalla capigliatura spettinata e la casa mezza vuota (Jeff Bridges), un curioso personaggio dai contorni non ben definiti.
The Only Living Boy In New York – Il racconto giovanile tra passione e tumulto
Inaugurando la propria carriera con il film presto cult (500) giorni insieme (2009), passando la strada del richiamo commerciale con The Amazing-Spiderman (2012) e il suo seguito The Amazing-Spiderman 2 – Il potere di Electro (2014) e non mancando la lacrima facile con l’ultimo film The Gifted – Il dono del talento (2017), il regista statunitense Marc Webb si affida alla sceneggiatura di Allan Loeb per rappresentare la crescita interiore di un ragazzo che si presta a diventare uomo uscendo dalla propria bolla di sicurezza e immettendosi di testa dentro all’intricato, immenso mondo.
Con un narratore prestato a introdurre il pubblico nella narrazione di The Only Living Boy In New York, la semplice seppur imbrogliata pellicola mostra fin da subito la volontà di caratterizzare il proprio racconto impostando una dimensione volutamente letteraria a richiamare l’ambiente e il mestiere dei protagonisti, descrivendo come un romanzo le personalità e le sensazioni dei personaggi, pervadendo il film di una manifestamente costruita, ma piacevole ricercatezza della forma, dallo stile più artisticamente romantico. Uscendo dall’introversa visione di sé stesso, il protagonista Thomas rincorrerà per la prima volta nella sua poca esperienza la determinazione derivata da un’audacia inaspettata, che nulla pone come immutabile e prestabilito.
The Only Living Boy In New York – Il melodramma dai contorni letterari di Marc Webb
Procedendo come per capitoli nella grande città dove tutto può accadere, il film di Marc Webb pur affrontando la crescita spirituale del personaggio interpretato dal giovane Callum Turner e, infiltrandosi in numerosi temi che vanno dalla potenza del fato allo stravolgimento della propria vita, pone sempre alla sua base il dolce tanto quanto letale sentimento dell’amore, interrogandosi attorno alla sua definizione e partendo dunque dalla lingua per cercare, anche se inutilmente, di spiegarlo a parole. Un calore che spinge le persone coinvolte ad intrecciarsi, incontrarsi di sfuggita, domandandosi cosa una suggestione possa significare e cercando nel gioco dei rapporti il proprio posto.
Musicato con trasporto dal compositore Rob Simonsen, la cui colonna sonora accompagna pressoché continuamente gli intrighi del protagonista Thomas e dei personaggi i quali gravitano intorno al sognante ragazzo, The Only Living Boy In New York è il melodramma che ricorda ad ogni persona di essere il centro della propria storia. Un’opera che tende all’intellettuale liberandosi poi da quel costruito e ben pensante schema per lasciarsi trasportare dal flusso degli accadimenti, conditi da un percettibile senso di lussurioso dramma. Un film che semina nel suo percorso indizi tutti poi germogliati per un finale dai ribaltamenti e dalla comprensione dell’esperienza passata; quell’unico ragazzo vivente a New York che dalla foga del vorace tumulto giovanile ha trovato finalmente il proprio equilibrio.