Chiamami col tuo nome: analisi psicologica del film e dei personaggi
Chiamami col tuo nome è un'opera sensibile e sensuale, un inno alla bellezza della fragilità e alla possibilità di fondersi in un'unica identità chiamata amore.
La foto di copertina scelta per questo articolo condensa perfettamente il tipo di amore (ammesso che ne esistano altri) raccontato in Chiamami col tuo nome (Call Me By Your Name), il film per la regia di Luca Guadagnino candidato a 4 premi Oscar e tratto dall’omonimo romanzo di André Aciman. Nell’immagine, una delle tante pose colte dall’incantevole fotografia di Sayombhu Mukdeeprom, i due ragazzi si appoggiano l’uno all’altro, in un perfetto quanto spontaneo gioco di leve in cui nessuno dei due pesa sul compagno ma entrambi si mantengono in piedi, pur abbandonandosi completamente.
La trama di Chiamami col tuo nome vede lo studente americano Oliver, ospite per sei settimane in Italia, presso la residenza estiva della famiglia di Elio, il cui padre docente universitario ogni anno aiuta uno studente americano nella sua tesi di post-dottorato. In tale occasione i due ragazzi si conoscono, scoprendo di avere molte più affinità di quanto vorrebbero ammettere a se stessi.
La foto in copertina è solo la prima di numerose simbologie, in un film che racconta l’amore lasciando parlare le immagini più delle parole che – quando ci si innamora – tendono spesso a rispecchiare la confusione che caratterizza il pensiero, al cospetto di una prova tanto grande da mettere in gioco certezze e identità.
Lo sa molto bene Elio (uno straordinario Timothée Chalamet), adolescente insicuro e impacciato, alla scoperta della propria identità sessuale ma soprattutto di cosa conti davvero per sé, per potersi considerare innamorato. Gli elementi che fanno vibrare le corde di Elio vedono la loro essenza nella complicità, in quello scambio tacito di significati tale da valorizzare ogni piccola interazione, un’intesa preziosa che il ragazzo nota fin dal primo incontro con Oliver (Armie Hammer) ma che tuttavia viene messa a tacere per via dell’apparenza inarrivabile dell’oggetto del suo desiderio.
Oliver è bellissimo, sicuro di sé, un giovane uomo che non lascia trasparire troppo delle proprie emozioni ma che affascina Elio per la sua straordinaria capacità di farsi bastare ciò che vive, godendone fino in fondo. Il lapidario “a più tardi” (insoddisfacente traduzione dell’americano “later”) sottolinea l’indole del ragazzo, abituato a non indugiare troppo su ciò che non riesce ad affrontare al momento, rimandandolo ad un tempo ideale in cui tutto possa trovare un naturale incastro.
Le indecifrabili eppure così semplici leggi dell’amore faranno incontrare proprio due personalità all’apparenza tanto diverse, dando vita ad un affresco cinematografico in cui i colori dell’uno sfumano in quelli dell’altro, in una simbolica opera impressionista dove non esistono netti confini fra elementi ma in cui la visione d’insieme appare comunque limpida e chiarissima.
“Chiamami col tuo nome e io ti chiamerò col mio”: amarsi significa fondersi
Chiamami col tuo nome racconta l’amore fra Elio e Oliver sottolineando come le fragilità, che spesso si tende e celare, possano essere il valore aggiunto in una relazione in cui l’altro sa prenderci per mano, mostrandoci le nostre debolezze come parte di ciò che di speciale ha visto in noi. Elio rimugina continuamente su ogni frase scelta per parlare con Oliver, trovando nelle sue parole e azioni una goffaggine inaccettabile al cospetto della leggiadria dell’oggetto del suo amore. Non troppo diversamente da ciò che al contempo accade a Oliver, insicuro sui sentimenti di Elio e determinato inizialmente a farsi da parte, lasciando parlare la parte razionale che – soprattutto in un’epoca (gli anni ‘80) in cui l’omosessualità non era affatto accettata – gli suggerisce di organizzare la sua vita in base a ciò che la società ritiene giusto e lecito.
L’urgenza della passione sarà la molla che metterà da parte ogni incertezza, spingendo i due ragazzi a vivere con coraggio quella che sanno essere una storia destinata a finire con lo scadere dei giorni di Oliver in Italia, ma non per questo meno meritevole di essere vissuta. Chiamandosi l’uno col nome dell’altro, Elio e Oliver divengono un’unica identità, interscambiabili perché custodi dei più profondi segreti dell’altro, coinvolti in un sentimento che non ha limiti e confini ma chiede solo di essere vissuto fino in fondo, rimandando a domani i conti con le conseguenze.
Luca Guadagnino sceglie di colmare ciò che non può o non riesce ad essere detto dai due protagonisti con il potere didascalico delle immagini e della musica, che arriva ad esprimere i sentimenti di Elio e Oliver dove non possono essere esplicitati a parole, in una danza che è al contempo puro presente e nostalgico passato, mai sufficientemente consumata per tutti i giorni a venire in cui i due ragazzi non potranno stare insieme.
Chiamami col tuo nome: la sublimazione dell’oggetto d’amore nell’eloquente scena della pesca, simbolo del “frutto proibito”
Chiamami col tuo nome indugia insistentemente sul potere del non detto, donando alla spettatore una scena in grado di sintetizzare perfettamente le emozioni di Elio, pioniere nel mondo dell’amore omosessuale e per questo ancora poco familiare con l’intensità delle sensazioni provate con Oliver. Nella tranquillità di camera sua, il ragazzo ripensa al compagno, cercando di rivivere e riprodurre la nuova sensazione di Oliver sul suo sesso, in un atto che è contemporaneamente desiderio di decifrare e rivivere quell’emozione e vergogna all’idea di chiedere al compagno di riviverla.
Quando Oliver irrompe nella stanza e si rende conto dell’accaduto, resta affascinato dalla voluttuosità di Elio e desidera portare alla bocca quella pesca, custode dell’atto proibito. Per Elio è troppo, l’incantesimo si rompe e il giovane si trova investito da una valanga di emozioni in cui la vergogna sopraffà la sensualità, scoppiando in lacrime fra le braccia del suo amato, che prontamente comprende e accoglie le emozioni del ragazzo, ancora un passo indietro nell’accettazione dei lati più intimi di sé.
Chiamami col tuo nome: ne vale sempre la pena
L’estate passa in fretta e presto arriva il momento della partenza di Oliver. Come prevedibile, Elio ne resta distrutto, ma trova l’amore e la saggezza di suo padre ad accoglierlo. L’uomo, senza riferimenti diretti all’omosessualità del figlio, spiega a Elio come sia importante aver vissuto un’emozione tanto bella, pure se ora è finita, suggerendo il fondamentale messaggio della necessità di vivere la propria vita fino in fondo, dolori compresi, se si vuole cogliere il meglio di questo viaggio e non ritrovarsi colmi di rimpianti.
L’ultima scena, in cui Elio – dopo aver ricevuto la telefonata di Oliver che gli rivela i suoi piani per il futuro – contempla il fuoco del caminetto per celare le lacrime, corona il film di Luca Guadagnino. I titoli di coda cominciano a scorrere ma la scena continua a muoversi, con Elio che lascia che il dolore lo attraversi senza respingerlo, mentre dietro di lui i genitori portano avanti le faccende domestiche, a voler sottolineare in modo amaro quanto rassicurante che “la vita continua”.
Chiamami col tuo nome è un’opera sensoriale in cui si condensano emozioni che – se siamo fortunati – abbiamo tutti vissuto almeno una volta, sullo sfondo di quel senso di inadeguatezza che in fondo rende più preziosa la vita di ogni essere umano che sceglie di superare limiti e paure andandosi a prendere ciò che il cuore reclama. L’amore forse sconveniente, sbagliato, difficile ma profondamente autentico.