Il diario dell’amore: recensione del film con Jason Sudeikis e Maisie Williams

La nostra recensione de Il diario dell'amore (The Book of Love il titolo originale), film del 2016 scritto e diretto da Bill Purple e con protagonisti Jason Sudeikis e la star de Il trono di spade Maisie Williams

Il diario dell’amore (The Book of Love il titolo originale) è un film del 2016 scritto e diretto da Bill Purple e con protagonisti Jason Sudeikis (Come ammazzare il capo… e vivere felici, Come ti spaccio la famiglia) e Maisie Williams, celebre soprattutto per il ruolo di Arya Stark nell’acclamato show televisivo HBO Il trono di spade. Presenti nel cast anche il premio Oscar Mary Steenburgen e i coniugi Jessica BielJustin Timberlake, autore della colonna sonora del film. Il diario dell'amore

La vita dell’architetto Henry Herschel (Jason Sudeikis) viene improvvisamente sconvolta dalla perdita della moglie Penny (Jessica Biel), morta tragicamente in un incidente automobilistico nel corso dell’ottavo mese di gravidanza. Distrutto dal lutto, Henry trova un nuovo scopo alla sua vita grazia alla conoscenza della giovane vagabonda Millie (Maisie Williams), citata proprio dalla moglie nel corso della sua ultima conversazione. Anche la ragazza è afflitta da una prematura perdita, quella della madre, ed è inoltre fermamente intenzionata ad andare alla ricerca del padre, dato per disperso in mare. Henry e Millie trovano reciproco conforto per i loro lutti e decidono di tentare insieme un’impresa tanto folle quanto catartica, ovvero salpare da New Orleans verso le Azzorre a bordo di una piccola zattera da loro costruita.

Il diario dell’amore: una pessima miscela fra dramma, commedia e romanzo di formazione

Il diario dell'amore

Negli ultimi anni, il cinema ha affrontato con successo il tema dell’elaborazione del lutto, dal poco noto Alabama Monroe – Una storia d’amore allo straordinario Manchester by the Sea, senza dimenticare il favorito nella corsa ai prossimi Oscar Tre manifesti a Ebbing, Missouri e soprattutto Demolition – Amare e vivere, fra questi il più simile alla pellicola di Bill Purple come soggetto. Il diario dell’amore tenta maldestramente di inserirsi in questo filone del dolore, con risultati che oscillano fra il deludente e l’imbarazzante, principalmente a causa di una sceneggiatura caotica e priva di nervo, costantemente persa fra troppi spunti mal sfruttati.

Ad affossare Il diario dell’amore non sono soltanto alcuni discutibili passaggi della sceneggiatura (su tutti il forzato collegamento fra Henry e Millie, ribadito da un fiacco colpo di scena sul finale, e la loro insensata e immotivata voglia di solcare i mari a bordo di una traballante zattera) o alcune patetiche scene registiche, come il volo degli uccelli che sovrasta la tragedia appena avvenuta e la posticcia sequenza finale, ma anche e soprattutto la pessima miscela fra dramma, commedia e romanzo di formazione, che cerca invano di toccare le corde del cuore del cuore dello spettatore con una sconfortante serie di cliché, senza mai creare un solido legame narrativo che consenta allo spettatore di entrare realmente in empatia con i personaggi.

Il diario dell’amore verte principalmente sul rapporto di reciproco sostegno fra Henry e la giovane Millie

Lo sconclusionato plot de Il diario dell’amore si regge interamente sul rapporto sempre più forte e intenso fra Henry e Millie, che prevedibilmente colmano reciprocamente le rispettive mancanze causate dai lutti, trovando così la forza per sorreggersi a vicenda. Assistiamo così alla forzata imposizione di Henry come figura paterna per Millie, che a sua volta prende il posto occupato da Penny nelle attività più semplici della vita quotidiana dell’uomo, come la ricorrente visione di un film. Il tutto è però messo in scena con una schematicità narrativa al limite del dilettantesco e con una regia sciatta e priva di qualsiasi guizzo di originalità, ed è ulteriormente appesantito da un umorismo mai centrato e totalmente fine a se stesso, ben esemplificato dall’impalpabile apporto dei personaggi interpretati da Orlando Jones e Richard Robichaux.

Il legame fra Henry e Millie non è sviluppato in maniera coerente e unitaria, ma è quasi imposto dalla casualità, e non scava mai a fondo nelle esistenze dei protagonisti, finendo per trovare la propria principale ragion d’essere in un blando e inconcludente risvolto nella fase finale della pellicola. Dopo due atti all’insegna della banalità e del già visto, Bill Purple tenta infatti di risollevare le sorti del film virando più decisamente sul dramma e cercando il sostegno delle melense musiche di Timberlake e della toccante The Book of Love di Peter Gabriel (da cui il titolo originale del film), in un trionfo di retorica e buoni sentimenti, ma il risultato, se possibile, è ancora più disarmante, e certifica il fallimento de Il diario dell’amore sotto ogni punto di vista.

Il diario dell’amore fallisce nel tentativo di indagare alla radice del lutto e del dolore

Brutte notizie anche sul fronte attoriale, con Jason Sudeikis che non riesce a scrollarsi di dosso l’espressività e la gestualità tipiche dei suoi personaggi nelle commedie che lo hanno reso celebre, finendo per essere non credibile come padre distrutto dal dolore e poco efficace nei pungenti botta e risposta comici con la giovane Millie. Maisie Williams dal canto suo dimostra di essere a suo agio nei panni della giovane ribelle e imbronciata, ma sconta una pessima scelta dal punto di vista linguistico, utilizzando per tutta la durata un forzato e improduttivo accento da ghetto, disinnescato dal provvidenziale doppiaggio italiano. A condire il tutto, una regia da prodotto televisivo di seconda fascia, che in un involontario parallelo con la zattera dei due protagonisti, naviga a vista fra didascaliche soluzioni registiche e una fotografia ovattata tipicamente anni ’90.

Il diario dell'amore

Tirando le conclusioni, Il diario dell’amore si rivela un tentativo fallito di indagare alla radice del lutto e del dolore, vittima di evidenti molteplici riscritture della sceneggiatura che hanno tolto vitalità al racconto, appesantendolo con spunti narrativi gettati alla rinfusa nella trama e non approfonditi a sufficienza. Un film amorfo ed evanescente, riempito di finti spunti avventurosi e sentimentali per camuffare una desolante mancanza di idee, e perciò inevitabilmente destinato a cadere nel dimenticatoio.

Regia - 2
Sceneggiatura - 1.5
Fotografia - 2
Recitazione - 2
Sonoro - 2
Emozione - 1.5

1.8