Wajib – Invito al Matrimonio: recensione
Wajib - Invito al Matrimonio è una perla cinematografica da non perdere! Un ritratto toccante, puro e assolutamente sincero e scevro di giudizio.
Wajib – Invito al matrimonio è il terzo lungometraggio della talentuosa regista palestinese Annamarie Jacir (Salt Of The Sea, 2008), presentato al Festival del Cinema di Locarno 2017, dove si è aggiudicato il Premio Don Quixote e il Premio dei Giovani. Una pellicola familiare in cui l’incontro/scontro generazionale tra un padre e un figlio ha luogo in una terra storica, ferita e dai risvolti sociali delicati e complessi come la Palestina. Un dramma sociale e personale, vicino alle dinamiche quotidiane di ognuno di noi, uno specchio per lo spettatore in cui tutta la magia e il coraggio di una grande regista riflettono di luce propria.
Wajib – Invito al matrimonio: padre e figlio a confronto
Abu Shadi (un pregnante Mohammad Bakri), professore sessantacinquenne in pensione, vive a Nazareth con la figlia Amal; suo figlio Shadi (Saleh Bakri) si è trasferito da diversi anni a Roma, dove lavora come architetto. L’abbandono della famiglia da parte della madre, ha costretto Abu a crescere i figli da solo, con tutte le complicazioni del caso. Ma quando Amal decide di sposarsi col proprio fidanzato è il Wajib (il “dovere” dei maschi della famiglia di consegnare personalmente gli inviti alla cerimonia a tutti gli invitati) a costringere padre e figlio a trascorrere diversi giorni insieme in macchina; una convivenza forzata in cui emergeranno tutti i loro sentimenti, fraintendimenti, difficoltà, pensieri e consapevolezze, sullo sfondo di una città che è origine stessa del concetto di Famiglia e che svolge il ruolo di terza protagonista della storia.
Wajib rappresenta la tradizione, il legame con il passato e con le proprie origini; un filo di sangue che nessuna distanza riuscirà mai a spezzare. È per questo dovere che il giovane uomo Shadi torna a casa, per onorare al suo compito e permettere alla sorella di iniziare una nuova vita e formare la propria famiglia. Ma ciò che il giovane teme di più è l’inevitabile confronto con un padre tanto diverso come idee dalla sua concezione di vita, quanto simile a lui in un volto che non può ingannare. Due vite diverse, due generazioni che hanno a modo loro lottato per affermarsi in una terra tanto amata quanto difficile e spezzata.
Wajib – Invito al matrimonio: ritratto di due uomini che reclamano la propria dignità, sullo sfondo di una terra storica e fragile come la Palestina
Abu che non ha abbandonato le proprie origini, nonostante un’esistenza fatta di permessi da ottenere e di regole da rispettare, segnata dall’allontanamento di una moglie che non ha accettato le condizioni del proprio paese, perdendo la propria famiglia in cambio di una libertà tanto desiderata; Shadi che è stato costretto ad andare via, a trasferirsi in un paese (l’Italia) di cui decanta la cucina e l’arte ma che alla fine non è così diverso dalla trafficata e trascurata Nazareth, con la quale però il giovane non riesce a sostenere lo sguardo.
Quello della Jacir è un ritratto toccante, puro e assolutamente sincero e scevro di giudizio, di due uomini che vogliono affermare la propria identità, nonostante le difficoltà della vita. Il matrimonio della figlia è l’occasione di riscatto per Abu, il dimostrare di essere riuscito a crescere i suoi figli e di essere un buon padre; per Shadi è l’inevitabile momento di confronto con il proprio passato e le proprie origini, che saranno sempre parte di lui. La Jacir è capace come pochi di dipingere una storia la cui trama è quasi nulla: un pretesto per raccontare un viaggio di emozioni e consapevolezze.
Gli interpreti, padre e figlio anche nella vita reale, regalano un’interpretazione unica, in un faccia a faccia stretto nei sedili di una vecchia Volvo, la macchina di famiglia, nella quale la vita è trascorsa come un viaggio. Una perla da non perdere.
Wajib – invito al matrimonio, è in uscita nelle sale italiane da giovedì 19 Aprile, distribuito da Satine Film.