Duri si diventa (Get Hard): recensione
Arriva oggi al cinema Duri si diventa (Get Hard), spumeggiante opera prima di Etan Cohen (da non confondere col quasi omonimo Ethan, fratello di Joel Coen) dalle accese tonalità comico-demenziali. Protagonista il collaudatissimo Will Ferrell (Austin Powers, Zoolander, 2 single a nozze), uno di quegli attori capaci di strappare il sorriso solo guardandolo in faccia, e la spalla Kevin Hart (…e alla fine arriva Polly), altro mattatore di questa azzeccata accoppiata cinematografica.
Duri si diventa, infatti, vede il suo punto forte proprio nelle prestazioni attoriali che, grazie ad un’ intesa praticamente perfetta tra i due partner, riescono a mascherare carenze di scrittura ed un ritmo narrativo disomogeneo.
Il manager James King (Ferrell) è all’apice della propria carriera: recentemente promosso a socio dell’azienda di gestione fondi per la quale lavora, gode di tutti i privilegi riservati agli uomini potenti: denaro, rispetto e sesso sfrenato con l’avvenente figlia del proprio capo, presto sua sposa. L’idillio, tuttavia, viene interrotto da un’ inaspettata (e ingiusta) accusa per frode che vedrà il ricco ma sprovveduto King alle prese con un countdown di 30 giorni, durante i quali dovrà prepararsi alle sicure angherie che lo attendono nel carcere di massima sicurezza di San Quentin. Disperato e privo di strumenti per difendersi sia dalle accuse che dalla dura vita da detenuto, si rivolge a Darnell (Hart), titolare di un autolavaggio per macchine di lusso e in cerca di un aiuto economico per poter comprare una casa dignitosa nella quale vivere con la famiglia: l’onesto lavoratore giocherà allora d’astuzia improvvisandosi ex carcerato, in grado di istruire King circa le sevizie che lo attendono in prigione…riuscirà lo smidollato uomo d’affari a diventare “un duro” in 30 giorni?
Etan Cohen firma una commedia dalle buone premesse che, tuttavia, non riesce a decollare come la prima parte del film prometterebbe: complici una ricerca, che diviene a tratti forzata, di gag che vorrebbero essere divertenti ma in realtà cavalcano allo stremo dei cliché triti e ritriti, la narrazione si indebolisce nella seconda parte a danno anche del ritmo che, rallentando, rende la visione a tratti noiosa . Qualche volgarità ed esagerazione di meno e alcuni sfoltimenti in più avrebbero sicuramente aiutato a valorizzare una storia politicamente scorretta ma dal buon potenziale di intrattenimento, vittima di alcune scelte di sceneggiatura non troppo azzeccate e che non riesce ad uscire dai ranghi del “piacevole” per avvicinarsi a quelli dell’”esilarante”, aggettivo al quale il genere cinematografico ambirebbe.
Poche risate e tiepide: questa la vera pecca di Duri si diventa che, con attori del calibro dei protagonisti (tra i quali spiccano il simpatico cameo del rapper Tip “T.I.” Harris, Alison Brie e Craig T. Nelson), avrebbe potuto raggiungere ben altri livelli di comicità. Un’occasione colta solo in parte ma da non escludere per un diversivo all’insegna della spensieratezza e della buona recitazione.
Duri si diventa è al cinema distribuito da Warner Bros. Pictures.