Il grande Gatsby: analisi del film di Baz Luhrmann
Dietro la patina glam, Il grande Gatsby di Baz Luhrmann è ricco di temi e di spunti di riflessione. Ecco l'analisi del film tratto dal romanzo di Scott Fitzgerald.
Il grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald è a buon diritto passato alla Storia come uno dei romanzi americani più rappresentativi del Novecento. La grande influenza che la tragica avventura di Jay Gatsby e Daisy Buchanan ha avuto sul costume del Nuovo Continente, ha portato alla realizzazione di diverse versioni cinematografiche: tra queste, quella più sobria di Jack Clayton con Robert Redford nel ruolo del protagonista e la più chiassosa di Baz Luhrmann con uno smagliante Leonardo Di Caprio.
Nonostante qualche differenza tra il romanzo e il film, la trama e molti dei principali dialoghi rimangono pressoché invariati, conservando lo stile elegante di Scott Fitzgerald e le sue indimenticabili immagini che hanno consacrato il libro come autentico capolavoro. Dalla luce verde in fondo al pontile, simbolo della speranza del protagonista che mai si affievolisce, alla disperata superficialità di Daisy e di suo marito Tom, i punti chiave del racconto sono rispettati dal Luhrmann, che li porta sul grande schermo con il suo occhio travolgente, ingenuo, kitsch.
Tutte le cose belle e preziose svaniscono così presto, e non tornano più. (Daisy Buchanan)
Il grande Gatsby: l’amore glam di Baz Luhrmann
Come chi sa chi ha visto il film o letto il libro – impresa decisamente affrontabile e consigliatissima – Il grande Gatsby racconta la storia, dal punto di vista di Nick Carraway (in questa versione interpretato da Tobey Maguire), del misterioso e affascinante Jay Gatsby (appunto, Di Caprio) e del suo amore impossibile per la bella e sciocca Daisy (Carey Mulligan), a sua volta sposata con il rozzo Tom (Joel Edgerton).
La storia di tradimento, attesa e riscatto si consuma nella gabbia dorata di Long Island, l’isola residenziale a pochi chilometri dalla Grande Mela. Impresse nell’immaginario restano le grandiosi feste che Jay Gatsby dà nella sua straordinaria magione, dei grandi abbagli nati per attirare nella rete l’uccello più bello e sfuggente di tutti: Daisy. Il carnevale caleidoscopico, come lo definisce Nick Carraway, è il trionfo dell’opulento gusto di Gatsby e degli americani per una bellezza eccessiva e rumorosa, dove la musica, le risate e fiumi di Champagne coprono ogni pensiero e ogni sofferenza.
Si definisce, con Fitzgerald, la cultura glamour statunitense, nuova e sfrontata, ribelle e – allo stesso modo – legata all’eredità del bel mondo europeo. Francis Scott Fitzgerald e la moglie Zelda erano assidui frequentatori della Capitale di questo bel mondo, Parigi, e delle sue infinite nottate dove la cultura vibrava tra le note di un’improvvisazione jazz e un acceso dialogo sulla nuova letteratura americana. Un quadro delizioso di questo periodo, così fertile nell’incontro tra avanguardie e stili, è dipinto da Woody Allen, nel suo nostalgico Midnight in Paris dove compaiono – tra l’altro – anche Scott Fitzgerald e Zelda, interpretati da Tom Hiddleston e Alison Pill.
Se hai avuto la fortuna di vivere a Parigi da giovane, dopo, ovunque tu passi il resto della tua vita, essa ti accompagna perché Parigi è una festa mobile. (Ernest Hemingway, Festa mobile)
Il grande Gatsby e il sogno americano
Al di là della trama, che di per sé merita grande attenzione, Il grande Gatsby racconta allo spettatore la storia di un personaggio-simbolo dell’America dei primi del Novecento. Si ricorda, attraverso Jay, quel senso di onnipotenza propria dei nuovi nativi americani, in grado di realizzare i propri desideri, qualunque sia la loro condizione di partenza. Il sogno americano, che ha attratto proprio a partire da quegli anni, tanti migranti dall’Europa e dall’Asia è incarnato perfettamente dal personaggio di Gatsby, dal suo essere in maniera così sfacciata, un self made man, circondato dal lusso, dalla bellezza, dal piacere.
Allo stesso tempo, la fortuna del protagonista è avvolta da un alone di mistero: il suo passato, la sua ricchezza, la sua scalata sociale innescano in chi lo circonda una serie incontrollata di fantasie e congetture. Fino alla fine, sarà difficile distinguere nella storia della vita di Gatsby ciò che è vero da ciò che è inventato, ma – col passare del tempo – diventerà sempre meno importante. Nella costruzione di un impero, la Storia è quella che si trasmette ai posteri, che sia tutto vero o tutto falso, poco importa: ciò che conta è che sia grandioso.
Qualsiasi cosa lei voglia, deve solo chiedere vecchio mio. (Jay Gatsby)
Il grande Gatsby, e la luce verde all’estremità del molo
Dettaglio ripreso nel film, ma che assume tutta un’altra rilevanza per chi si approccia alla pellicola dopo aver letto il libro, la luce verde all’estremità del molo di Daisy è IL simbolo di un ideale a cui tendere e del naufragio che può cogliere chi tenta di afferrarlo. La tragedia che Tom e Daisy provocano con la loro profonda vacuità non tarda a diffondere la grande infelicità che giace dietro la patina dorata della borghesia, travolgendo senza pietà il povero Gatsby.
Non c’è spazio per i sognatori, per quanto realizzati e potenti possano sembrare: la felicità acquistata col denaro non tarda a estinguersi e a lasciare gli uomini inesorabilmente soli. Come accade nella buona letteratura, uno spunto particolare riesce a raccontare temi di natura universale: quando si ricorda la mano di Gatsby che prova ad afferrare la luce sospesa nel buio della notte, si avverte tutta la sgomenta impotenza di chi dedica la propria esistenza alla realizzazione di un progetto, per poi rendersi conto che questo è al di fuori della propria portata.
La luna si levò più alta e mentre me ne stavo lì a rimuginare sul mondo vecchio e sconosciuto, pensai alla meraviglia di Gatsby quando per la prima volta aveva scorto la luce verde in fondo al pontile di Daisy. Era venuto da così lontano e il suo sogno deve essergli sembrato così vicino da non credere di non poterlo afferrare. Ma non sapeva di averlo già alle spalle. Gatsby credeva nella luce verde, nel futuro orgastico che anno dopo anno si ritira davanti a noi. Ieri c’è sfuggito, ma non importa: domani correremo più forte, allungheremo di più le braccia … e un bel mattino… Così continuiamo a remare, barche contro corrente, risospinti senza posa nel passato. (Nick Carraway)