Collateral Beauty: spiegazione e significato del film con Will Smith
Collateral Beauty racconta il dolore più grande e la perdita più grave che in genitore possa sopportare, quella di un figlio. Ma se potessimo chiedere direttamente alla Morte perché ha deciso di portarsi via un bambino, cosa diremmo?
La morte di un figlio è sicuramente il dolore più grande che un genitore debba sopportare: un vuoto dentro che si allarga improvvisamente e che prende il controllo di tutto, togliendo importanza a tutto il resto. Il mondo va avanti, la vita va avanti ma chi è colpito da una disgrazia del genere si ferma, chiuso nella sua bolla, muto. La bolla di Howard Inlet (Will Smith), protagonista di Collateral Beauty, è popolata solo dai tasselli del domino: piccole tessere colorate, disposte a formare grandi costruzioni che però, con un leggero movimento, sono pronte a cadere in qualsiasi istante.
Come la vita: tanto forte, bella e complicata, quanto debole e effimera, capace di volare via in un secondo. Howard ha visto tutto il suo mondo crollare in un attimo quando la sua bambina se ne è andata. L’agenzia pubblicitaria che aveva fondato non ha più importanza, i suoi amici e colleghi non sono altro che volti che lo circondavano. Ma proprio loro, i suoi amici, decidono di riportarlo in vita, di farlo uscire da quel limbo nel quale si è rinchiuso.
Collateral Beauty: quando il teatro e la finzione diventano realtà
Da quando Howard ha perso la figlia, la società della quale era a capo sta lentamente andando verso la bancarotta. A nulla vale il lavoro che i suoi amici e colleghi cercano di portare avanti per tenere l’azienda a galla. Sarà proprio Whit (Edward Norton), socio e migliore amico di Howard, a proporre agli altri di assumere un’investigatrice privata: solo documentando il comportamento di Howard, potranno dimostrare al consiglio di amministrazione che l’uomo è incapace di gestire la società e riuscire così vendere l’azienda. Howard è infatti l’unico socio di maggioranza, ma ormai chiuso nel suo silenzio, non accetta di parlare di lavoro.
Grazie all’investigatrice, Whit e gli altri due colleghi Simon (Michael Peña) e Claire (Kate Winslet), riusciranno ad entrare in possesso di tre lettere che Howard ha scritto e inviato a tre destinatari particolari: Amore, Tempo, Morte. Dopo aver provato ormai qualsiasi soluzione possibile per riportare Howard alla vita, i tre decidono così di assumere degli attori per impersonare le tre astrazioni che l’uomo ha interpellato con le sue lettere: forse trovandosi davanti i suoi fantasmi e affrontandoli direttamente, Howard riuscirà a guarire.
Whit, Simon e Claire si imbattono casualmente in un trio di attori in cerca di finanziatori per la loro commedia: Aimee, Raffi e Brigitte (interpretati rispettivamente da Keira Knightley, Jacob Latimore e Helen Mirren) accettano quindi di interpretare le tre astrazioni ed entrare in contatto con Howard. Il teatro fa così il suo ingresso nel film. Howard vive in un mondo di finzione, che lui si è creato appositamente per sfuggire al dolore. E solo con la finzione lo si può raggiungere. Come ammette lo stesso Whit, per salvare Howard non occorre forzarlo a tornare alla realtà, ma è necessario entrare nella sua. La messinscena diventa quindi LA realtà e a quel punto Howard non può far altro che affrontarla. In questo continuo scambio tra reale e finzione, il film passa agilmente da un piano all’altro, mostrando i tre attori nel loro ruolo abituale, quello di dare spettacolo e coinvolgere lo spettatore, in questa caso inconsapevole come Howard.
Collateral Beauty: le tre astrazioni e il finale aperto
Amore, Tempo e Morte hanno da sempre influenzato la vita di Howard. Da pubblicitario, ha sempre saputo che ciò che spinge le persone ad acquistare un determinato prodotto è una di queste tre forze e che anzi, sono proprio queste tre entità a muovere il mondo intero:
Amore, Tempo, Morte. Queste tre astrazioni collegano ogni singolo essere umano sulla terra, ogni cosa che vogliamo, ogni cosa che abbiamo paura di non avere, ogni cosa che alla fine decidiamo di comprare è perché in realtà a conti fatti noi desideriamo l’amore,
vorremmo avere più tempo e temiamo la morte.
Nono stupisce quindi che davanti ad un dolore così forte, ad una situazione che non riesce a sopportare, l’uomo si rivolga proprio a queste tre astrazioni, con delle lettere nelle quali chiede alla Morte perché abbia scelto di portarsi via sua figlia invece che lui, come gli aveva chiesto e al Tempo come mai è così crudele da togliere la bellezza nel mondo con il suo scorrere inesorabile. All’Amore invece Howard ha destinato un semplice “Addio”: la figlia era la sua unica fonte d’amore e, senza di lei, non lo proverà mai più.
I tre attori impersonano così le entità che secondo Howard sono responsabili della sua disgrazia e, se inizialmente l’uomo è un po’ scettico nel trovarseli di fronte, alla fine decide di affrontarli, di buttare fuori tutto il suo odio, la sua disperazione, il suo dolore. La finzione raggiunge il suo scopo: la catarsi è avvenuta, Howard riesce a liberarsi, ad uscire dal silenzio.
Gli attori hanno svolto il loro compito, l’uomo è sulla strada della guarigione. Mai un dolore come quello può essere dimenticato, ma si può imparare a conviverci: come viene spiegato nel film, nelle situazioni più traumatiche e disperate “la cosa importante è cogliere la bellezza collaterale che è il legame profondo con tutte le cose“. Collateral Beauty però non termina così, ma lascia lo spettatore con un dubbio: e se gli attori non fossero attori? Se l’Amore, la Morte e il Tempo si fossero realmente manifestati e abbiamo aiutato Howard? In realtà poco importa: Howard è riuscito a uscire dalla sua bolla, a emergere dal buio: ha imparato di nuovo cosa è l’amore, ha capito l’importanza del tempo e dopo averla conosciuta, forse teme un po’ meno la morte.