Dolci scelte (Candy Jar): recensione del film Netflix con Helen Hunt
La nostra recensione di Dolci scelte (Candy Jar il titolo originale), film Netflix del 2018 con Sami Gayle e Jacob Latimore, Helen Hunt, Christina Hendricks e Uzo Aduba
Dolci scelte (Candy Jar il titolo originale) è un film del 2018 scritto da Chad Klitzman e diretto da Ben Shelton. I protagonisti del film sono i giovani Sami Gayle e Jacob Latimore, affiancati dalle più esperte Helen Hunt, Christina Hendricks e Uzo Aduba. Dolci scelte è disponibile su Netflix dal 27 aprile.
Lona (Sami Gayle) e Bennett (Jacob Latimore) sono due campioni di dibattito del loro liceo, perennemente in lotta e in disaccordo fra loro ma accomunati dalla voglia di accedere alle più prestigiose università americane. Costretti a collaborare per continuare a inseguire i propri sogni, i due scoprono di essere più simili di quanto sono disposti ad ammettere, coinvolgendo nella trasformazione del loro rapporto anche le rispettive madri Julia (Uzo Aduba) e Amy (Christina Hendricks).
Dolci scelte: una pellicola adolescenziale a tratti gradevole ma fondamentalmente innocua
Fin dai primi minuti, è chiaro anche agli spettatori meno smaliziati dove Dolci scelte andrà a parare: un rapporto controverso fra due ragazzi competitivi che si addolcisce sempre più, affiancato da una consistente dose di sani e positivi principi e da un irrobustimento del rapporto fra genitori e figli. Un classico canovaccio da film su e per famiglie, senza particolari pretese a livello tecnico o di contenuti, che viene però reso accettabile e a tratti persino gradevole da un efficace gruppo di interpreti, capaci di trarre il meglio possibile dai rispettivi personaggi.
A spiccare è soprattutto il premio Oscar Helen Hunt, che nei panni di un’assistente scolastica particolarmente libertina e aperta di vedute diventa il perfetto contraltare all’anomala seriosità dei due protagonisti adolescenti. Non da meno anche Christina Hendricks e Uzo Aduba (quest’ultima in un ruolo diametralmente opposto alla folle galeotta Crazy Eyes di Orange Is the New Black), capaci di trovare le giuste sfumature fra due donne e madri agli antipodi per cultura ed estrazione sociale, ma accomunate dall’amore per i propri figli e dalla voglia di aiutarli a raggiungere i loro obiettivi. Dal canto loro, Sami Gayle e Jacob Latimore riescono a reggere il peso del film sulle loro spalle, dimostrando (in particolare il secondo) di avere l’espressività e la presenza scenica necessarie a farsi strada nell’ambiente hollywoodiano.
Dolci scelte: un ingenuo ma sincero invito a staccarsi dalla voglia di primeggiare per godere di ciò che ci circonda
Il rovescio della medaglia di Dolci scelte è rappresentato proprio dal suo essere un film fondamentalmente innocuo, ideale contenuto per la programmazione di un canale tv per ragazzi. Tolta la voglia di primeggiare sull’altro di Lana e Bennett e la blanda antipatia fra le rispettive madri, non c’è il minimo contrasto che inneschi un meccanismo narrativo più complesso o almeno una reazione empatica da parte dello spettatore. Il film rimane così sepolto sotto a una patina di buoni sentimenti e mitezza che ne penalizza la riuscita, anche a causa di un comparto tecnico che, dalla regia alla fotografia, passando per il sonoro, risulta sempre oltremodo piatto e ovattato.
Da sottolineare, per una volta, la maggiore efficacia e pertinenza del titolo italiano Dolci scelte rispetto all’originale Candy Jar, che letteralmente significa barattolo di caramelle. I recipienti in questione si trovano sul tavolo della già citata bonaria e confidente consulente scolastica interpretata da Helen Hunt. Un dettaglio che, come prevedibile, non ha alcuna rilevanza ai fini della trama, ma diventa involontariamente una metafora dell’intero film: dolce e a tratti gradevole, ma fondamentalmente privo di personalità e sostanza.
Oltre a qualche convincente e ben interpretato dialogo fra adolescenti e adulti, ciò che rimane di Dolci scelte è l’invito a una generazione e a una società sempre più competitive a staccarsi per un attimo dalla voglia di primeggiare sul prossimo, in modo da poter cogliere le emozioni e le gioie che la vita può regalarci al di là dell’affermazione scolastica o professionale. Un messaggio lanciato con toni inoffensivi ma sinceri, che rendono il film di Ben Shelton una visione accettabile se limitata a un pubblico giovane o giovanissimo ma decisamente insufficiente e inappagante per gli spettatori più maturi.