La grande Gilly Hopkins: il significato del finale del film di Stephen Herek
La ricerca della felicità può essere estenuante ma non va compiuta da soli.
Dopo essere stata abbandonata da neonata da una madre in fuga da casa alla ricerca di un successo hollywoodiano mai arrivato, Gilly è cresciuta tra centri sociali ed affidi temporanei, maturando un caratterino piuttosto determinato e da “dura”, che fa contrasto con l’apparenza angelica del suo bel volto. Quando finisce nell’abitazione di Maime Trotter, la mamma adottiva più strana che abbia mai incontrato, cerca con difficoltà di trovare una via d’uscita, ma non tutto va secondo i piani. La grande Gilly Hopkins è tratto dall’omonima novella per bambini scritta da Katherine Paterson nel 1978 e riunisce insieme un cast straordinario: dalle veterane Kathy Bates e Glenn Close a Bill Cobbs, fino alla giovane Sophie Nélisse.
Ha due anni in più rispetto al suo personaggio la protagonista Sophie Nélisse, giovane attrice già apprezzata in Monsieur Lazhar (2011) e Storia di una ladra di libri (2013), ma restituisce appieno il profondo disagio di quella difficile età insito già nel romanzo originario scritto nel 1978 da Katherine Paterson. Ed è proprio la giovane interprete, supportata da un cast stellare (su tutti Kathy Bates e Glenn Close), a rappresentare il maggior punto di forza de La grande Gilly Hopkins, film per ragazzi che si inserisce senza troppi guizzi nel filone dei teen movies.
Il turbolento coming-of-age di una figura così complessa avrebbe richiesto maggiore scavo psicologico, qui rimanente solo in superficie, seppur graffiato da risvolti leggermente più amari del previsto. Stephen Herek, la cui altalenante carriera oscilla tra b-movie di genere e produzioni per famiglie, non trova una precisa chiave di lettura con una comicità che fa capolino improvvisamente in una manciata di scene a cercare di speziare un contesto prevalentemente drammatico. Così come lo è l’agrodolce finale.
Gilly si troverà davanti ad una realtà che non avrebbe mai voluto immaginare. Verrà a contatto con sua madre, ma non come vorrebbe. E solo quando è lontana si rende conto di ciò che ha perso. Allora le parole della mamma di centro chili, la signora Trotter, le saranno preziose:
Mio dolce tesoro, non te l’ha mai detto nessuno? Pensavo che l’avessi già capito da sola.Che cosa?Che tutte quelle storie del lieto fine sono balle. Qualche volta, in questo mondo, le cose vanno bene, e allora uno si rilassa e dice “Oh, finalmente il lieto fine! E’ proprio così che dovevano andare le cose”. Come se la vita dovesse qualcosa a qualcuno. E ci sono tante cose buone piccolina (…) ma aspettarsi cose belle tutto il tempo significa prendersi in giro. Di solito non è così. Nessuno ti deve niente.