Ossessione: recensione del film di Luchino Visconti
Opera prima di Luchino Visconti, Ossessione segna la nascita del filone neorealista del cinema Italiano.
Vivere da artista libero nell’Italia fascista risultò impossibile per tutte le teste sognatrici della metà del Novecento. Ognuna a suo modo cercò di bypassare i limiti imposti dal regime, optando la maggior parte delle volte per lasciare il Bel Paese ed esprimersi altrove, confidando di avere maggior fortuna in ambiente più libero. Ossessione del 1943, opera prima del padre del Neorealismo italiano Luchino Visconti, è un perfetto esempio di questa evenienza. Il film trova infatti le sue radici in una lettura del regista italiano durante il soggiorno in Francia per il completamento dell’apprendistato presso il maestro francese Jean Renoir.
Nelle intenzioni di Visconti il suo primo lungometraggio doveva riguardare un adattamento di una novella di Verga, ma, visti i divieti delle autorità fasciste, decise di dedicarsi ad una rappresentazione su schermo di un racconto liberamente tratto dal romanzo di James M. Cain, Il postino suona sempre due volte del 1934. Al ritorno in Italia, nel 1939, il regista iniziò a scrivere un adattamento del romanzo insieme ad un gruppo di collaboratori della rivista milanese Cinema, stando molto attento a non lasciare nessun tipo di collegamento esplicito al racconto letterario (di fatto la trama del libro è usata più come un canovaccio che come un riferimento tangibile), vista l’impossibilità di acquisirne i diritti d’autore.
Il film esce nelle sale nel 1943, dopo aver ricevuto il consenso dal governo italiano, ma venne censurato e successivamente distrutto dal regime fascista di Salò, tant’è che le copie arrivate ai giorni nostri derivano da una pellicola che Visconti stesso riuscì a salvare.
A suo tempo neanche il grande regista pensò che stava preservando il destino di una pellicola che ad oggi costituisce un tassello fondamentale della nostra storia cinematografica.
Il film è stato inserito nella lista dei 100 film italiani da salvare (stilata dalle Giornate degli Autori all’interno della mostra d’arte cinematografica di Venezia), creata per indicare le 100 pellicole che hanno cambiato la memoria collettiva del Paese tra il 1942 e il 1978.
Ossessione: l’amore vale una vita?
Gino Costa (uno splendido Massimo Girotti) è un vagabondo, che viaggia felice e spensierato di città in città vivendo di quello che la vita gli offre. Durante un viaggio da clandestino su un camion decide di fermarsi per un pasto caldo presso uno spaccio della bassa padana, dove incontra Giovanna Bragana (Clara Calamai, la quale prese il posto di Anna Magnani all’ultimo secondo), moglie del proprietario Giuseppe Bragana (Juan de Landa).
Tra i due scatta un colpo di fulmine trasportante e Gino, reo di non aver pagato la cena, è costretto a trattenersi per risarcire il pasto attraverso le sue prestazioni come meccanico e tuttofare. Intanto tra l’uomo e Giovanna nasce definitivamente l’amore e finiscono con il diventare amanti.
Gino decide allora di rimanere a vivere con i due coniugi, innamorandosi di Giovanna ogni giorno di più, finché, esausto della situazione di convivenza con Giuseppe, le propone di scappare con lui. La donna è troppo impaurita dalla vita da poveri e desiste dall’intento per la tranquillità economica che le garantisce il marito, mentre Gino decide di proseguire per la sua strada e ricominciare la vita itinerante che gli è sempre calzata a pennello (indole personificata nel personaggio dello Spagnolo, compagno di vagabondaggio di Gino).
Dopo qualche tempo le strade dei due innamorati finiscono di nuovo per incrociarsi e la passione si riaccende ancora più travolgente di prima. Ormai Gino è totalmente vinto dal sentimento per Giovanna e si lascia convincere a compiere un atto avverso alla sua natura e al suo spirito, un atto che segnerà per sempre la vita dei due amanti, ma soprattutto la coscienza e la spontaneità di un uomo che ha sempre vissuto povero, ma in pace con se stesso.
Presto all’interno dell’anima di Gino scoppierà una guerra causata dalla scissione creatasi in seguito alle sue azioni, compiute per amore di Giovanna.
Ossessione: la pellicola che anticipò un’Era
Ossessione ha nella sua natura una critica fascista, manifestata nel contrasto tra il piccolo/medio borghese (scemo e cornuto) e il povero viaggiatore (felice e scanzonato), scevro da ogni tipo di patriottismo e nazionalismo, ma animato solo dalla voglia di fuga e libertà. Molte critiche moderne indicano la pellicola come femminista, vista la forza che il personaggio di Giovanna esercita su Gino, rischiando di perderlo, ma riuscendo alla resa dei conti sempre a legarlo a sé. Altre ancora avanzarono l’ipotesi della presenza di un sottotesto omosessuale nel film legato alla figura dello Spagnolo e al suo rapporto con Gino.
Nonostante le tante tematiche politiche e sociali indipendenti e precoci che racchiude questa prima fatica di Visconti, quello che le permise di entrare di diritto nella storia del cinema fu l’incredibile abilità di anticipare gli elementi fondanti della stagione neorealista della Settima Arte.
Il regista riuscì a fondere la cultura francese, intellettuale, liquida e svincolata, con l’americanismo presente nel libro, pratico, efficace e senza fronzoli. Il tutto equilibrato dalla capacità italiana di raccontare una storia in maniera equilibrata e asciutta, attraverso una poetica narrativa concentrata sul realismo. In scena vengono rappresentate azioni che si svolgono nelle piazze delle città, nei bar, per le strade e in generale la vita quotidiana dei protagonisti, legata alla loro situazione economica e alla loro mentalità, è fondamentale per tutta quanta la durata del lungometraggio.
Ossessione rappresenta una storica rivoluzione che sfonda il sentimento di autarchia presente nel Bel Paese e sfocia nella volontà di rappresentare la realtà, il vissuto emotivo e quotidiano delle persone comuni, catturate nei loro ambienti e durante le loro mansioni. Visconti riesce a dare dignità e credibilità a personaggi liberi finalmente di rapportarsi con il contesto storico di appartenenza in maniera libera e personale.