Alex Strangelove: recensione del film Netflix di Craig Johnson
La nostra recensione di Alex Strangelove, film Netflix di Craig Johnson con Daniel Doheny, Antonio Marziale, Madeline Weinstein e Daniel Zolghadri.
Alex Strangelove è una commedia adolescenziale del 2018 scritta e diretta da Craig Johnson e interpretata da Daniel Doheny, Antonio Marziale, Madeline Weinstein e Daniel Zolghadri. Dopo la presentazione nel corso del San Francisco International Film Festival, il film è stato distribuito in streaming da Netflix a partire dall’8 giugno.
Alex Truelove (Daniel Doheny) è un liceale sensibile e intelligente, che come la stragrande maggioranza dei suoi coetanei ha un desiderio primario, ovvero quello di perdere la verginità. Il bisogno di Alex sembra trovare un dolce supporto con la conoscenza dell’adorabile Claire (Madeline Weinstein), coetanea con la quale intraprende prima un’amicizia basata sulla comune passione per la realizzazione di video, e in seguito una vera e propria relazione sentimentale. Mentre l’agitazione e la tensione per la sua imminente prima volta lo attanagliano, Alex conosce Elliott (Antonio Marziale), coetaneo dichiaratamente gay con cui si trova immediatamente in sintonia. In pieno subbuglio emotivo e ormonale, il protagonista si trova così costretto a fare i conti con i propri sentimenti e la propria sessualità.
Alex Strangelove: la risposta Netflix a Tuo, Simon
Con Alex Strangelove, Netflix si inserisce nel solco tracciato giusto poche settimane fa da Tuo, Simon, proponendo al pubblico un’altra commedia scolastica a tinte arcobaleno incentrata su un tema più che mai attuale e sentito, ovvero la scoperta della propria sessualità da parte degli adolescenti odierni. Craig Johnson riprende e ammoderna il generazionale cinema di John Hughes (esplicitamente citato in alcuni dialoghi), cercando di conservarne lo spirito e di liberarsi al tempo stesso da alcuni dei suoi stereotipi ormai sorpassati e non più proponibili. Il risultato è una commedia adolescenziale leggera e per lunghi tratti godibile, apprezzabile negli intenti anche se non completamente soddisfacente nella resa.
Il principale pregio di Alex Strangelove consiste nell’approccio esplicito e completamente libero da preconcetti con cui affronta il tema dell’omosessualità. Craig Johnson, gay dichiarato e già dietro alla macchina da presa per gli apprezzabili Uniti per sempre e Wilson, comprende e chiarisce che non ci potrà mai essere una vera libertà sessuale finché non sarà accettabile e normale fare un’ironia libera da preconcetti e aggressività sulle nostre diverse pulsioni erotiche. Il regista e sceneggiatore dà così vita a dialoghi sinceri e solo apparentemente grossolani, che non esitano a menzionare esplicitamente l’omosessualità e a utilizzare volgarità e stereotipi per affrontarla e comprenderla nel modo più sincero e fedele al linguaggio e alla mentalità degli adolescenti di oggi. Il coming (out) of age dei protagonisti è efficace nel rendere il senso di spaesamento e travaglio interiore che chiunque ha provato durante i primi approcci all’erotismo, a prescindere dal sesso e dalle preferenze.
Alex Strangelove: il coming (out) of age secondo Netflix
I personaggi principali sono credibili e ben caratterizzati dai rispettivi interpreti, abili a delinearne punti di forza e fragilità con un tocco ironico ma mai demenziale. A brillare fra tutti sono soprattutto Antonio Marziale, che pur con un minutaggio non elevato buca lo schermo dimostrando magnetismo e notevole presenza scenica, e la deliziosa Madeline Weinstein (non imparentata con il tristemente noto Harvey), che mette in scena la perfetta ragazza della porta accanto e l’ideale fidanzatina, senza eccedere in cliché e dimostrando una profondità interpretativa e una naturale ironia che ci hanno ricordato la più celebre e navigata Alison Brie.
La trama si dipana in maniera naturale e non del tutto imprevedibile, trovando la giusta miscela fra atipico triangolo amoroso e il tipico umorismo da teen movie americano, a base di sbornie e gag sessualmente esplicite. Non mancano forzature e passaggi a vuoto, soprattutto per quanto riguarda i personaggi secondari e meno caratterizzati, ma Alex Strangelove mantiene sempre saldi ritmo e intensità, intrattenendo lo spettatore senza annoiare.
Alex Strangelove non convince dal punto di vista della caratterizzazione del contesto sociale
Alex Strangelove funziona sotto il profilo dei personaggi, ma mostra non indifferenti punti deboli dal punto di vista dell’analisi sociale. Il mondo giovanile ovattato messo in scena da Johnson è piacevole e per certi versi desiderabile, ma purtroppo non corrisponde a quello reale. I personaggi non vivono mai un conflitto diverso da quello interiore, non subiscono mai pressioni per le proprie scelte e non devono patire le prevaricazioni e il bullismo che purtroppo milioni di giovani patiscono nella vita reale. La scelta da parte del regista di non eccedere nella drammaticità è comprensibile, ma l’assenza di contrasti e di un vero e proprio cattivo, alla lunga penalizzano il racconto e la sospensione dell’incredulità, rendendolo una versione meno dispersiva e più coerente della discussa serie adolescenziale Tredici, incapace però di suscitare una vera e propria riflessione sul mondo giovanile contemporaneo.
Stonano alcune scelte di sceneggiatura da parte dello stesso Johnson, che tradisce l’implicito patto con il pubblico almeno in due occasioni. Dapprima con una malattia di un genitore che non trova seguito o un concreto impatto sulle vicende dei protagonisti, violando così il principio narrativo, noto come pistola di Cechov, secondo cui un’arma da fuoco messa in scena prima o poi deve sparare, e più in generale un elemento drammaturgico importante deve in seguito avere rilevanza nella trama. Nella battute conclusive invece viene messo in scena un importante flashback, ovviamente non prevedibile fino a quel momento dallo spettatore, che rivela un aspetto importante della sessualità di uno dei protagonisti, rendendo così meno credibile il percorso di analisi interiore delle proprie emozioni da esso compiuto nel corso del film.
Alex Strangelove: un film imperfetto ma potenzialmente importante nella quotidiana lotta per l’affermazione dei propri diritti
Da un punto di vista prettamente tecnico, la regia di Craig Johnson non osa mai nulla, affidandosi a impianti scenografici e sonori tipici del teen movie, che non impattano mai emotivamente nello spettatore. Gli aspetti visivamente più interessanti diventano così le sempreverdi location di Brooklyn e alcuni apprezzabili giochi di luce e colori soprattutto negli interni. Convincente inoltre un ormai immancabile citazionismo per i punti di riferimento pop del mondo giovanile, che spaziano dal già citato John Hughes e dal suo Sixteen Candles per arrivare a Carrie e al più attuale Il trono di spade.
In cupi tempi in cui anche i più basilari principi di civiltà e progressismo vengono messi in discussione dalle istituzioni e da un’apparentemente inarrestabile arretratezza mentale di una consistente fetta di società, la pellicola di Craig Johnson convince per il suo coraggio e la sua naturalezza nell’inserirsi nella scena LGBT, che non possono essere intaccati da qualche discutibile scelta in fase di scrittura e di regia. Alex Strangelove si rivela quindi un film imperfetto ma potenzialmente importante nella quotidiana lotta degli adolescenti per la legittima affermazione della propria sessualità. Una visione obbligata per giovani bulli e meno giovani aspiranti censori, che senza pietismi e con il pedale dell’ironia sempre schiacciato mette in scena il lato più schietto e pulito dell’adolescenza e delle sue emozioni.