Papillon: recensione del film con Charlie Hunnam e Rami Malek
La recensione di Papillon, film con protagonisti Charlie Hunnam e Rami Malek, remake della celebre pellicola con Steve McQueen e Dustin Hoffman
Papillon è un film del 2017 scritto da Aaron Guzikowski, diretto da Michael Noer e con protagonisti Charlie Hunnam e Rami Malek. La pellicola è basata sulla storia vera di Henri Charrière (soprannominato Papillon per una farfalla tatuata sul suo torace), prigioniero per anni sulla celeberrima colonia penale chiamata Isola del Diavolo (nei pressi della Guyana francese), ed è un remake dell’omonimo film del 1973, diretto da Franklin J. Schaffner e interpretato da Steve McQueen e Dustin Hoffman. Dopo la première al Toronto International Film Festival, Papillon è stato presentato in anteprima italiana al Biografilm Festival di Bologna.
Il giovane Henri “Papillon” Charrière (Charlie Hunnam) viene ingiustamente accusato di un omicidio che non ha commesso e condannato alla prigionia nell’Isola del Diavolo, temuta colonia carcerare della Guyana francese nota per le durissime condizioni a cui sono sottoposti i suoi prigionieri e per essere praticamente inespugnabile. Una volta giunto sul posto, Papillon stringe amicizia con il falsario Louis Dega (Rami Malek), che comincia a collaborare con lui in numerosi e disperati tentativi di fuga dall’infernale isola carceraria.
Papillon: l’ardimentosa e struggente esistenza di Henri “Papillon” Charrière
Ogni opera cinematografica (e non) meriterebbe di essere giudicata solo per le sue qualità e non per i suoi riferimenti più o meno espliciti, ma mai come in questo caso è estremamente difficile scindere questo Papillon dal celeberrimo predecessore. A chi conosce e apprezza il film di Franklin J. Schaffner, appare chiaro fin dai primi minuti di trovarsi di fronte a una rilettura fedele e tutto sommato non disdicevole, ma depotenziata della vitalità e dell’indomabile voglia di sopravvivenza e di libertà del predecessore, silenzioso e scomodo termine di paragone per l’opera di Michael Noer.
Dopo un’introduzione frettolosa e approssimativa, in cui ci viene presentato con scarsa profondità il protagonista, veniamo immediatamente sballottati all’interno della colonia penale e delle sue severe regole, enunciate autoritariamente da un direttore di carcere più vicino a un sergente dei marine che a un tutore della legge. É proprio in questo momento che Noer commette il proprio peccato originale, scegliendo di concentrarsi su un’insistita e spesso fine a se stessa violenza fisica e mettendo in secondo piano la psicologia dei personaggi. Assistiamo così a cruente scena di prigionia, con teste mozzate, percosse e oggetti nascosti ed estratti dalle più anguste cavità corporali, ma non percepiamo mai il senso di cameratismo fra prigionieri, il sudiciume del carcere, la disperazione e l’incrollabile volontà di cercare una via di fuga.
Papillon: la psicologia dei protagonisti è sacrificata in nome di un’insistita violenza visiva
Dalla fotografia alla scenografia, è tutto troppo ovattato e curato per imprimere il senso di inquietudine e abbandono che l’originale Papillon e altre emblematiche pellicole di ambientazione carceraria hanno saputo dare. Lo stesso rapporto fra Papillon e Louis Dega è soltanto abbozzato, e apparentemente condizionato più da una sorta di bromance fra i due che da un reale legame di amicizia e fraterno supporto in queste disperate condizioni di vita. L’unico rischio che Michael Noer si prende rispetto all’originale è quello di una marcata efferatezza visiva, mentre per il resto dell’opera si appoggia timidamente all’originale, mettendone in piedi una copia sbiadita, priva di carattere e ben presto dimenticabile.
In quest’ottica, spiace vedere una delle scene più emblematiche e significative del film originale, ovvero la lacerante necessità da parte di Papillon di cibarsi di scarafaggi per sopravvivere alla fame, sacrificata in nome di una lunga e poco convincente sequenza di esercizi fisici del protagonista in isolamento, più finalizzati a mettere in mostra la notevole fisicità di Charlie Hunnam che a esporre il desiderio da parte del personaggio di tenersi in forma e in forze durante la sua solitudine forzata.
Se preso singolarmente, Papillon compie dignitosamente il suo dovere di dramma carcerario
Spezzando invece una lancia in favore di questo remake, possiamo dire che – se preso singolarmente – Papillon compie dignitosamente il suo dovere di dramma carcerario, evitando vistosi cali di ritmo e plateali ridondanze dovute a una trama basata prevalentemente su ripetuti tentativi di fuga. Quello che poteva rivelarsi un cataclisma cinematografico dalle proporzioni simili a quelle dell’aberrante recente rifacimento di Ben-Hur si palesa invece come un accettabile prodotto di intrattenimento, forte di alcune sequenze dal forte impatto visivo ed emotivo e dell’onorevole performance di Hunnam, che conferma le buone impressioni suscitate nel sottovalutato Civiltà perduta.
Papillon: l’imitazione non è all’altezza dell’originale
Pur essendo improbabile per qualsiasi membro del genere maschile uscire senza le ossa rotte da un confronto con Steve McQueen, l’attore britannico, nonostante un discutibile trucco nell’avanzare della narrazione, convince per carisma ed espressività, evitando la trappola dell’imitazione del più celebre collega e prediligendo un approccio più fisico al personaggio. Meno efficace la prova di Rami Malek, che sembra faticare a scrollarsi di dosso gli sguardi spiritati del suo Elliot Alderson in Mr. Robot e fallisce nel tentativo di dare enfasi e profondità alla stampella affettiva e logistica di Papillon.
Era veramente necessario un remake di Papillon? La risposta probabilmente è no, ma il film di Michael Noer riesce comunque a salvare il salvabile e a rivelarsi un’opera persino godibile, se approcciata con la mente sgombra da pregiudizi e riottosità. Da amanti del cinema e della pietra miliare di Schaffner vogliamo comunque vedere il bicchiere mezzo pieno e sperare che un eventuale successo commerciale di questo remake possa avvicinare un ampio numero di spettatori al predecessore e ad altri grandi classici del passato. Ciò che ci resta fra le mani nel frattempo è però un film privo di pesanti cadute ma fondamentalmente innocuo, che non rende giustizia né all’originale né all’ardimentosa e toccante vita di Henri Charrière.
Papillon arriverà nelle sale italiane il 27 giugno, distribuito da Eagle Pictures.