Ant-Man: recensione
Quante volte avete pensato di rimpicciolirvi come insetti per starvene comodamente allocati in un angolo remoto dell’universo a osservare il mondo? Magari, nella realtà, vi toccherà pazientare ancora qualche decennio, ma nell’universo della Marvel tutto è possibile, a patto che vi trasformiate in Ant-Man!
L’ultimo supereroe dei fumetti, partorito dalla smania registica di Peyton Reed, capovolge il concetto di grandezza attivando un’evoluzione carnale e spirituale in grado di convertire emotivamente il pubblico, coinvolgendolo in una catarsi leggera quanto comica, ancora più vicina alla fantasia dei più piccoli.
Scott Lang (interpretato da Paul Rudd) è un galeotto di un certo fascino, che si presenta agli spettatori lasciando danzare con una dignitosa maestria bicipiti e gote. La fine della prigionia nel carcere di San Quintino è segnata da un amichevole combattimento, scandito da un’insolita quanto energica melodia latino-americana. Lui, ragazzo di poche pretese con una laurea in ingegneria e un burrascoso passato da ladruncolo, è intenzionato a cambiare vita per riavvicinarsi alla figlioletta, nonostante gli ostacoli postigli dalla ex moglie e dal suo nuovo compagno (manco a farlo apposta, un poliziotto!).
Ma cambiare rotta è tutt’altro che semplice se al suo fianco c’è gente come Michael Peña (Fury), pronto a proporti un colpo facile e grosso: rubare a casa di un vecchio (Hank Pym alias Michael Douglas) assentatosi da casa. Ma cosa potrà mai tenerci in quella cassaforte stratosferica?
Ed ecco apparire la bella tuta di Ant-Man: un tranello di elevatissimo ingegno architettato dal Hank Pym in persona per passargli il testimone della sua grande scoperta: un siero in grado di rimpicciolire la forma aumentando la potenza. Una tecnologia segreta quanto rivoluzionaria che però, finendo nelle mani sbagliate – quelle del suo ex pupillo Darren Cross (interpretato da Corey Stoll), che ha già provveduto a brevettare il Calabrone – potrebbe mettere a repentaglio l’esistenza stessa della specie umana.
Il lavoro da supereroe è allettante quanto impegnativo, ma Scott non ha scelta. Inizia così la sua diatriba tra le beghe della materia e i disastri della sua coscienza. A differenza della maggior parte dei protagonisti marveliani (Captain America, Hulk, Iron Man, Thor) l’incombenza di salvare il mondo piove su di lui in maniera quasi obbligatoria, impreziosita qua e là da ironici dettagli dissociativi nei confronti degli Avengers.
La vicenda di Ant-Man crea una ragnatela intrigante di situazioni in grado di porre al centro del gioco cinematografico un semplice uomo, con le sue paure e ‘ansie da prestazione’, ma straordinariamente volenteroso di mettersi in gioco e di superare i propri limiti. Le strategie per sconfiggere i cattivi – che poi di fatto non sono neanche così temibili e oscuri – vengono pianificate intimamente tra le mura domestiche, organizzate con la stessa semplicità di una rapina, appoggiate da una tecnologia frivola e da una squadra di ex carcerati tutt’altro che sveglia.
Insomma, tra i figli di Stan Lee, questo sembrerebbe a prima occhiata essere il meno promettente, eppure nasconde sotto la cenere una fiamma sempre viva d’incanto, inducendo gli spettatori a prestare attenzione a ciò che solo apparentemente è invisibile agli occhi, prima fra tutte l’intelligenza laboriosa delle formiche: miniature perfette di un sistema complesso e prezioso nel quale ci si addentra a tutto tondo. Hank Pym studia infatti ogni minima specie, dalle formiche proiettile a quelle rosse, volanti, luminose, ognuna accompagnata da una spiegazione scientifica e appassionante. Ant-Man può contare su questo portentoso esercito e volare sul dorso di Antony, la sua fedele Formica Carpentiere Alata, disegnando così una delle scene più iconiche del film.
Ant-Man: arriva per la prima volta sul grande schermo il supereroe più piccolo dell’universo Marvel
A dare un valore aggiunto alla storia provvede il parallelismo tra Scott e Pym: entrambi padri incapaci di avere con le proprie figlie un rapporto normale. Il primo è vincolato da problemi economici; il secondo ha senza dubbio una situazione più complessa: non ha mai rivelato alla figlia Hope van Dyne (Evangeline Lilly) in che modo è scomparsa la madre (Wasp) credendo in questo modo di proteggerla, ma ricavandone sfiducia e incomprensione. Hope si dimostra essere una donna spigolosa e senza fronzoli, ma oltre la corazza custodisce una dose massiccia di umanità e grinta capace di innescare il meccanismo della vittoria.
Discorsi ingarbugliati quanto intimi, in grado di dare più calore e colore al lungometraggio. Cosa aspettarsi? Non il solito film della Marvel, non i soliti tizi spacconi e sicuri di sé pronti a distruggere città intere, quella di Ant-Man è una dimensione più piccola, essenziale e per questo reale, divertente e sorprendente. Ant-Man sarà al cinema dal 12 agosto 2015.