Hunger Games Il Canto della Rivolta – Parte 1: recensione
Harry Potter ha fatto da maestro e tutti sembrano avere imparato la lezione. Perché fare un unico film quando si può dividere una pellicola in due parti e di conseguenza incassare il doppio? Così dopo i Doni della Morte e Twilight Saga: Breaking Dawn, anche la Lionsgate ha optato per dividere Hunger Games: Il Canto della Rivolta, ultimo capitolo della saga cinematografica tratta dall’opera letteraria di Suzanne Collins in due parti. Idea geniale? Forse si, ma che tende a rovinare un film con buone premesse e due capitoli precedenti davvero spettacolari.
Dopo aver distrutto l’arena dei giochi, ed essere riuscita a fuggire, Katniss Everdeen si ritrova nel Distretto 13 dove tra incubi e sensi di colpa – per aver abbandonato Peeta – cerca di ristabilire il suo fragile equilibrio. Una missione non facile, visto che la Presidente Coin e Plutarch hanno intenzione di usare Katniss e trasformarla nel simbolo della rivolta che ormai infiamma tutti i distretti di Panem: La Ghiandaia Imitatrice. Katniss accetterà la proposta, iniziando una sorta di “guerra mediatica” con il Presidente Snow. Ma il ruolo di simbolo di speranza non è facile, e Katniss si troverà a dover combattere e ad assistere ad una rivoluzione forse necessaria ma che metterà a rischio tutti quelli che ama.
Dopo aver infiammato le sale di tutto il mondo con Hunger Games: La Ragazza di Fuoco torna dietro la macchina da presa la conferma Francis Lawrence, che riesce a confezionare una pellicola godibile e ben costruita che a differenza delle precedenti ha meno azione e più attesa, o per meglio dire… l’azione c’è ma è una guerra che si svolge principalmente sul piano mediatico, Snow e Katniss si danno battaglia su un campo diverso, fatto di messaggi alla nazione, green screen e pubblicità, il cui scopo è quello di “ingraziarsi” la popolazione dei Distretti. Una guerra che però non prende mai il via e rimane per 120 minuti in fase di lancio senza mai spiccare il volo, così la sceneggiatura viene eccessivamente allungata e annacquata di dubbi esistenziali e momenti che spezzano e “sgonfiano” la tensione, triste risultato della malsana idea di dividere un film come Mocking Jay in due parti, la prima preparatoria e la seconda di vera e propria azione, così tutto il fuoco che Catching Fire aveva acceso negli spettatori viene spento da un film privo della tensione che aveva rapito nei primi due capitoli. Detto questo va però confermato che Il Canto della Rivolta – parte 1 è un film da vedere, non solo per le straordinarie scenografie post-apocalittiche ma anche per la interpretazione della brava Jennifer Lawrence ormai anima e corpo di Katniss Everdeen, la Lawrence riesce a cogliere i tratti della protagonista e trasformarla nella ghiandaia imitatrice volto riluttante di una rivoluzione inevitabile, accanto a lei ritroviamo Josh Utcherson e Liam Emsworth che riprendono i ruoli di Peeta Mellark e Gale Hawthorne, la new entry Julianne Moore nel ruolo della fredda e decisa Presidente Alma Coin, ma a dare un pugno nello stomaco rimane l’interpretazione del compianto Philip Seymour Hoffman che riprende, ahimè per l’ultima volta, il ruolo di Plutarch bel personaggio che si nasconde dietro la “comunicazione” di Katniss.
Hunger Games: Il Canto della Rivolta – Parte 1 è indubbiamente un film di livello, diretto con maestria e interpretato con capacità, rimane però l’amaro in bocca di aver diviso una pellicola che poteva benissimo risolversi in un unico lungometraggio, spegnendo quelle fiamme che Hunger Games e Hunger Games: La Ragazza di Fuoco avevano indiscutibilmente acceso nel pubblico di tutto il mondo.