Venezia 75 – Memories Of My Body: recensione
La vita passa per il corpo: è questo di cui parla il film Memories Of My Body, un'esplorazione attraverso la carne che forma la crescita e la vita di un ragazzo
È attraverso il corpo che si esprime la vita. Che se ne entra a fare parte, che la si fa scorrere sotto pelle per rendere febbricitante la nostra esistenza. Anzi, non solo il corpo esprime la vita. Il corpo è vita. È vita con il suo spaziarsi all’interno dei luoghi, il proprio esplicare sentimenti interiori, il riportare il proprio stare nel mondo con azioni e movenze. Il corpo è il perno centrale dell’opera di Garin Nugroho, l’inizio e la fine di tutto in cui vanno a convergere le emozioni e la formazione del protagonista di Memories Of My Body – titolo originale Kucumbu tubuh indahko -, pellicola della sezione Orizzonti della 75esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia.
Alternandosi tra piccoli monologhi rivolti alla cinepresa ed immagini prettamente legate ad una narrazione più consona, il film tratta della formazione di Juno (Muhammad Khan) e del suo rapporto con il proprio fisico e le conseguenze che ne sono derivate. Da quando era solo un bambino fino al passaggio alla vita adulta, l’opera esplora la maniera con cui la fisicità del ragazzino diventato poi grande influisca nelle sue scelte, nel suo modo di relazionarsi con gli altri, ricoprendo quest’importanza fondamentale che lo ha accompagnato fin dall’inizio della sua esistenza.
Memory Of My Body – Il corpo come la nostra casa
Piacere, dolore, sofferenza, godimento. Tutto questo si riflette su noi stessi, tutto questo si riflette come un segno indelebile sulla nostra pelle. E cos’è la pelle se non ciò che va a confezionare il nostro corpo? Che lo rende tale, bello, ponendolo nell’ambiente e permettendogli di esplorarlo con trasporto e interesse? Il corpo è la nostra casa ed è intorno a questo tema monotono, ma dalle diramazioni ampissime e delle più diversificate, che si costruisce Memories Of My Body. Aprendosi a raggio per includere ogni aspetto legato alla fisicità e alla figura carnale di una persona, il film di Nugroho si muove come quei passi di danza presenti dentro le coreografie della pellicola, diventando al momento più netto e preciso e in un altro più morbido e sensuale.
Il corpo come strumento di conoscenza che accompagna il protagonista Juno in un film che vive di prestanza, del tocco più o meno leggero delle persone e di una crescita mentale che cammina di pari passo con quella del proprio fisico. C’è una poeticità tradizionale nel racconto del regista indonesiano, un’armonia nella delicatezza e nell’irruenza che si controbilanciano nelle relazioni tra storia e palcoscenico degli accadimenti.
Memories Of My Body – Quando il corpo perde il proprio centro
Questa semplicità della trattazione – che nasce nel corpo, prosegue nel corpo e muore nel corpo – va però sovraccaricandosi di una struttura discorsiva in disaccordo con le premesse perseguite per più di metà film, virando all’ultimo su di un intreccio non pienamente comprensibile, che fa perdere di vista la filosofia corporea perseguita fino a quel momento nell’opera e che si pensava rimanesse fissa al suo interno. Lo sviluppo del personaggio è infatti interrotto poiché gli viene costruito attorno un racconto che fa perdere l’essenzialità della presenza e del simbolismo della massa corporea, diventando una sorta di dramma di intrighi in cui non è facile ritrovarsi.
Memories Of My Body funziona meglio perciò quando rimare fedele alla sua premessa iniziale, sull’esplicazione dell’importanza di essere coscienti del luogo in cui abbiamo riposto la nostra anima e di come tra questa e il proprio involucro ci sia un continuo scambio di passione e forza. “Devi amare il tuo corpo che porta su di sé il percorso della tua vita”. Ma bisogna anche mantenere ben chiaro un punto e non lasciarlo sfuggire, cosa che purtroppo al film accade.