Dog Days: recensione del film con Vanessa Hudgens
Mettendo in campo una squadra assai nutrita di personaggi ognuno dei quali accompagnato da un amico a quattro zampe, Dog Days è una commedia in un certo senso riuscita ma fin troppo banale
C’è stato un tempo in cui far incontrare delle persone per poi farle innamorare grazie ai loro cani sembrava una buona idea. Era il 1961 e quello che poi sarebbe diventato niente di più di un cliché troppo sfruttato dava l’avvio a uno dei tanti successi Disney, La carica dei cento e uno (One Hundred and One Dalmatians). Nel 2018, invece, si fa fatica a pensare che un tale stratagemma possa ancora dare i suoi frutti ma, a quanto pare, c’è chi ha deciso di investirci tempo e denaro portando alla luce Dog Days da oggi nelle nostre sale. Le sceneggiatrici Elissa Matsueda ed Erica Oyama insieme al regista Ken Marino ci consegnano una commedia per la maggior parte del tempo dignitosa se non fosse per certi affondi nel ridicolo che non sappiamo se imputare banalmente a una scrittura piuttosto povera o a un adattamento italiano pigro e fondamentalmente inadeguato.
Contrariamente alle aspettative indotte dal titolo, i protagonisti del film non sono purtroppo i cani. Senza dubbio questi hanno una certa importanza all’interno del film ma sembrano essere utilizzati più come mero strumento per far funzionare una trama piuttosto banale che non come fulcro della storia. Tuttavia, Dog Days si apre con un elogio al miglior amico dell’uomo, descritto come principale portatore di felicità nella vita del proprio padrone. Un attimo dopo veniamo introdotti ai vari personaggi che popolano il film, alcuni più importanti di altri. Elizabeth (Nina Dobrev) è una conduttrice televisiva professionale ma fin troppo rigida adesso single dopo aver scoperto che il fidanzato la tradiva. Abbiamo poi Tara (Vanessa Hudgens), studentessa di marketing a lavoro in un coffee shop, che sogna di uscire col veterinario figo che lavora dall’altro lato della strada. Ruth (Jessica St. Clair) è incinta e durante il baby shower che ha organizzato niente va come dovrebbe, compresa la mancanza del fratello Dax (Adam Pally) che avrebbe dovuto suonare con la sua band. Grace (Eva Longoria) e Kurt (Rob Corddry) hanno appena adottato una bimba ma fanno fatica a farla sentire parte della famiglia. Infine, Walter (Ron Cephas Jones) è un vecchio docente universitario in pensione che stringe amicizia con Tyler, il ragazzino che gli consegna le pizze (Finn Wolfhard). Neanche a dirlo, ognuno di questi personaggi ha un cane e le loro vite, come in ogni commedia che si rispetti, finiscono per intrecciarsi almeno una volta.
Dog Days: come anche una commedia banale può funzionare
Laddove ad alcune storyline si dà più spazio che ad altre, tutto sommato bisogna riconoscere a Dog Days che, in linea piuttosto generale, il film funziona. Certo, stiamo parlando di una commedia di poche pretese perciò non possiamo indignarci più di tanto di fronte a qualche scena imbarazzante in cui ragazze e ragazzi si coprono di ridicolo nel tentativo di far colpo sul bello/a di turno o al ricorso al solito stereotipo per cui una donna incinta è più nervosa e insofferente per colpa degli ormoni e non perché affiancata da un marito che definire inutile sarebbe decisamente riduttivo. Fatta quindi pace con la natura del film che stiamo guardando, non è da escludere che ci possano essere alcuni momenti a tratti coinvolgenti se non a dir poco commoventi – anche se, a onor del vero, sembra piuttosto difficile imbastire una commedia piena di cani fedeli e affettuosi senza mai riuscire a smuovere qualcosa nei cuori degli spettatori.
Dog Days: un adattamento italiano che spegne il divertimento
Ciò che più di tutto contribuisce a rovinare il film è però un adattamento italiano stanco e non all’altezza neppure di una pellicola di livello piuttosto basso. Che uno degli scopi principali dell’adattamento sia, ovviamente, quello di adattare un copione per renderlo più fruibile a un pubblico italiano è indubbio ma questo non dovrebbe avvenire a scapito della credibilità dello stesso testo. Far urlare a una conduttrice televisiva di Los Angeles se qualcuno dei suoi colleghi abbia una grappa da offrirle è francamente ridicolo e geograficamente fuori luogo. Così come suona piuttosto provinciale mettere in bocca a un ex giocatore di football, a quanto pare in cerca di una nuova auto, che stava pensando di comprare una Fiat se non fosse che lo spazio che possiede – in giardino? in garage? – è troppo ridotto. Se a questo si aggiungono cose come “festa danzante”, “organizzare una riffa” (che certo è parola italiana ma sfido a trovare una ragazza di venticinque anni che parlando con un amico utilizzi riffa con nonchalance), o “a tavoletta” la situazione sembra farsi piuttosto disperata. Inoltre, è curioso che, in alcuni momenti di decida di tradurre i messaggi che compaiono sullo schermo del telefono o in sovraimpressione ma si lascino poi in inglese tutti i titoletti che scorrono durante i programmi televisivi.
In conclusione, Dog Days si presenta come una commedia carina, capace di costruire una buona trama con degli intrecci che funzionano nei limiti però di una scrittura abbastanza elementare. Le frizioni blande, i problemi che si risolvono con un battere di ciglia, il lieto fine assicurato per tutti i personaggi fanno parte del pacchetto e sarebbe fin troppo spocchioso aspettarci qualcosa di diverso. Dispiace solamente che, a un orecchio più attento, buona parte di quell’innocente divertimento che questa commedia avrebbe potuto portare viene rovinato da un adattamento pressappochista.