All Eyez on Me: recensione del biopic su Tupac
Un film che non rende giustizia alla vita del rapper di New York, raccontando solo il cantante hip-hop fuorilegge e non la profondità del personaggio.
All Eyez on Me è un film biografico diretto da Benny Boom, incentrato sulla vita del rapper statunitense Tupac Shakur, e interpretato da Demetrius Shipp Jr., Danai Gurira, Kat Graham, Annie Ilonzeh e Dominic L. Santana.
All Eyez on Me racconta la storia di Tupac Amaru Shakur, un ragazzo cresciuto a New York, figlio di un’attivista vicina al movimento dei Black Panthers, che visse una vita turbolenta e drammatica che riuscì ad esorcizzare grazie al suo talento musicale e alla sua urgenza artistica. Il film segue Tupac in tutte le fasi della sua vita, da quando si trasferisce in California, dai suoi primi contratti discografici, la prigione, alle faide musicali e personali. Il regista, per narrare le vicende del film in una sequenza più lineare possibile, lo immagina mentre dialoga con un giornalista che sta realizzando un documentario su di lui.
Questo porta lo spettatore ad immergersi nella vita di un ragazzo newyorchese, educato in una famiglia compresa soprattutto da donne, un ragazzo talentuoso, interessato alla recitazione, a Shakespeare; e poi il film ci trascina a picco nel suo successo, con la musica dissacrante, l’innovazione, l’impegno politico e il dibattito sui suoi testi osceni, l’ostilità verso la polizia e il suo storytelling attraverso una definizione coraggiosa di Thug Life. All Eyez on Me tratta da vicino la vita di un rapper, attore, attivista e vittima di due conflitti a fuoco, l’ultimo dei quali, l’8 settembre 1996 a Las Vegas, gli fu fatale.
All Eyez on Me – una biografia visiva micidiale
All Eyez on Me è un film che tenta in tutti i modi di canonizzare un personaggio contraddittorio e complesso come 2Pac, rapper rivoluzionario e magnetico e il film di Boom, nonostante il minutaggio considerevole, non riesce a restituire la sensazione o l’illusione che Tupac sia presente e che sia quel personaggio che stiamo osservando sullo schermo. Ciò che è stato fatto è ingabbiare la vita di un uomo con una biografia visiva micidiale, ricostruendone l’estetica in modo impeccabile: l’attore che lo interpreta, Demetrius Shipp Jr., ha una somiglianza inquietante verso Tupac, un perfetto doppelganger, ma non solo dal punto di vista fisico, ma anche nella voce, nei gesti, al punto che da essere un’interpretazione efficace sembra diventare un’emulazione, un’imitazione che purtroppo non serve, non è utile a far comprendere quella che è stata la parte essenziale di un rapper, che in questo film viene sottovalutata, ovvero la sua mente.
All Eyez on Me, con le sue due ore e venti di film, è incapace di gestire la storia e di rendere giustizia alla vita del rapper di New York. Ciò che rende il tutto fastidioso, al di là della cronologia ridondante e dei balzi narrativi che vive, è che cerca di santificare una figura che era molto più interessante e molto più vera della perfezione. Il suo ego infuocato che si è scontrato contro la strumentalizzazione, di cui è stato oggetto per tutta la vita, che fu prigioniero in un certo senso, del proprio talento, tutto ciò non emerge e piuttosto che mostrare le sue tribolazioni, i suoi drammi e cosa lo ha reso l’artista sfacciato che è diventato, il film prova molto più interesse verso la sua disumanizzazione e l’epica che l’ha susseguito.
All Eyez on Me è incapace di gestire la storia del rapper di New York
Il film di Boom inoltre compila nella narrazione tutta la collezione di grandi successi di Tupac, senza contestualizzarli, li presenta come versi contemplativi: è solo musica, musica casuale, aleatoria. Purtroppo All Eyez on Me non è riuscito a scovare il genio, lo stile, le parole e soprattutto a scrutare la sua vita, in un modo che fosse rappresentativo e reale, mentre invece mostra solo un brandello della sua identità, un cantante hip-hop fuorilegge che ha quell’attitudine gangsta senza sapore, senza colore.