The Reunion: recensione del film
The Reunion, il film diretto da Anna Odell, presentato e premiato alla 70° Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, sarà nelle sale italiane a partire dal 25 ottobre.
Anna Odell è un’artista quarantenne di Stoccolma dagli studi prestigiosi. Nel 2009 salì alla ribalta della cronaca svedese per aver inscenato un episodio psicotico fittizio su un ponte, cui conseguì un vero ricovero in una struttura psichiatrica. L’intenzione artistica dietro il gesto performatorio era quella di rivelare che anche le istituzioni preposte alla cura dell’individuo sono regolate dai rapporti di potere che vigono nella società, da una sistematica gerarchizzazione tra chi conta e chi no. Glielo rimprovera anche un’ex compagna di classe durante la cena per i vent’anni dal conseguimento del diploma, facendo riferimento alla scandalo mediatico che l’ha coinvolta: “Hai sperperato irresponsabilmente fondi pubblici, che potevano servire a qualcun altro!”.
L’ex compagna di classe in questione è un’attrice, ma Anna Odell nel suo primo lungometraggio The Reunion, vincitore del Premio Fipresci alla 70esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, non finge: interpreta se stessa in un’opera che mescola finzione e documentazione, senza rinunciare all’auto-fiction. Il confine tra ciò che è reale e ciò che è trasfigurato filmicamente resta apertamente confuso, ma non è, in fondo, il virtuosismo concettuale, vagamente provocatorio, ciò che importa o stupisce.
The Reunion: una cena di classe che sfocia nell’accusa e nella rivendicazione
L’idea di girare questo film, diviso tra una prima parte finzionale e una seconda parte apparentemente documentaristica (ma chi può dire veramente che non sia fiction anch’essa?), è nata nella regista in seguito alla scoperta di essere stata esclusa da un ritrovo di ex compagni di liceo. La regista mette in scena quello che sarebbe successo, se solo ci fosse andata o almeno quel che lei avrebbe voluto succedesse.
In Svezia la scuola dell’obbligo dura nove anni, dai sette ai sedici, e quel che c’è prima (la pre-scolarizzazione) e dopo (l’avviamento universitario o professionale) è discrezionale. Bambini che si ritrovino nella stessa classe sono, dunque, destinati a passare insieme un sacco di tempo, dalla tenera infanzia fino all’adolescenza inoltrata. Un’epoca, quella che coincide con l’aggregazione scolastica, che può scavare un segno indelebile su un’identità: è questa possibilità quanto cerca di capire Anna, quando si presenta a sorpresa alla cena organizzata dai suoi ex compagni, è quanto vuole indagare con i suoi occhi turchini e inquisitori, ossia se gli altri ricordino o abbiano compreso, da grandi, il male che da piccoli le hanno inflitto, dicendole che era brutta, prendendola in giro, ignorandola, escludendola ad oltranza, facendola sentire uno zimbello o un rimpiazzo, quella di troppo su cui esercitare prepotenza o opportunismo, a seconda dell’inclinazione caratteriale di ognuno.
The Reunion è un film intelligente sulle dinamiche di potere e sull’identità di una nazione che sembra includere ed invece esclude
Il punto della rivendicazione tardiva, chissà anche infantile, capricciosa, pretestuosa e fuori luogo, dell’Anna Odell-personaggio è quello di pronunciare da adulta quelle parole di denuncia e di condanna che da ragazzina non era stata in grado di pronunciare, per il desiderio, mai estinto o rielaborato, di essere accettata, di divenire anche lei parte del gruppo, quel gruppo verso il quale ogni individuo amministra il suo personale, ineludibile culto. Il punto della rivendicazione puntuale e lucidissima dell’Anna Odell-regista, l’Anna Odell della seconda parte, è invece quello di dimostrare che quei bambini non sono mai veramente cambiati e che l’età adulta soffoca dietro la bandiera della rispettabilità sociale e della responsabilizzazione matura lo stesso istinto giudicante ed escludente che nell’infanzia e nell’adolescenza si è culturalmente legittimati a scatenare.
L’elemento in comune tra le due rivendicazioni è la denuncia di una società, come quella svedese, che si presenta liberale ed inclusiva ed è, in realtà, gretta ed esclusiva come tutte le altre. La lezione inesauribile del grande cinema nordico, quella di squadernare le apparenze e far saltare con un bisturi ‘esistenzialista’ tutte le finzioni e le pretese innocenze, i tabù e gli automatismi stanchi delle relazioni, viene qui rielaborata in modo originale, a metà tra linguaggio tradizionale del mezzo e sperimentazione contaminatoria e grottesca. La sorpresa è, però, in fondo, quella che The Reunion sia un film davvero avvincente e, meritoriamente, per niente intellettualistico.