RomaFF13 – Chi scriverà la nostra storia (Who will write our history): recensione
Chi scriverà la nostra storia è un docu-fiction diretto da Roberta Grossman, in concorso alla Festa del Cinema di Roma, che narra le pagine più nere della nostra storia attraverso un altro punto di vista.
Basato sull’omonimo libro di Samuel Kassow, Who will write our history è un film diretto, scritto e prodotto da Roberta Grossman, una delle dodici donne in concorso nella selezione ufficiale della tredicesima edizione della Festa del Cinema di Roma. Tratta le vicende accadute nel novembre del 1940, anno in cui i nazisti relegarono nel campo di concentramento di Varsavia oltre 450.000 ebrei. Un gruppo di giornalisti, ricercatori e capi di comunità, guidati da Emanuel Ringleblum, decise di combattere la propaganda nazista armandosi di carta e penna, in segreto.
Chi scriverà la nostra storia è l‘Oyneg Shabes (tradotto: la gioia del Sabbath), il più grande e importante archivio esistente che sia stato rinvenuto sui fatti accaduti all’interno delle mura di Varsavia: 30000 pagine scritte, insieme a fotografie, poster e altri innumerevoli documenti di vario tipo, contribuiscono a fornire quello che senza dubbio rimane la più rilevante testimonianza diretta, “da dentro”, degli orrori subiti dai deportati che hanno passato giorni o anni nel campo di concentramento nazista simbolo della città polacca. La sua importanza, senza eguali, risiede nel suo tempismo, nella sua immediatezza, rispetto alle vicende che racconta attraverso le parole e le immagini.
Con Chi scriverà la nostra storia entriamo nel cuore delle torture
Un pozzo d’informazioni raccolte e classificate dal dottore Emanuel Ringelblum, a capo della rischiosa operazione concepita come silenziosa battaglia contro le oscenità dell’olocausto e divenuto, per naturale corso della storia, attestato di memoria delle vittime che ne conseguirono, decedute o per sempre segnate da quell’incubo.
Se qualcuno ha già pensato a scrivere la Storia, “chi scriverà la nostra storia?”, sembra chiedersi Roberta Grossman, regista-autrice e produttrice, insieme a Nancy Spielberg, di Chi scriverà la nostra storia. La risposta è nel nome stesso dell’opera: se si parla di olocausto, è imprescindibile svuotare la “history” dell’implicito significato di quello che normalmente verrebbe definito “story“: la storia personale (collettiva, ma prima di tutto individuale) è al contempo la Storia, quella che si racconta ai posteri, quella macro-storia fatta di grandi eventi scaturiti da un brulicare inarrestabile di piccoli uomini in gruppi.
Mediante rarissimi filmati di repertorio e interviste esclusive, il docu-fiction di Grossman interpretato da Adrien Brody (Il pianista) entra, e ci permette di entrare, nel campo di prigionia che con l’indagine si rivela campo di sterminio, quel focolare di una tortura che non ha conosciuto limiti fisici o morali. Le pagine più nere della storia occidentale moderna prendono vita grazie a un collage di preziose e autentiche testificazioni sulla vita del gruppo di intellettuali impegnati nella missione top secret e al reportage sulle poesie, sulle numerose canzoni e storie scritte e tramandate a Varsavia, rendendo giustizia e dando spazio alle loro voci individuali.
Chi scriverà la nostra storia: l’ardente urlo del ricordo
E quindi chi scriverà la nostra storia? Questo il dilemma alla base del film di Grossman, che ribalta i punti di vista conosciuti sulle atrocità di cui i nostri libri di storia raccontano con una struttura narrativa impeccabile che fonde il documentario alla fiction, in un perfetto ibrido in grado di emozionare con la forza della verità.
Chi scriverà la nostra storia spiega che non basta, da sola, la memoria: perché questa acquisti un significato nel tempo, occorre anche trovare il coraggio e la determinazione per esprimerla, perpetuarla, a chi non la conosce e a chi neppure ne sospetta. Quanto riduttivo e ingiusto sarebbe definire il film di Grossman un documentario, un dramma o, peggio, un holocaust movie: Chi scriverà la nostra storia è un’opera fondamentale che, al di sotto di una confezione elegante e vagamente sperimentale (senza mai essere compiaciuta), nasconde in realtà l’ardente urlo di chi vuole rammentare l’importanza del racconto, della narrazione, della parola. Della parola, quindi della libertà.
Il film è al cinema dal 27 gennaio 2019, distribuito da Wanted Cinema e Feltrinelli Real Cinema.