Styx: intervista al regista Wolfgang Fischer
Wolfgang Fischer parla del suo Styx, di come è stato girato il film e della situazione dei profughi dispersi in mare e di cosa possiamo fare noi in merito.
Styx è il nome greco dello Stige, il fiume infernale che ostacola il percorso verso l’Oltretomba. Un nome mitologico e carico di significato, Styx, il titolo del nuovo film di Wolfgang Fischer che uscirà il 15 novembre nelle sale. Il film è sostenuto da Amnesty International e partecipa al festival da loro organizzato a Napoli. Inoltre Styx è tra i tre finalisti del premio Lux 2018 del Parlamento Europeo.
Il regista Wolfgang Fischer ha presentato la sua opera, raccontando come è stato girato il film e sopratutto il suo punto di vista riguardo il fenomeno dell’emigrazione e dei soccorsi in mare.
Come pensi possa reagire il Parlamento Europeo oggi, che parte dei parlamentari pensano di ributtare i profughi in mare come Salvini?
“Io volevo creare con questo film un impatto emotivo nel pubblico e creare un dialogo. Infatti ho apprezzato molto una spettatrice che ha detto: dei fatti ho notizie in grande quantità, li leggiamo ovunque e a tutte le ore. Però è la prima volta che riesco a confrontarmi con l’impatto emotivo che un fatto del genere comporta, riuscendo a immedesimarmi nella protagonista. La novità del film vuol essere questa: dare l’impatto emotivo di ciò che accade e non raccontare dei fatti che conosciamo abbastanza bene. Quello che mi aspetto è che il pubblico vedendo questo film (anche se so che molti non andranno a vederlo solo perché sanno che si parla di profughi), partecipando emotivamente riescano a spargere la voce. Credo nel potere del cinema e del film. Infatti è stato molto bello ieri, che c’era la giornata del Lux Price, contemporaneamente in 28 città europee, e da Bruxelles i tre registi hanno parlato con il pubblico. Questo è stato un momento importante di spirito europeo. La protagonista è da sola e non sa cosa fare: questo vale anche per i paese: un paese da solo non riesce a risolvere un problema. Insieme possiamo affrontarlo e conviverci, dato che è troppo facile prendersela con i deboli e per questo i populisti in questo momento hanno questa crescita, perché sostengono tesi troppo facili. In realtà dobbiamo affrontare la complessità di questo fenomeno.”
Puoi spiegarci l’immagine delle scimmie iniziale, siamo noi?
“Non volevo assolutamente dire che noi siamo delle scimmie, ma è la specie tipica di Gibilterra tant’è vero che una leggenda dice che se spariranno le scimmie da Gibilterra, Gibilterra ritornerà alla Spagna. Quindi sono molto protette, anche più di un essere umano. Mi piaceva molto la scena iniziale perché queste scimmie vagano per la città senza alcun essere umano, come se la natura avesse ripreso il suo posto. Queste scimmie le abbiamo scelte perché sono a Gibilterra, dove sono le colonne d’Ercole, dove finisce l’Europa e dove inizia un altro mondo e ci interessava anche simbolicamente partire da qui.”
C’è una tempesta nel film, come è stata girata? Inoltre nella protagonista si è mosso un grande dubbio di coscienza: forse ho una responsabilità nella tragedia finale, perché non sono stata la salvezza che speravano.
“Abbiamo girato la maggior parte del film in mare, quindi è tutto vero, compresa la tempesta. Soltanto due piccole inquadrature sono state girate a Malta.
Ho voluto costruire un personaggio che essendo un medico aveva fatto il giuramento di Ippocrate e sapeva benissimo come salvare delle vite, per cui le sue scelte non potevano in alcun modo essere giustificate dall’ignoranza o dall’incompetenza, perciò il dilemma è più complesso. Il personaggio si trova in una situazione in cui qualsiasi cosa fa potrebbe essere sia giusta che sbagliata. Può provocare morti o salvare persone e certamente lei ha il dubbio di essere responsabile. Dato che lei, nonostante abbia competenza, è in dubbio e non ce l’ha fatta da sola: cosa avremmo fatto noi? Il non avere soluzioni da soli è il punto di cui parlavamo anche prima. Io ho iniziato a pensare a questo film 9 anni fa. Quando ho fatto l’anteprima a Berlino ho notato che non era cambiato niente, anzi semmai peggiorato.”
L’idea di scrivere questo film è politica (i soccorsi ai profughi) o intima, riguardante la storia di questa donna e la sua lacerazione interiore?
“L’idea principale era parlare di noi stessi: chi siamo, come viviamo il mondo di oggi e cosa vogliamo essere nel futuro. Quindi abbiamo scritto insieme a Ika (Kunzel) la storia di questa donna mettendo lo spettatore medio nello suo punto di vista per tutto il tempo, senza lasciarlo mai. Naturalmente questo è un punto di vista occidentale, di fronte a questo tema. Avevamo comunque l’dea di fare un film sui migranti, con la consapevolezza che sarebbe stato il problema dei prossimi decenni. Questo tema oggi non provoca morti in mare come prima, perché muoiono prima, nel deserto, e muoiono senza il favore delle telecamere. Quindi molti sono portati a pensare che sia risolto solo perché non lo vediamo.”
Nel XXI secolo avere questa situazione mi provoca una profonda sofferenza perché non credo sia umano
Nel film ci sono richiami alla mitologia, avevate delle conoscenze pregresse?
“La mitologia greca è sicuramente un riferimento del film a partire dal titolo. Lo Stige è quel fiume che divide vivi e morti che vivono parallelamente. Poi ricorre anche in Dante, per far vedere che la storia si ripete e oggi viviamo le stesse situazioni, ovviamente con le dovute proporzioni e adattamenti. Abbiamo avuto sempre in mente queste immagini quando abbiamo scritto il film, però non era una nostra conoscenza pregressa (salvo le nozioni scolastiche), ma abbiamo fatto delle ricerche specifiche scrivendo Styx.
Abbiamo scritto ogni scena, senza improvvisare nulla, proprio perché dovevamo girare in mare. Nemmeno l’uccello che arriva era improvvisato, lo abbiamo scritto, poi non sapevamo quando sarebbe arrivato, ma la scena c’era. Questo perché simboleggia il paradiso di Darwin che vuol raggiungere la protagonista. Il massimo benessere a cui potremmo arrivare.”