Il caso Freddy Heineken: la storia vera del rapimento del magnate della birra
Un thriller action passato in sordina nel nostro Paese e caratterizzato da una cifra stilistica marcatamente nordica per il racconto di uno dei rapimenti più famosi del secolo scorso in cui a primeggiare, seppur per pochi minuti, è senza dubbio un sempre sontuoso Anthony Hopkins.
Basato sul libro di Peter R. de Vries The Kidnapping of Alfred Heineken, il film racconta la storia vera del sequestro del magnate presidente dell’industria della birra Freddy Heineken, avvenuto ad Amsterdam nel 1983 da parte di cinque giovani ragazzi olandesi: Cor van Hout, Willem Holleeder, Jan Boellaard, Frans Meijer e Martin Erkamps. La storia di uno dei più famosi rapimenti mai perpetrati era già stata oggetto di una pellicola sconosciuta di produzione britannico-olandese dal titolo The Heineken Kidnapping e con protagonista Rutger Hauer nei panni del miliardario.
Nonostante l’appassionante vicenda narrata, entrambi i film non hanno riscontrato grande successo fra pubblico e critica, venendo così facilmente relegati nel comune dimenticatoio e lasciando all’oscuro dei fatti coloro che all’epoca non hanno avuto la possibilità di seguire gli avvenimenti in contemporanea. Ma il lato positivo del cinema è anche quello di farci scoprire storie di cui altrimenti non verremmo mai a conoscenza e uno dei pochi motivi per cui vedere Il caso Freddy Heineken, forse, è proprio quello di porre la nostra attenzione su questo evento, così da poterci documentare noi stessi in merito alla vicenda realmente accaduta e scoprire la reale storia dietro il rapimento più oneroso della storia.
Scopriamo insieme la storia vera del rapimento del magnate della birra Freddy Heineken
Era la sera del 9 novembre 1983 quando Alfred Henry Heineken, conosciuto come uno degli uomini più ricchi del mondo e al tempo presidente della famosa società produttrice di birra, veniva rapito insieme al suo autista Ab Doderer all’uscita del suo ufficio. I sequestratori erano cinque ragazzi senza arte né parte che cercavano la maniera migliore per guadagnare facilmente a spese degli altri, ma coloro che sarebbero rimasti nella mente delle persone furono la mente del colpo Cor van Hout e suo cognato Willem Holleeder, quest’ultimo figlio di un ex-autista personale di Heineken e ancora oggi considerato come il criminale più pericoloso di tutti i Paesi Bassi.
Prima del rapimento di Heineken, la banda era già stata coinvolta in una serie di rapine a mano armata e, di tanto in tanto, si occupava dello sfratto degli squatters per conto dei proprietari immobiliari. Ma i guadagni erano effimeri e non permettevano la vita agiata che tanto avrebbero desiderato e fu così che arrivò l’idea di rapire colui che era raffigurato come il re Mida della loro nazione, il magnate di una delle più importanti aziende mondiali e il cui volto si trovava su tutti i giornali dell’epoca.
Nonostante non venga mostrato nel film, i rapitori ci misero ben due anni a pianificare il colpo nei minimi dettagli e, una volta operato il sequestro dopo diversi tentativi falliti, portarono le due vittime presso un capannone nella periferia della città e li rinchiusero in due stanze insonorizzate, tenendoli perennemente incatenati a una parete in condizioni tutt’altro che favorevoli, soprattutto se si considera l’età avanzata di Heineken che all’epoca aveva da poco compiuto sessant’anni.
Il rifugio era stato preparato in anticipo per l’occorrenza attraverso la creazione di doppi muri con due celle nascoste da una porta segreta, rendendo il perimetro più corto all’interno di ben 4 metri che non sarebbero stati notati dall’esterno. Per questo motivo e in mancanza di altri indizi, la polizia non riuscì a compiere grandi passi avanti nel ritrovamento del luogo dove erano tenuti gli ostaggi e, dopo 21 giorni, la famiglia di Heineken, in seguito a una lettera disperata scritta da quest’ultimo, si arrese a pagare il riscatto più alto mai sborsato per un rapimento: 35 milioni di fiorini olandesi, corrispondenti a 25 milioni di euro di oggi, parte dei quali non furono mai ritrovati dalla polizia e che si suppone siano stati nascosti dai malviventi in modo da poterli recuperare nel caso in cui le cose fossero andate per il verso storto.
Il caso Freddy Heineken: l’epilogo del rapimento
Benché avessero ottenuto i soldi del riscatto, i sequestratori decisero di non liberare i due uomini, i quali furono rintracciati dalla polizia solamente grazie a una telefonata, il cui corrispondente rimane ancora oggi anonimo, che li informava dell’esatta ubicazione del luogo di detenzione e dell’identità di ciascun sequestratore, permettendo così di ritrovare gli ostaggi ancora vivi e di catturare tre dei cinque giovani ancor prima della loro fuga, ossia Jan Boelaard, Frans Meijer e Martin Erkamps. Dall’altra parte, i due capi della banda Cor van Hout e Willem Holleeder riuscirono a scappare e rifugiarsi in Francia, prima di essere trovati a Parigi sei mesi dopo il rilascio di Heineken.
Ci vollero altri tre anni prima che i due venissero estradati nei Paesi Bassi e arrivassero nell’aula di tribunale che li condannò a 11 anni di carcere (di cui però, scontarono solamente cinque). Durante l’attesa del processo, il loro compare Frans Meijer riuscì a fuggire da un ospedale psichiatrico in un cui era stato tenuto in detenzione e visse in Paraguay per anni prima di essere rintracciato da Peter R. de Vries, autore del libro da cui è stato tratto Il caso Freddy Heineken.