Editoriale | Il Grinch: l’incredibile interpretazione e trasformazione di Jim Carrey
Jim Carrey col trucco da yeti è davvero irriconoscibile. Ecco l'interpretazione e la trasformazione dell'attore in Il Grinch del 2000.
Luci, colori, canti, regali su regali. Si è tutti più buoni o almeno così dovrebbe essere in ogni parte del mondo, anche nel paese di Chinonsò, abitato dai nonsochì. C’è però una persona, una sola che non lo è assolutamente, c’è uno, uno solo che odia tutto e tutti, che mal sopporta tutta la retorica del Natale. Questa persona è il Grinch, un essere verde, alto, terrificante, preso in giro e per questo rifugiatosi, ai margini, al di sopra di un monte, dove vive trovando nella discarica dei nonsochì ciò di cui necessità. Il Grinch del 2000, firmato Ron Howard, è diventato un classico – il libro da cui è tratto, scritto da Theodor Seuss Geisel -, una pellicola che riflette sul significato del Natale e sulle molte ipocrisie dell’essere umano che mette da parte chi è diverso e dall’altra parte si stringe attorno all’albero addobbato per festeggiare il 25 dicembre. Uno degli elementi vincenti del film è sicuramente l’interpretazione di Jim Carrey che dà corpo ad un verde cavernicolo che mal sopporta i suoi concittadini che lo hanno deriso e irriso quando era un piccolo nonosochì e che mal sopporta quell’aria di festa.
Il Grinch: l’ennesima maschera per l’attore più cartoon di Hollywood
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L’espressione del volto di Carrey può variare dal corrucciato al torvo, fino ad arrivare ad una smorfia di astio e livore che lo “illumina” ogniqualvolta un’idea malvagia lo possiede. Il “mostro” è odioso, malefico, scaltro, astuto, a tratti irascibile, molto sgarbato e addirittura intollerante verso il genere umano tranne verso il suo cagnolino, l’unico in grado di intenerirlo; lo si capisce fin da subito è la cattiveria degli altri che lo ha reso tale.
Il Grinch è l’apoteosi del trasformismo di Jim Carrey, in grado di dar corpo con le sue acrobazie comiche, con il suo volto, malleabile plastilina capace di contorcersi in smorfie da cartoon, nonostante sia di carne e di ossa. Grazie al trucco di Rick Baker Carrey è il verde Grinch, spaventoso e orripilante, che passa il suo tempo ad allenarsi ad essere cattivo, brutto in modo assurdo, divertito per le angherie da lui orchestrate ai danni di chi con lui è stato crudele e gli ha spezzato il cuore. Il protagonista del film è una maschera, una delle tante indossate dall’attore amante delle sfide, che non teme assolutamente di mettesi alla prova ancora e ancora: sotto protesi distorcenti la sua capacità attoriale fuoriesce. Carrey, “rivestito” di un involucro gommoso, ricoperto di peli, muove ogni centimetro del suo volto e del suo corpo per raccontare i pensieri più nascosti del Grinch, ogni suo ricordo più o meno doloroso – come non intenerirsi di fronte al piccolo “yeti” verde che viene preso in giro perché, per essere più bello agli occhi della bambina che ama, si è fatto la barba e porta sul volto i segni della rasatura.
Il Grinch: tante ore di trucco per diventare uno yeti verde
Il Grinch di Carrey sembra un personaggio uscito da un film di Tim Burton – non a caso il regista avrebbe voluto girare la pellicola – e l’interprete sguazza dentro a quel mondo tanto colorato e tanto spaventoso quanto malinconico e “patetico”. Le tante ore di trucco per diventare Lui rendono l’attore insopportabile alla vista ma anche naif, cattivissimo quando decide di rubare il Natale ma anche tenero quando parla con la piccola Cindy Lou, l’unica in grado di comprendere che dietro a quella macchina odiosa c’è qualcosa di diverso, qualcosa di più.
Lungo il film si diverte a giocare con il travestimento e con le macchinazioni architettate ai danni degli altri, dimostrando quanto possa essere negativa e deleteria la cattiveria dei concittadini e la solitudine autoimposta, lavora con e su la sua indiscutibile capacità di “modularsi”, di piegarsi, allungarsi e restringersi come potrebbe fare una gomma da masticare, un cartoon nelle mani di un bravo disegnatore, dilatarsi mostrando anche ciò che ad un primo sguardo non si vede. Carrey porta al centro della sua interpretazione le fragilità che sono proprie quasi dell’adolescente che, nel momento in cui capisce di essere diverso dagli altri in maniera anche buffa e impacciata, si allontana dagli altri vestendosi di cattiveria, insensibilità, e, come i bimbi, fa del male a chi ne ha fatto a lui.
Il Grinch: il racconto di una lenta e inesorabile trasformazione
Nell’atmosfera natalizia più classica, tra tintinnii, regali, addobbi e bontà a profusione e ad ogni costo, irrompe l’ironia pungente, l’umorismo molto fisico di uno degli attori che ha fatto della maschera la sua cifra, e così Carrey mette in scena un altro dei suoi personaggi riusciti, al di là del film. L’attore porta fin dai primi minuti una vena malinconica che sta in quel piccolo cuore che si rimpicciolisce ogni giorno, nella delicatezza verso il suo cagnolino Max che non chiede niente e dà amore. Quella scintilla la si vede anche nei confronti della piccola Cindy Lou che si interroga su di lui, gli dà fiducia e lo invita a partecipare alle loro celebrazioni e da lì inizia la mutazione del Grinch.