George Ovashili: intervista al regista di Corn Island
Corn Island è il film di George Ovashvili distribuito da Cineama. Il film, selezionato tra i dieci titoli per il Miglior film straniero agli Oscar 2014, lascia la parola a favore dell’immagine. Protagonista è la Natura, selvaggia e comandante. Ambientato sul fiume Inguri, che segna il confine tra la Georgia e la Repubblica di Abkhazia. A raccontare Conr Island e il conflitto tra uomo e natura è lo stesso regista, già pronto a realizzare il prossimo lungometraggio.
Ecco l’intervista a George Ovashili – regista di Corn Island
Come nei tuoi scorsi film passati, così in Corn Island hai raccontato un dramma umano: l’eterno conflitto tra l’uomo e la natura. Com’è nata l’idea di questo film?
Il conflitto tra l’uomo e la natura è un problema presente fin dall’antichità, affrontato in molti lavori da artisti diversi di diverse nazioni. È stato interessante creare una storia che raffigurasse un’antica tradizione georgiana. Penso che sia funzionato, soprattutto il voler mostrare come l’uomo continui a combattere e si sforzi di plasmare la natura a suo piacemento, non solo durante il film, ma durante tutta la sua stessa vita. Volevo mostrare questo duplice ruolo della natura: da una parte capace di creare e donare vita grazie all’isola e poi diventare, quindi, fonte di vita e base essenziale per l’uomo. In questo modo ho costruito una relazione intensa tra uomo e natura capace di trovare il giusto equilibrio tra i due.
Corn island è costituito essenzialmente da molti immagine ed espressioni. Quale è l’elemento più comunicativo del film?
Credo che il film sia più un’esperienza visiva e di conseguenza l’immagine è l’elemento portate che deve mostrare, parlare, comunicare, esprimere emozioni e, quindi, dedicarsi completamente al pubblico attraverso i pensieri. Mi piace usare solo i dialoghi in casi estremi.
Corn Island è molto simile A Beast of the Southern Wild di Benh Zeitlin. In ogni opera la vita è condizionata dalle decisioni della natura. Tu e i tuoi personaggi sono spaventati dalla morte?
No, non lo sia. La morte è il termine logico ed ultimo dell essere vivo. È un concetto unicovo e indissolubile e la paura non aiuta ad accettare ciò. Mark Twain disse “La paura della morte è conseguente alla paura della vita. Un uomo che vive pienamente è preparato a morire in qualsiasi momento”. Quindi, vogliamo solo cercare di vivere pienamente fino alla morte in un modo armonico. In questo caso la morte non dev’essere considerata la fine reale, ma la base per un’altra vita e, quindi, un’altra avventura. Questo è il cerchio della vita.
Mi piace definire Corn Island come una fiaba. Dalla primavera all’autunno riflette sull’inizio e la fine, mentre l’uomo è inerme davanti ai cambiamenti della natura e lotta per beni passeggeri. Sei d’accordo?
Sono d’accordo che l’uomo è impotente di fronte al cambiamento della natura, ma nonostante ciò non credo che ciò per cui combatte sia futile. Si dovrebbe sempre cercare di fare il proprio meglio per fare quello che si può: creare qualcosa. Anche una piccola cosa, fatta per bene, può avere un senso. Se si vive, è necessario continuare a muoversi per mantenere l’equilibrio. Anche se si cade, bisogna sempre sapersi rialzare e continuare a vivere. Questa è la realtà e ognuno è costretto a sperimentarla, tutti dovrebbero seguire le regole del gioco. Nulla è inutile, se può condurre qualcuno alla felicità, anche se si tratta di un solo breve attimo.
Dopo aver portato sul grande schermo l’abbandono e la ricerca (The Other Banck), la guerra e la povertà (Gagma Napiri), l’uomo e la Natura (Corn Island), quale sarà il tema del suo prossimo film?
Il mio prossimo film – Khibula-, terzo film della trilogia, continuerà ad esplorare i temi delle mie scorse opere, The Other Bank e Corn Island. Voglio raccontare il periodo più duro e difficile per la storia della Georgia, gli anni ’90. In particolare tratterà il primo presidente eletto democraticamente – Zviad Gamsakhurdia-, specificatamente gli ultimi mesi della sua vita che sono episodi piuttosto misteriosi della nostra storia. Sarà un dramma psicologico con venature da thriller e road movie.
E per concludere, chi è George Ovashvili, l’uomo e non il regista?
Non mi sento molto a mio agio nel parlare di me. Generalmente, cerco di vivere diversamente. Oltre alla mia professione, sono un uomo di famiglia, marito, padre di quattro figli e un caro amico. Cerco di essere una brava persona ed anche un viaggiatore, mi piace scoprire cose nuove, interessanti e sono un amante della natura, ma la cosa più importante è che sono Georgiano.