Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet: La spiegazione del finale
Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet porta il protagonista alla ricerca di un modo per comunicare la sua necessità di riappropriarsi dell'infanzia.
Stasera sui Rai 3 alle 21:15 va in onda Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet, film del 2013 scritto e diretto da Jean-Pierre Jeunet, tratto dal romanzo di Reif Larsen, Le mappe dei miei sogni. Nella pellicola Kyle Catlett interpreta il giovane protagonista, affiancato da Niahm Wilson, Helena Bonham Carter, Robert Maillet, Judy Davis e altri ancora.
Leggi anche: Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet: recensione
Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet: un talento incredibile soffocato da un grave lutto
Ne Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet il protagonista è un bambino prodigio. T. S. Spivet, che abita in una casa in campagna nel Montana insieme ai genitori e alla sorella, è dotato di un’estrema intelligenza per un bambino della sua età, grazie alla quale riesce a ideare una macchina del moto perpetuo. Questa sua invenzione lo porta a vincere un premio in un prestigioso istituto di Washington, dove viene invitato a ritirarlo. Ma nessuno sa che, in realtà, si tratta di un ragazzino di appena 10 anni! Egli si imbarca da solo in questo viaggio in un momento molto difficile: nel pieno del lutto per la perdita del suo gemello Leyton. La situazione si era creata mentre i due stavano giocando con un fucile. Era l’unico modo in cui T.S. riusciva a passare tempo con il fratello, di indole estremamente diversa: quest’ultimo si divertiva a sparare, mentre il fratello si divertiva a calcolare la traiettoria dei proiettili. A causa di un malfunzionamento dell’arma, accadde un tragico incidente e il piccolo venne colpito mortalmente.
Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet: il discorso a Washington come segnale d’allarme
Leyton risponde alle aspettative che chiunque avrebbe per un bambino di quell’età, mentre la personalità di T.S. le scardina una per una, spiazzando gli adulti, incapaci di fare i conti con il suo modo di essere. C’è un’incomunicabilità di fondo tra il giovane, che si sente un pesce fuor d’acqua proprio perché non risponde al modello dell’infanzia costituito dal fratello ormai scomparso, e la sua famiglia, almeno apparentemente incapace di comprendere, incoraggiare e valorizzare il suo talento. Ma non sono solo le potenzialità del protagonista ad essere soffocate in quella casetta nel Montana, ma anche la necessità di affrontare il grave lutto e il senso di responsabilità dato dalla dipartita di Leyton, di cui non si è più parlato dopo l’accaduto.
Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet a Washington per ritirare il premio sancisce quindi una doppia liberazione per il piccolo protagonista: riesce a dar sfogo a ciò per cui è tanto dotato, grazie alla sua invenzione, e a parlare, finalmente, della morte di suo fratello. Di qui il discorso che sentiamo allo Smithsonian Institute, in cui egli accosta insieme la sua invenzione al racconto di quella drammatica vicenda. Due cose che potrebbero sembrare scollegate tra di loro, ma che in realtà fanno parte dello stesso grido d’allarme di un bambino che ha bisogno di essere ascoltato, ma che nessun adulto sembra riuscire a comprendere davvero.
Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet porta il protagonista a recuperare l’infanzia perduta
A far da ponte tra T.S. Spivet e il mondo degli adulti, di cui il bambino ha un ovvio bisogno in quanto tale, è ovviamente la madre interpretata da Helena Bonham Carter. È lei la prima a cercare un punto di contatto con il figlio e lei ad accorrere a Washington in suo aiuto su due fronti diversi: difenderlo da donne e uomini d’affari che vogliono servirsi di lui senza il minimo interesse umano per una persona così giovane e aiutarlo a superare il grave senso di responsabilità che prova per la morte di Leyton.
Attraverso questi due step, la famiglia di T.S. accorre nel finale per aiutarlo a recuperare l’infanzia perduta, il proprio “albero di pino” in cui poter crescere ed essere valorizzato per quello che è, libero da sensi di colpa e responsabilità troppo grandi per un bambino della sua età.