Mr. Right: recensione del film con Anna Kendrick e Sam Rockwell

Cos'hanno in comune una giovane apparentemente indifesa, appena tradita dal ragazzo, e un infallibile sicario di professione, con il suo personalissimo codice etico? Forse, il desiderio di innamorarsi.

Una romantic action comedy. Ovvero? Ovvero un film che riesce a essere – o prova a essere – sia romantico, leggero e sentimentale che votato all’azione, agli inseguimenti e alle sparatorie. Questo è Mr. Right, diretto dal carneade spagnolo Paco Cabezas (maggiormente conosciuto per la regia di alcune serie tv fra cui Penny Dreadful e The Alienist) e soprattutto scritto da Max Landis (figlio del John di The Blues Brothers, tanto per capirsi), autore di sceneggiature che tendono a riscrivere il cinema di genere. Suo ad esempio lo script di Chronicle (2012), che appunto ridisegnava la mitologia del supereroe contemporaneo.

Dalla sua penna nasce un’opera anomala e sopra le righe, che ibrida rom com e spy story e che trova due attori in stato di grazia capaci di rendere credibili anche le sequenze più improbabili: Anna Kendrick, vista recentemente in sala con Un piccolo favore di Paul Feig, e Sam Rockwell, che subito dopo questa pellicola porterà a casa il primo Oscar della sua carriera grazie a Tre manifesti a Ebbing, Missouri (2017). Sembra davvero strano che Mr. Right non abbia trovato distribuzione in Italia, considerando non solo l’alto profilo del suo cast ma anche la sua – bilanciando pregi e difetti – buona riuscita.

Mr. Right: storia d’amore e di coltello

Dicevamo: Mr. Right cerca di fondere due filoni in aperto contrasto, quello della vicenda sentimental-amorosa e quello del gangster movie a rotta di collo. Per farlo inizia mostrandoci il crollo delle certezze di Martha, giovane donna apparentemente fragile e in balia degli eventi che subisce un terribile tradimento dal proprio partner. Dopo tre giorni di pazzie, la protagonista incontra in un supermercato un buffo personaggio: Francis, sciroccato 40enne con una misteriosa storia alle spalle. Tra i due è colpo di fulmine, e nell’estasi dell’amore ogni piccola cosa sembra illuminata: le passeggiate, le dichiarazioni d’amore sbagliate e un po’ inquietanti, persino i curiosi racconti di omicidi e drammatiche uccisioni che lui racconta col sorriso sulle labbra.

Tuttavia Martha inizia a capire che della sua nuova fiamma non sa poi molto: a dire il vero neanche il nome, e da questo punto di vista la scena in cui lui le insegna a usare i coltelli e a dare libero sfogo alla sua “sensibilità” risulta risolutiva e spartiacque. La ragazza sceglierà definitivamente da che parte stare, e si abbandonerà alla passione. Senza ancora sapere però la professione di Francis, che invece noi conosciamo fin dall’incipit: un sicario spietato e imbattibile, finito suo malgrado al centro del mirino del suo vecchio mentore Hopper.

Mr. Right: la coscienza dell’assassino

Abbandonando progressivamente le atmosfere da chick flick dei primi venti minuti, Mr. Right procede a grandi balzi verso l’estemporaneo e per nulla nascosto omaggio al pulp e al grottesco. Kendrick e Rockwell, a briglia sciolta e in evidente libera uscita da altri ruoli più impegnati, dimostrano una insospettabile chimica e stanno, divertiti, al gioco. Così mentre Martha passa da ingenua pedina in un gioco più grande di lei a responsabile attiva delle proprie azioni (un ruolo che per certi versi sembra ricalcare quello della soppraccitata black comedy Un piccolo favore), Francis scopre le sue carte: se è stato un sicario, ora non lo è più; o, per meglio dire, è diventato un assassino con un’etica, un codice, che lo porta a far fuori i mandanti perché “l’omicidio è una cosa sbagliata”.

Del resto, come dice proprio Francis, “Nessuno è normale, nessuno è sano”. E allora Mr. Right diventa anche, nel suo piccolo, un inno alla libertà e alla rivendicazione del proprio modo di essere, all’espressione scanzonata delle proprie stranezze. In contrasto a un mondo che ci vuole omologati e omologabili, privi di libero arbitrio. Due caratteri diametralmente opposti come quelli di un professionista del delitto e di una ragazza sola ancora stordita da un tradimento si incontrano qui: nell’affermazione della propria natura, oltre gli schemi precostituiti. E nella voglia insopprimibile di innamorarsi.

Mr. Right: where’s the girl?

Se di certo non si può gridare al miracolo di fronte a Mr. Right, opera bizzarra e forse fuori moda che non fa dell’originalità la sua arma principale (vedere il disastroso Gigli per credere, anche se là si prendevano tutti dannatamente sul serio), non le si può negare una certa arguzia di scrittura e struttura. La pellicola di Cabezas è un gioco, persino nel titolo, e come tale va presa: nella sua doppia accezione, l’espressione “mr. right” fa riferimento sia all’uomo giusto e perfetto, quello che trova Martha e che non è assolutamente intenzionata a farsi sfuggire (costi quel che costi), che a un ipotetico uomo del diritto, che ristabilisce la giustizia secondo la sua personale morale.

Nel sottofinale la coppia farà la sua scelta, ed è interessante constatare come il totalmente opposto stile di vita dei due personaggi principali non venga mai dipinto da Max Landis come un braccio di ferro o come uno scontro all’ultimo sangue. Anzi: la vittoria sarà tale solo unendo le forze, verso nuovi obiettivi comuni. E se – come accade nell’ultimo stralcio di film – qualcuno si domanderà “Where’s the girl?” (dov’è la ragazza?), la risposta sarà ovvia: è con Mr. Right. E viceversa.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 4
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.1